L’amore che, secondo il concetto cristiano, unisce gli uomini con Dio e tra loro, attraverso Dio.
Il termine latino caritas, che implica insieme l’idea di stima e di benevolenza, è stato preferito dagli scrittori cristiani ad amor, e quasi contrapposto a questo, come più preciso equivalente del greco ἀγάπη (contrapposto all’ἔρως). Per i cattolici, la c. è una delle tre virtù teologali, anzi, secondo s. Paolo, la maggiore di tutte: quella per cui gli uomini possono attuare il fondamentale precetto di amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come sé stessi per amore di Dio. Si distingue pertanto dall’amore naturale di Dio come autore della nostra natura, in quanto è amore di amicizia soprannaturale tra Dio, che con la grazia santificante comunica la partecipazione alla sua vita intima, e l’uomo giusto, che ama Dio come autore della grazia, nonché tra gli uomini, che la grazia medesima rende figli adottivi di Dio.
Suore di c. Denominazione complessiva di religiose, organizzate in istituti senza clausura, che hanno il compito soprattutto di visitare e assistere gli ammalati. Il gruppo più cospicuo è costituito dalle Figlie della c. di s. Vincenzo de’ Paoli, che questi fondò con s. Luisa de Marillac intorno al 1630. Degli altri istituti si ricordano: le Suore della c. (dette anche suore grigie), fondate a Besançon nel 1799 da s. Giovanna Thouret; le Suore della c. cristiana, fondate a Paderborn nel 1849; le Suore di c. dell’Immacolata Concezione, dette anche di Ivrea.
C. romana Motivo iconografico, diffuso in particolare tra 16° e 18° secolo. Rappresenta una giovane donna (Pero o Perus) che allatta il vecchio padre (Cimon o Micon) in prigione, salvandolo dalla morte d’inedia. L’episodio, tramandato da fonti romane (Valerio Massimo, Plinio ecc.), emblematico della pietas, è stato spesso utilizzato nella raffigurazione di una delle opere di misericordia (visitare i carcerati).