Il complesso di progetti e sforzi per l’unità dei cristiani (più spesso movimento ecumenico). Già dal Medioevo, in seguito alle divisioni manifestatesi in seno al cristianesimo, ci furono tentativi d’unione, come quelli con le Chiese orientali ai Concili di Lione (1245 e 1274) e soprattutto di Ferrara-Firenze-Roma (1438-45); altri tentativi si ebbero tra il 16° e il 19° sec., mentre maturava, in isolate figure di pensatori ed ecclesiastici (per es., J. Križanić, G.W. Leibniz, V.S. Solov′ëv, J. Keble, Pusey, J.H. Newman, H.E. Manning), la riflessione sull’esigenza dell’unità dei cristiani. Tuttavia, solo dagli inizi del 20° sec. si è iniziato a usare il termine e. per indicare il movimento per l’unità dei cristiani.
Nella conferenza missionaria mondiale di Edimburgo (1910), generalmente considerata come l’inizio del movimento ecumenico, i partecipanti sottolinearono lo stretto legame tra l’unità dei cristiani e l’impegno di evangelizzazione. Sorsero quindi il Consiglio missionario internazionale (1921) e i movimenti Vita e azione (Life and work) per i problemi sociali, e Fede e costituzione (Faith and order) per quelli teologici, che tennero assemblee mondiali a Stoccolma (1925), Losanna (1927), Oxford ed Edimburgo (entrambe nel 1937); in queste ultime due venne proposta e approvata l’unione dei due movimenti in un Consiglio ecumenico delle Chiese, la cui nascita fu decisa nel 1938 a Utrecht e che prese infine avvio con la prima assemblea generale ad Amsterdam (1948). A questa fecero seguito le assemblee di Evanston (1954), Nuova Delhi (1961), Uppsala (1968), Nairobi (1975), Vancouver (1983), Canberra (1991), Harare (1998), Porto Alegre (2006). Alla quinta conferenza mondiale di Fede e costituzione, tenuta nel 1993 a Santiago de Compostela, partecipò, per la prima volta ufficialmente, la Chiesa cattolica; questa tuttavia continua a non fare parte del Consiglio ecumenico delle Chiese, benché mantenga con esso rapporti e forme di collaborazione.
Il Consiglio ormai non è più l’unico soggetto del movimento ecumenico, com’è emerso da due assemblee europee organizzate dalla Conferenza delle Chiese europee (ortodosse e protestanti) e dal Consiglio delle conferenze episcopali europee (cattolico): la prima tenuta a Basilea nel 1989 sul tema della pace nella giustizia, e la seconda a Graz nel 1997 sulla riconciliazione, ambedue con la partecipazione, oltre che di teologi e delegati ufficiali, di numerosi fedeli delle diverse Chiese. Dall’assemblea di Graz ha avuto origine l’iniziativa di redigere un documento contenente acquisizioni e prospettive dell’impegno ecumenico intrapreso dalle diverse tradizioni cristiane europee e dopo un’ampia consultazione si è così arrivati a una Charta oecumenica, firmata nel 2001 a Strasburgo dai presidenti della Conferenza delle Chiese europee e del Consiglio delle conferenze episcopali europee.
Nella prospettiva di un concilio panortodosso, una commissione congiunta tra le antiche Chiese orientali e quelle ortodosse ha riconosciuto nel 1993 che le reciproche condanne non sono più valide, aprendo così la via all’unione. Ma difficoltà gravi e rotture sono tuttavia intervenute in seguito a contrasti di giurisdizione, complicati dai nazionalismi, nei territori già sovietici.
Nel riavvicinamento in atto tra anglicani e luterani (che ha però trovato ostacoli in alcune regioni, come in America Settentrionale) notevole rilievo ha assunto l’accordo di Porvoo del 1996 che prevedeva la piena comunione tra la Chiesa anglicana del Regno Unito e le Chiese luterane di Estonia, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia. In Italia, oltre allo sviluppo delle attività ecumeniche in molte diocesi, dopo i lavori di una commissione bilaterale della Conferenza episcopale italiana e della Chiesa valdese e metodista è stato firmato nel 1997 un testo comune «per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti in Italia».
L’e. non si limita al progresso dei contatti ufficiali, della ricerca teologica e del dialogo dottrinale, ma si esprime anche in altri modi, come preghiere e celebrazioni liturgiche comuni (dal 18 al 25 gennaio si celebra ogni anno in tutto il mondo, fin dal 1908, per iniziativa di P. Wattson, un ottavario di preghiere per l’unità dei cristiani), traduzioni interconfessionali della Bibbia (pubblicate in diverse lingue) e impegno per la pace e la giustizia.
L’atteggiamento cattolico nei confronti dell’e., inizialmente negativo, ebbe un’evoluzione piuttosto lenta, favorita tuttavia dal rinnovamento biblico e teologico nella prima metà del 20° sec. e dall’impegno di alcune figure di ecclesiastici (per es., M. Portal, il card. D. Mercier, P. Couturier, L. Beauduin, Y.-M.-J. Congar). Le prime caute aperture si ebbero durante il pontificato di Pio XII, ma la svolta decisiva fu segnata da Giovanni XXIII con l’annuncio (1959) del concilio Vaticano II e l’istituzione (1960) del Segretariato per l’unione dei cristiani, presieduto nel primo periodo dal card. A. Bea e quindi dal card. J. Willebrands. Il concilio, a cui presero parte per la prima volta numerosi osservatori non cattolici, approvò (1964) quasi all’unanimità il decreto Unitatis redintegratio sull’e., che riconosce un patrimonio comune e una comunione fondamentale tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese e comunità cristiane.
Un gesto carico di significato fu, alla vigilia della conclusione del Vaticano II, la revoca delle reciproche scomuniche pronunciate nel 1054 da Roma e Costantinopoli. Paolo VI sviluppò e approfondì notevolmente l’impegno della Chiesa cattolica nel dialogo ecumenico, poi ribadito da Giovanni Paolo II. A Lima nel 1982, per la prima volta, i cattolici sottoscrissero un importante documento comune su Battesimo, Eucarestia e Ministero. Nel Codice di diritto canonico del 1983 fu inserito un canone riservato alla promozione del movimento ecumenico (can. 755) e una concezione del tutto nuova e positiva del dialogo e dei rapporti interconfessionali, i quali prevedono, in certi casi, l’ammissione dei non cattolici ai sacramenti (can. 844). Nel 1988 Giovanni Paolo II promosse il Segretariato per l’unione dei cristiani a Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, che nel 1993 pubblicò il nuovo Directoire pour l’application des principes et des normes sur l’oecuménisme, cui seguì nel 1995 l’enciclica Ut unum sint.
Nell’attività di approfondimento teologico legata all’e. rientrano i dialoghi ufficiali con la Chiesa ortodossa e con la comunione anglicana attraverso commissioni miste e quelli avviati con la Federazione luterana mondiale, con l’Alleanza riformata mondiale, con il Consiglio metodista mondiale, con gruppi di pentecostali e di evangelici. Nuove difficoltà nel dialogo tra cattolici e anglicani sono però sorte dopo la decisione della Chiesa d’Inghilterra di ammettere le donne all’ordinazione ministeriale (1992). Il dialogo teologico tra cattolici e ortodossi, invece, è ostacolato soprattutto dagli aspri contrasti tra la Chiesa ortodossa russa e i cattolici di rito orientale, da una parte, e dalla reazione ortodossa contro il proselitismo di cattolici e di altri cristiani, dall’altra, nei territori già sovietici dopo il crollo del regime comunista e il ritorno della libertà religiosa. Infatti, nonostante un accordo comune sottoscritto (1993) tra cattolici e ortodossi a Balamand nel Libano per respingere il metodo d’unione proprio del passato noto come uniatismo, una legge sulla libertà religiosa di tendenza restrittiva nei confronti delle Chiese cristiane non ortodosse – approvata nel 1997 dal Parlamento russo e sostenuta di fatto dal patriarcato di Mosca – non facilita il dialogo ecumenico. Un testo congiunto di cattolici e luterani (1994) ha portato alla firma nel 1997 di un’importante dichiarazione comune sulla dottrina della giustificazione.
In senso lato, il termine e. è adoperato talvolta anche per indicare il dialogo tra le religioni e soprattutto, sviluppando i contenuti della dichiarazione conciliare Nostra aetate (1965), il dialogo tra la Chiesa cattolica e l’ebraismo, che mira a eliminare le componenti pseudoreligiose dell’antisemitismo, riscoprendo ciò che è comune, riconoscendo e attenuando ciò che divide. Da parte ebraica è stato costituito il Comitato ebraico per i colloqui interreligiosi, formato da rappresentanti delle principali organizzazioni e correnti dell’ebraismo contemporaneo.
Con l’islam, da parte cattolica è stato iniziato il dialogo attraverso una Commissione per i rapporti religiosi con i musulmani istituita nel 1974 in seno al Segretariato per i non cristiani (divenuto nel 1988 Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso). Lo stesso organismo vaticano mantiene contatti anche con altre religioni, specialmente con il buddhismo.
Di grande significato è stata infine la giornata mondiale di preghiera per la pace promossa da Giovanni Paolo II e tenutasi ad Assisi (1986) con la partecipazione di responsabili e rappresentanti non solo delle Chiese e comunioni cristiane, ma anche delle principali religioni del mondo.