Nel suo significato generale, negazione del divino. Il termine individua diverse posizioni a seconda del concetto di divino cui si oppone; storicamente quindi esistono vari a. in rapporto ai numerosi contesti speculativi e religiosi. Il significato del termine diviene tanto più ambiguo quando è usato polemicamente da chi difende un determinato sistema religioso contro chi vi si oppone: fu considerato ateo Socrate dai suoi giudici, atei i cristiani dai pagani (e reciprocamente i pagani dai cristiani), ateo nel Cinquecento (è appunto attorno alla metà del 16° sec. che i termini a. e ateo cominciarono a circolare in Europa in latino e nelle lingue volgari) chi favoriva la Riforma, ma atei anche i teologi cattolici per i teologi riformati, e così via. Senza dubbio può dirsi che in Occidente, l’a., malgrado la presenza di atei nelle più antiche dossografie (fra questi antesignano dell’a. compariva Diagora, l’‘ateo’), è proprio della filosofia moderna in rapporto alla erosione di scale di valori spiritualistico-cristiane e al costituirsi di orizzonti di pensiero gelosi della propria autonomia umana e mondana retta da un uso critico della ragione.
Dal punto di vista della storia delle religioni, mentre alcuni storici e sociologi del 19° sec. hanno affermato l’esistenza di un a. primordiale inteso come assenza di qualsiasi nozione del divino, altri invece hanno sostenuto che non esistono comunità prive di religione, per quanto embrionali ed elementari possano essere le sue manifestazioni. Riguardo poi alle cosiddette religioni atee, quali il buddhismo e il jainismo come anche altri sistemi filosofici indiani, questa denominazione è nata soltanto in relazione alla mancanza in esse della nozione di un Dio personale supremo e creatore.