L’insieme delle attività di produzione agricola, trasformazione industriale, distribuzione e consumo di prodotti alimentari. A sua volta, tale insieme fa parte di un sistema più esteso, denominato agroindustriale, in cui a valle della produzione agricola si situano le attività di trasformazione dei prodotti agricoli, mentre a monte operano le industrie che forniscono mezzi tecnici (macchine agricole, prodotti chimici ecc.) e le istituzioni che erogano servizi. L’insieme di questi processi viene indicato anche con l’espressione agribusiness. I prodotti agro;alimentari arrivano al consumatore finale dopo una serie di complessi passaggi tecnologici ed economici. Si distinguono di norma tre sottosistemi: l’agricoltura e l’allevamento; l’industria; il sistema distributivo.
Il sistema a. ha rapporti di interdipendenza con il resto dell’economia; quanto più l’economia è sviluppata, tanto più cresce la quota dei beni agricoli utilizzati come beni intermedi da altri settori, diminuisce la percentuale degli stessi avviata verso il mercato finale, e tende a riequilibrarsi il rapporto tra agricoltura e industria alimentare. Allo stesso tempo aumenta l’integrazione con l’industria dei mezzi tecnici, parallelamente al processo di destrutturazione delle imprese agrarie, che porta a svolgere sempre più numerose funzioni al di fuori dell’azienda. I cambiamenti intervenuti in questo settore sono efficacemente esemplificati dalla ripartizione del valore dei beni alimentari: nel 1980, in Italia, per ogni 100 lire di spesa per prodotti alimentari, il 54,6% andava al sottosettore agricolo, il 22,6% a quello industriale e il 22,8% a quello distributivo; nel 2005, per ogni 100 euro di spesa delle famiglie italiane, solo 19 euro sono stati utilizzati per acquistare prodotti alimentari e bevande. La spesa per l’acquisto di carne è la più alta tra le spese alimentari e rappresenta il 4,3 % della media mensile.
Nel sistema a. tende a decrescere la componente agricola, mentre assume un peso sempre maggiore il settore distributivo. Anche in Italia il peso dell’agricoltura nel sistema economico si è ridotto nell’ultimo decennio del 20° sec. in termini sia di ricchezza prodotta sia di occupazione. L’incidenza della produzione agricola sulla produzione totale è passata dal 6,2% del 1980 al 2,6% del 2004, mentre il peso degli occupati è sceso dal 14,1% al 4%. Dopo un lungo periodo di crescita, la produzione e il valore aggiunto per ettaro sono aumentati assai più lentamente, in funzione di diversi fattori, in primo luogo la diminuzione del sostegno dei prezzi dei principali prodotti agricoli da parte dell’Unione Europea. I fenomeni più rilevanti sono due: la sensibile flessione degli investimenti e il crescente livello di indebitamento, a sua volta correlato alla flessione dell’intervento pubblico. A fronte della forte diminuzione del numero di aziende agricole, l’aumento della superficie media aziendale è stato modesto: la superficie produttiva mediamente disponibile per ogni azienda è ancora infatti di 5,9 ha, contro una media dell’UE di 17,5. Più della metà delle aziende ha una superficie inferiore a 2 ha, anche se la loro incidenza sul totale della superficie agraria è, di contro, inferiore al 6%.
La particolare struttura delle aziende agricole, la crescente integrazione dell’agricoltura nel sistema economico, la differenziazione dei ruoli che l’agricoltura riveste nella società (economico, ambientale, culturale) hanno portato a un mutamento nell’impiego del lavoro anche sotto il profilo qualitativo. Si sono diffuse nuove professionalità da ascrivere sia al processo di innovazione tecnologica, con l’applicazione, per es., dell’elettronica (➔ agronica) e della biotecnologia, sia alla diversificazione delle attività in ambiente rurale, come, per es., l’agriturismo.
Per quanto riguarda il segmento industriale del sistema a., a partire dagli anni 1980 si è registrato su scala mondiale un intenso processo di ristrutturazione e riorganizzazione delle imprese. I parametri principali di tale processo sono identificabili nella crescita della dimensione d’impresa, nei processi di concentrazione e nella internazionalizzazione dei mercati, e risultano strettamente correlati tra loro. La riorganizzazione va riferita ai mercati come riduzione delle barriere con la formazione di mercati sovranazionali o globali, e alle imprese come espansione su scala geografica (globalizzazione). Un’altra tendenza consiste nel deverticalizzare il processo produttivo. In casi limite si può arrivare a esternalizzare totalmente la produzione dei beni fisici, mantenendo l’ideazione dei prodotti e la gestione dei mercati. Questo processo di concentrazione crea nicchie geografiche e di prodotto, non coperte dalle imprese internazionali, dove trovano spazio le imprese locali specializzate in prodotti a forte connotazione di tipicità e di qualità. In tale contesto assume maggiore importanza il processo di certificazione degli alimenti. In Italia il forte rapporto tra prodotti dell’agricoltura e territorio ha permesso lo sviluppo del concetto di qualità-tipicità e favorito la nascita, analogamente a quanto avviene in altri comparti, di vari distretti agroalimentari, di dimensione variabile. Un ulteriore importante fattore di cambiamento dell’industria del settore è costituito dall’innovazione tecnologica, sia per i riflessi sui consumi (nuove tipologie di prodotti) sia per i processi di produzione, conservazione, condizionamento, distribuzione e trasporto.
Anche il segmento della distribuzione è interessato da tempo da un processo di ammodernamento, le cui cause principali si possono individuare nell’evoluzione della domanda e nella nascita e nello sviluppo di prodotti di marca. Sotto la denominazione di distribuzione moderna vengono accomunate le nuove forme di distribuzione del settore alimentare: la grande distribuzione e la distribuzione organizzata. Quest’ultima viene a sua volta distinta in gruppi d’acquisto e unioni volontarie. La distribuzione moderna entra in diretta concorrenza con l’industria alimentare soprattutto per l’impiego di propri marchi (private labels), cosa che spinge l’industria a un impiego ancora maggiore dell’innovazione.
I consumi alimentari rappresentano la fase finale del sistema a. e in Italia sono interessati da un processo di trasformazione che riguarda sia la tipologia dei beni consumati sia le occasioni e i luoghi di consumo. L’incidenza delle spese per l’alimentazione, che nel 1980 valeva ancora il 26%, era scesa nel 1998 fino al 17,3%, per risalire successivamente (19% nel 2005). Nella composizione dei consumi alimentari si osservano due tendenze di fondo: una forte domanda di prodotti freschi e salutistici, associata tuttavia a un’altra di prodotti fortemente innovativi. In termini di composizione della domanda finale il quadro è molto articolato. Nel lungo periodo si osserva una tendenza a un forte decremento per prodotti considerati maturi nel ciclo di vita (cioè nella lunghezza del periodo produzione-commercializzazione), come i lattiero-caseari, i grassi, la carne, mentre fra i beni più dinamici si annoverano la frutta, gli ortaggi, il pesce, le bevande analcoliche. Si moltiplicano le nicchie di mercato e si accorciano i cicli di vita dei prodotti. Cresce la domanda di servizi incorporati, sia per il minor tempo a disposizione per la preparazione dei pasti sia per la maggiore disponibilità di spesa sia ancora per diffusione di tecnologie domestiche. Crescono la domanda di qualità, relativamente alla totalità del prodotto, qualità determinata dai caratteri propri della materia prima e dai servizi incorporati, e la richiesta di naturalità e di freschezza garantite da forme integrali di agricoltura, come quella biologica, e forme più mediate, in grado di simulare la naturalità preindustriale dei cibi.