Eugenio Pacelli (Roma 1876 - Castel Gandolfo 1958). Fu nunzio apostolico (dal 1920) a Berlino, segretario di Stato e collaboratore di Pio XI. Eletto papa (1939) alla morte di questi, si pronunciò più volte contro la minaccia di una guerra. Iniziato il conflitto, condannò l'invasione russo-tedesca della Polonia. Incoraggiò la creazione di organismi assistenziali che facevano capo direttamente o indirettamente alla Santa Sede e che portavano aiuto ai prigionieri e alle popolazioni civili. L'impegno profuso in difesa di Roma, che fu dichiarata città aperta, accrebbe il suo prestigio e la sua autorevolezza morale. Nel dopoguerra P. vide nel comunismo la grande minaccia rivolta alla civiltà cristiana, e nel 1949 il Sant'Uffizio escluse dai sacramenti i cattolici iscritti ai partiti comunisti.
Figlio dell'avvocato Filippo, studiò filosofia nell'università Gregoriana, si laureò in teologia e in utroque iure presso il pontificio ateneo del Seminario romano di Sant'Apollinare e fu ordinato sacerdote il 2 apr. 1899. Entrò nel 1901 al servizio della Santa Sede nella congregazione degli Affari straordinari, di cui fu prima sottosegretario (1911-14) e poi segretario (1914-17). Insegnò diritto canonico all'ateneo del Seminario romano e all'Accademia dei nobili ecclesiastici; di questo tempo è il suo studio La personalità e la territorialità delle leggi specialmente nel diritto canonico (1912). Nel 1917 fu nominato nunzio in Baviera e consacrato arcivescovo. Assolse varie missioni in Germania, specie a Monaco nel 1919, e nel 1920 fu nominato primo nunzio a Berlino. In tale veste preparò e concluse concordati con la Baviera (1925), con la Prussia (1929), con il Baden (1932). Nominato cardinale nel 1929, successe a P. Gasparri come segretario di stato, divenendo così il più stretto collaboratore di Pio XI, che rappresentò in viaggi ufficiali in Europa e in America e alla cui morte fu eletto papa il 2 marzo 1939. Levò la sua voce ad ammonire i governi, nel pericolo imminente della seconda guerra mondiale (allocuzione del 3 marzo 1939, appello del 21 ag. e nota diplomatica del 31 ag.) e con la sua prima enciclica, Summi pontificatus (20 ott.), volle indicare i modi e i fini di una pacifica convivenza dei popoli. Interpose la sua opera per evitare l'estensione del conflitto e specialmente la partecipazione dell'Italia alla guerra, rivolgendosi prima a Vittorio Emanuele III (visita al Quirinale, 28 dic.) e poi con lettera autografa (24 apr. 1940) a Mussolini. Nei confronti della Germania, dove continuavano le vessazioni contro la Chiesa, P. XII cercò con proteste, appelli, note diplomatiche, di migliorare le relazioni, senza riuscirvi. Nello stesso tempo il Sant'Uffizio condannò alcune aberrazioni della teoria e della pratica del nazismo: l'eutanasia, messa in campo per sopprimere coloro che il regime considerava «non meritevoli di vita» (2 dic. 1940), e la sterilizzazione, soprattutto coatta (23 febbr. 1941). Un'opera importante di assistenza per le popolazioni in guerra fu quella voluta da P. XII con l'organizzazione, presso la segreteria di Stato, di un Ufficio informazioni sui prigionieri e dispersi che trattò più di dieci milioni di casi. Per Roma, il suo intervento per farla riconoscere «città aperta», se non riuscì a evitare i bombardamenti, valse però a impedire che la città divenisse campo di battaglia fra due eserciti; per questo P. XII fu acclamato il 5 giugno 1944 da un'immensa folla in San Pietro defensor civitatis. Le modalità degli interventi per denunciare e frenare la persecuzione nazista contro gli ebrei (generalmente aiutati e protetti dalla Chiesa e, a Roma, dallo stesso Vaticano) provocarono invece in seguito critiche nei confronti dell'operato di P. XII, giudicato insufficiente, e ricorrenti polemiche. Per alleviare le sofferenze derivanti dalle distruzioni della guerra, P. XII volle la Pontificia commissione assistenza, che si occupò dei profughi e dei reduci e realizzò vasta azione di assistenza caritativa e sociale. Nei riguardi della Russia comunista, P. XII aveva previsto i pericoli della sua espansione e della persecuzione contro la Chiesa (si veda la corrispondenza con F. D. Roosevelt, pubbl. già nel 1947), e ne aveva combattuto l'ideologia (fin dal radiomessaggio natalizio del 1942) e le organizzazioni che a essa si ispiravano negli altri paesi. Il 1º luglio 1949 il Sant'Uffizio condannò il comunismo marxista, comminando la scomunica ai suoi sostenitori; mentre P. XII ripetutamente insisteva sul dovere dei cattolici di dare il voto a persone sicure riguardo alla fede cattolica. Nel campo sociale, il papa ribadì le posizioni dottrinali dei suoi predecessori: dovere e diritto del lavoro scaturenti dalla natura umana (radiomessaggio natalizio 1941), umanizzazione dei rapporti fra lavoratori e imprenditori, affermazione della proprietà privata, estesa a tutti, come pietra angolare dell'ordine economico e sociale (messaggio natalizio, 1942; radiomessaggio, 1º sett. 1944), insistendo però sulla necessità di un'attuazione graduale, non rivoluzionaria, di questi principi (discorso del 13 giugno 1943). P. XII rivolse inoltre una particolare attenzione alle questioni morali concernenti il matrimonio e la famiglia, alle quali dedicò molti discorsi (fra i più significativi, quello alle ostetriche del 29 ott. 1951). In ambito teologico, prese importanti posizioni su diverse questioni e pubblicò numerosi documenti: tra questi sono da ricordare le encicliche Mystici corporis sulla natura della Chiesa, Divino afflante spiritu per lo sviluppo degli studi biblici, Mediator Dei sulla liturgia, Humani generis per la condanna di alcuni orientamenti teologici e la costituzione apostolica Munificentissimus Deus per la proclamazione del dogma dell'assunzione di Maria durante l'anno santo del 1950. In due concistori (tenuti il 18 febbr. 1946 e il 12 genn. 1953) creò 56 cardinali, dando un primo notevole impulso all'internazionalizzazione del collegio cardinalizio. Sotto il suo pontificato furono avviati gli scavi sotto la Confessione di San Pietro per l'identificazione del sepolcro dell'apostolo.