Trinità Nella teologia cattolica, mistero riguardante l’intima costituzione di Dio; enunciato con la frase «un Dio unico in tre persone»: afferma un’unica natura o essenza della divinità, la quale sussiste in tre persone divine, ossia Padre, Figlio (generato dal Padre) e Spirito Santo (che procede dalle altre due persone come da un unico principio); a tutte e tre le persone, ben distinte, competono allo stesso modo tutti gli attributi divini essenziali.
Nei tre Vangeli sinottici Gesù è presentato come Figlio di Dio e, perciò, distinto dal Padre. Appare meno la personalità dello Spirito Santo, se si eccettuano il racconto del battesimo di Gesù e quello dell’invio finale degli Apostoli. Ma nel Vangelo di s. Giovanni, che fin dai primi versetti presenta Gesù come l’incarnazione del Figlio o Verbo di Dio, si può vedere anche un’allusione alla processione dello Spirito nelle frasi di Gesù: «Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro consolatore, perché rimanga sempre con voi, lo Spirito di verità» (Giov. 14, 16) e «Quando verrà il consolatore, che io invierò a voi dal Padre, lo Spirito di verità, che procede dal Padre, Egli renderà testimonianza su di me» (ivi 15, 26). Negli Atti degli Apostoli con l’affermazione della divinità del Cristo, si accentua anche il carattere personale dello Spirito Santo, presentato come la guida della Chiesa nascente. Un testo trinitario perspicuo si ha in Atti 20,28, dove s. Paolo dichiara ai presbiteri dell’Asia: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, nel quale lo Spirito Santo vi pose quali vescovi per reggere la Chiesa di Dio, che si è acquistata con il suo sangue». Fra gli innumerevoli brani paolini che parlano del Cristo come del Figlio di Dio e della persona dello Spirito Santo basta citare la formula trinitaria, in cui le tre persone sono dichiarate fonte di beni inestimabili per i fedeli: «La grazia del Signore Gesù Cristo e la carità di Dio e la comunione del Santo Spirito sia con tutti voi» (II Cor. 13,13).
Il modo di conferire il battesimo, le varie dossologie liturgiche, di cui si possono segnalare tracce nella più alta antichità, e i primi simboli di fede documentano come la tradizione venga ad apportare il suo peso alle affermazioni bibliche, intese proprio come l’espressione di un mistero trinitario. Nel Concilio di Nicea (325), si definì il Figlio di Dio «Unigenito nato dal Padre ..., luce da luce, Dio vero da Dio vero, nato non creato, consustanziale (in greco ὁμοούσιος) al Padre»; e nel primo Concilio di Costantinopoli (381) si definì la natura dello Spirito, completando il Credo con le parole che ne affermano la divinità e la processione dal Padre (la formula esplicativa filioque «e dal Figlio» fu aggiunta in seguito, forse in Spagna), decretandogli i medesimi attributi e onori. Affinata e precisata la terminologia trinitaria (non senza molti tentennamenti a causa della diversità di concetto annessa ai vocaboli usìa-natura, hypòstasis o pròsopon-persona), i teologi approfondirono le varie nozioni corrispondenti. Già dagli inizi della speculazione teologica, si ricorse a quello che i filosofi insegnavano sulle relazioni (la relazione reale non è una cosa esistente in sé, ma quello che fa che una cosa in sé esistente è realmente riferita a un’altra): per le processioni divine, l’unica essenza divina, perfetta, infinita è posseduta dalla prima persona come non comunicata, e ricevuta dalla seconda per generazione eterna dalla prima, e dalla terza per spirazione comune della prima e della seconda.
La difficoltà della resa iconografica della T. ha determinato, nella storia dell’arte, l’elaborazione di diverse tipologie. Come forma simbolica, la raffigurazione della T. presenta numerose varianti: tra i più antichi esempi, il mosaico del battistero di Albenga (6° sec.) con tre cerchi concentrici crocesignati, figura di origine astronomica che si rifà alle antiche raffigurazioni del Sole entro cerchi di fuoco. Frequenti i simboli geometrici come il triangolo, anche inscritto in un cerchio, le lettere dell’alfabeto greco allusive a tali figure (A e Ω) o comunque composte di tre segni (Δ, Υ). La T. è inoltre raffigurata in scene bibliche interpretate come manifestazioni della T.: l’Ospitalità di Abramo, dove la T. è rappresentata dai tre angeli che annunciano la maternità di Sara, e il Battesimo di Cristo, dove appare la simultanea teofania delle Tre Persone, alla base della rappresentazione simbolica dello Spirito Santo come colomba. Come rappresentazione antropomorfa la T. dà luogo alla figura umana tricefala o con tre visi, condannata dal Concilio di Trento. Più diffusa la rappresentazione di tre persone, identiche o con diverso aspetto (Dio Padre, anziano; Cristo, adulto barbuto; Spirito Santo, giovane imberbe) o di due persone, identiche o diverse, con al centro la colomba. Diffuso il tipo con il Padre Eterno che sostiene il Cristo sulla croce, con la colomba tra i due; la variante detta Pietà di Nostro Signore, o Trono della Grazia (Gnadenstuhl), vede il Cristo deposto sulle ginocchia del Padre. Più raro, di origine bizantina, è il tipo detto Paternitas, dove Dio Padre ha in braccio il Bambino. Varianti più estese comprendono la presenza della Vergine, seduta tra Padre e Figlio o incoronata (Quaternità), o con il Bambino (Quinità).