Spostamento angolare apparente di un oggetto, quando viene osservato da due punti di vista diversi.
Un osservatore terrestre vede sulla volta celeste c una stella A (fig. 1) in una posizione Ag (posizione geocentrica) diversa da quella, Ae (posizione eliocentrica), in cui la vedrebbe un osservatore ideale situato sul Sole S; via via che, nel corso dell’anno, la Terra, T, procede sulla sua orbita intorno al Sole, varia il punto di vista geocentrico e varia quindi Ag: quest’ultimo punto descrive in un anno sulla volta celeste una piccola ellisse (ellisse di p. o parallattica) il cui centro è Ae. A questo apparente moto periodico annuo di una stella si dà il nome di effetto annuo di p. o, semplicemente, quello di p. annua. Com’è intuitivo, l’ellisse di p. è tanto più piccola quanto più lontano è l’astro. In effetti, per un’evidente questione di moto relativo, le cose vanno come se la Terra stesse ferma e la stella descrivesse nel corso dell’anno un’orbita identica e parallela a quella terrestre: vista dalla Terra, tale orbita apparirà tanto più piccola quanto maggiore è la distanza dall’astro. Precisamente, se, com’è lecito fare in questioni del genere, si assume che l’orbita terrestre sia una circonferenza, di raggio u pari all’unità astronomica (distanza media Sole-Terra, ca. 149.600.000 km), l’orbita relativa di una stella a distanza r sarà anch’essa una circonferenza di raggio u, su un piano parallelo al piano dell’eclittica, a distanza r da quest’ultimo; per avere l’apparenza di tale orbita quale essa è vista dalla Terra, cioè l’apparenza sulla volta celeste, occorre farne la proiezione sul piano tangente alla sfera celeste nel centro dell’orbita medesima: ne risulta un’ellisse, appunto l’ellisse di p., il cui semiasse maggiore a, parallelo al piano dell’eclittica, è visto sotto un angolo p ≅ u/r rad, mentre il semiasse minore è visto sotto un angolo pari a p senl, essendo l la latitudine celeste dell’astro (fig. 2, in cui e è l’eclittica, E il polo dell’eclittica). L’angolo p è chiamato p. annua, o semplicemente p., della stella; esso è pari all’angolo sotto cui un osservatore ideale vedrebbe dalla stella il raggio u dell’orbita terrestre, supposto perpendicolare alla congiungente Sole-stella (fig. 1). È facile riconoscere che il centro Ae dell’ellisse di p. in fig. 2 corrisponde alla posizione eliocentrica dell’astro sulla volta celeste.
Un osservatore O (fig. 3) sulla superficie terrestre vede sulla volta celeste c un pianeta A in una posizione At (posizione topocentrica) diversa da quella, Ac (posizione geocentrica), in cui lo vedrebbe un osservatore ideale situato nel centro G della Terra; in conseguenza di tale fatto, detto p. diurna perché di entità variabile periodicamente con periodo uguale a quello della rotazione diurna della Terra, la distanza zenitale di A misurata da O, z0, è di poco maggiore della distanza zenitale z misurata da un osservatore fittizio posto in G che assumesse come direzione dell’asse zenitale la stessa dell’osservatore in O (cioè la direzione GO). Alla distanza angolare p tra la posizione geocentrica e quella topocentrica si dà il nome di p. diurna, o semplicemente p., del pianeta. Ovviamente, p è anche l’angolo sotto cui dal pianeta viene visto il raggio terrestre condotto al luogo d’osservazione, GO; si ha: p = arcsen[(R/r)senz], essendo R il raggio terrestre nel luogo d’osservazione, r la distanza geocentrica, GA, del pianeta e z la sua distanza zenitale vera, cioè geocentrica.
Il triangolo parallattico è il triangolo i cui vertici sono costituiti da un certo astro e da due diverse posizioni di un osservatore; esso consente di determinare la p. diurna e quindi la distanza dell’astro stesso dalla Terra.
In metrologia, l’errore di p. è l’errore casuale che si commette quando si ‘legge’ una misura indicata dall’indice di uno strumento analogico su una scala graduata. È causato dal fatto che, non giacendo l’indice nello stesso piano su cui è disegnata la scala, esso durante la lettura si vede proiettato in punti diversi di questa a seconda della direzione di osservazione.
La p. cromatica è la differenza angolare fra le posizioni del filo di un reticolo di uno strumento ottico osservato con luce di diverse lunghezze d’onda, causata dall’aberrazione cromatica del sistema ottico.
P. stereoscopica L’angolo ε=α−β pari alla differenza tra gli angoli sotto cui, da due punti A e B, è vista la distanza interpupillare i (fig. 4); dalla p. stereoscopica dipende la facoltà dell’occhio umano di avere la sensazione del rilievo.