Rito segreto e oggetto sacro del rito; per estensione, realtà o verità nascosta, in alcuni casi trattata come dogma perché ritenuta rivelata da Dio.
Nell’antichità le religioni misteriche costituiscono sistemi religiosi particolari, che a tutti i livelli associativi delle collettività, dalla città-Stato alle comunità nazionali e alle grandi monarchie sovrannazionali, appaiono differenziarsi dalla religione nazionale, sia nell’aspetto propriamente pubblico, sia negli aspetti ‘privati’ (culti individuali, domestici, gentilizi). In generale il patrimonio sacrale dei m. (nei miti, nell’orizzonte ideologico, nelle istituzioni rituali) è destinato alla fruizione da parte dell’individuo come tale, indipendentemente dalla sua appartenenza a una collettività etnica o politica, presentandosi come strumento di salvezza individuale (da ciò la tradizionale classificazione dei m. tra le religioni soteriologiche); coerentemente con questo aspetto i culti misterici hanno interessato individui e gruppi al di là delle aree etniche originarie, esercitando in varia misura il proselitismo, norma di diffusione ignota alle religioni ‘nazionali’ per loro intrinseca natura.
Nel mondo greco si hanno i misteri eleusini (➔ Eleusi) di Demetra e Core; i misteri di Samotracia (➔ Cabiri), che comprendono anche il culto delle stesse divinità con il nome esoterico di Axieros e Axiokersa; i m. di Agre in Attica, di Andania in Messenia e di Licosura in Arcadia, tutti sottoposti all’influenza di Eleusi; i m. di Zeus Ideo a Creta, di Ecate a Egina e infine i m. di Dioniso in varie località della Grecia (Lerna, Rodi, Tegea ecc.), che trovarono la massima espressione e sistemazione nell’orfismo, non più legati a un luogo di culto. Al di là di tutte le differenze morfologiche di dettaglio tra i singoli m., oltre alle comuni caratteristiche fondamentali si possono osservare tra tutti rilevanti analogie, che ci permettono di parlare di un tipo cultuale. Alle iniziazioni stesse si collega il segreto iniziatico. L’iniziato è infatti obbligato a non divulgare quanto avviene durante i riti; quando, oltre ai riti, che spesso assumono forme di rappresentazione sacra (negli autori greci δρώμενα), vi siano anche rivelazioni verbali (λεγόμενα), anche queste soggiacciono all’obbligo del segreto. Tutti i m. pongono, inoltre, condizioni di ammissione agli iniziandi e richiedono uno stato di purità rituale e a volte anche morale, per cui le iniziazioni sono precedute da riti preliminari di purificazione. L’iniziazione spesso avviene per gradi. Si possono notare poi nella morfologia dei m. altri elementi comuni: così un riferimento costante all’agricoltura, per lo più nelle forme di un parallelismo tra l’annuale vicenda di morte e rinnovamento della fertilità agraria o della vegetazione e la ‘morte’ e ‘rinascita’ dell’iniziando o la sua immortalità; ugualmente comune a tutti i m. è la tendenza a una stretta unione – spesso identificazione – con la divinità particolare del m.; la divinità stessa è spesso concepita come una divinità che muore e risuscita. Nei m. sono frequenti inoltre un pronunciato simbolismo sessuale, l’uso di maschere e travestimenti, danze e pantomime particolari.
Non vi è dubbio che storicamente i m. traggono origine dalle iniziazioni tribali che riguardano il passaggio degli adolescenti nella comunità degli adulti; ma furono le particolari condizioni storiche e culturali del mondo classico a far sì che tali iniziazioni non mantenessero un carattere collettivo e pubblico, e d’altra parte non scomparissero completamente, ma continuassero a sopravvivere ai margini della religione pubblica. A questa posizione storica e sociale particolare corrisponde il loro distacco dall’originario significato di passaggio nella comunità degli adulti e un interiorizzarsi del loro contenuto.
I m., risalendo a origini più antiche della religione nazionale, acquistano tuttavia un’importanza di primo piano solo nella fase di decadenza di quest’ultima, quando cioè il culto pubblico non soddisfa più le esigenze di una coscienza individuale riflessiva. Nel quadro d’insieme i culti misterici del mondo antico, soprattutto in età ellenistico-romana, si presentano come formazioni soteriologiche ispirate da un concetto di ‘salvezza’ analogo a quello proprio delle grandi religioni di tipo ‘moderno’ o ‘sovrannazionale’ e della mistica tradizionale sia occidentale sia orientale: tendenza a trovare il contatto con l’assoluto al di fuori e al di sopra della realtà mondana e naturale.
Nel Vecchio Testamento il termine m. (μυστήριον nella traduzione greca dei Settanta, misterium nella Vulgata) traduce l’ebraico sōd, che indica una cosa segreta in senso profano; ma nel Libro della Sapienza, scritto in greco, e in testi più tardi, anch’essi vicini all’ambiente ellenistico, lo stesso termine m. significa invece segreto o m. divino.
Nel Nuovo Testamento Cristo annuncia i m. del Regno. Però è soprattutto nell’epistolario paolino (dove il termine ricorre 21 volte) che si fissa un significato peculiare del termine: esso indica prevalentemente il piano della divina salvezza nascosto presso Dio e ora manifestato e compiuto in Cristo e significa anche l’insondabile realtà divina, il simbolo di una verità religiosa, l’operare di una potestà ineffabile. Il cristianesimo primitivo mantiene questa gamma di significati, ma usa il termine m. anche per indicare, con valore mutuato dalla terminologia pagana, il complesso dei riti sacri.
Nella teologia cattolica il m., come è stato definito dall’autorità ecclesiastica nel 19° sec., è una verità soprannaturale che non può essere conosciuta mediante le forze dell’intelligenza umana o creata, la cui esistenza è tuttavia stata comunicata all’uomo per mezzo della rivelazione divina e proposta da credersi come oggetto di fede. I teologi distinguono un doppio ordine di m.: i m. propriamente detti e i m. in senso lato. I primi sono quelle verità di cui non solo l’esistenza ma anche la natura intima trascende le forze dell’intelligenza creata: per es., la trinità divina, l’incarnazione del Verbo; il m., pur essendo superiore alla ragione, non è a essa contrario; anzi, una volta conosciuto per rivelazione, l’intelligenza umana può avanzare nella comprensione del medesimo speculando per analogie umane o connessive dei vari m. fra loro; la credibilità del m. si fonda sull’autorità di Dio rivelante. Misteri in senso lato, invece, sono quelle verità la cui esistenza è inaccessibile alle sole forze dell’intelligenza umana ma che, una volta conosciute per rivelazione, la mente umana può comprendere.
Nel Medioevo, nome dato (per influenza del fr. mystère) al genere drammatico detto più comunemente sacra rappresentazione, in cui fra gli altri temi religiosi finì con il prevalere, per il suo carattere più drammatico, la Passione.