Utilizzo degli astri per determinarne i presunti influssi sul mondo terreno e in base a essi prevedere avvenimenti futuri o dare spiegazione di fatti passati rimasti sconosciuti.
Le origini dell’a. si perdono nei tempi e si confondono con quelle dell’astronomia. Già presso le antiche civiltà cinese, indiana, mesopotamica, egizia, mediterranea, precolombiana, l’astronomia provvide a suddividere il tempo in ore, giorni, mesi, anni, secondo i moti celesti e a fissare il calendario. A questo sapere a sfondo empirico si associarono le credenze astrologiche, connesse con le mitologie, i rituali tribali, funerari e religiosi.
Le dottrine astrologiche si distinguono in tre varietà, a seconda che prevalga lo sfondo religioso, come presso i Sumeri e i Babilonesi (3°-2° millennio a.C.), o quello misterico e soteriologico, nel caso delle dottrine orfico-pitagoriche orientali e greche (5° secolo a.C.), o ancora quello colto e razionale maturato in Cina, in India, presso i Maya e gli Aztechi, dai Greci d’Alessandria con Claudio Tolomeo e dai suoi seguaci islamici.
Dalla nozione di una fatalità legata alla regolarità dei moti celesti e dalla concezione della natura divina degli astri, i sacerdoti babilonesi di origine caldaica conclusero che tutta la vita degli uomini e del mondo fosse regolata dagli astri-dei e che nei loro movimenti fosse iscritto il destino dell’Universo. Come sede delle divinità astrali, il cielo fu suddiviso in zone o settori, occupati via via dal transito degli astri; al ritmo regolare delle loro combinazioni si attribuirono precisi influssi sulle sorti individuali o collettive. Sulla superficie terrestre la corrispondenza tra gli eventi del macrocosmo e quelli del microcosmo fu consacrata dalla geometria dei templi, il cui simbolismo dava un’immagine speculare dell’ordine cosmico.
Nel 270 a.C. circa, il sacerdote caldeo Beroso fondò una scuola a Coo e di lì divulgò il credo astrologico nella Grecia, insegnando la concezione di un universo scandito dalla successione di cicli cosmici o grandi anni (aventi ciascuno un’estate e un inverno, annunciati dal periodico ritorno dei pianeti in un medesimo segno, e a cui seguono un rogo e un diluvio universali) e la tesi della simpatia universale, per la quale tutte le parti dell’Universo, pur distanti, sono tra loro in rapporto e reciprocamente agenti. Lo stoicismo elevò poi a dignità filosofica l’idea del grande anno e la dottrina dell’unità del Cosmo espressa nella teoria della simpatia universale, dando ampio credito alle pratiche divinatorie.
I progressi dell’astronomia e della matematica della scuola d’Alessandria innalzarono l’a. a scienza, circondandola del prestigio di una disciplina esatta. Per secoli la più alta manifestazione sistematica della disciplina fu il Tetrabiblos di Claudio Tolomeo (2° sec. d.C.), l’astronomo che aveva descritto la struttura del sistema solare, ponendo la Terra al centro, con la Luna, il Sole e i pianeti rotanti entro orbite circolari in un complicato sistema di epicicli ed equanti; pur scettico verso le pratiche divinatorie, Tolomeo sostenne la validità delle predizioni fondate sull’influenza fisica degli astri e delle loro combinazioni.
I cristiani dei primi secoli concepirono l’a. e la magia come invenzioni diaboliche. In particolare s. Agostino ripudiò con fermezza l’a., accusandola di voler sostituire il determinismo naturale alla volontà di Dio. Colpita dall’anatema agostiniano, l’a. quasi scomparve in Occidente per circa 8 secoli.
Seguaci di Tolomeo vi furono invece nel mondo islamico. Essi si affidarono a una varietà di tecniche predittive, che si fondavano sull’interpretazione congetturale di ingredienti ‘animistici’, associati alla configurazione della volta celeste: astri maschili e femminili, benefici o malefici, che dominano il destino degli uomini. L’influsso astrale era adattato al sistema fisico aristotelico delle 4 qualità (caldo, freddo, umido, secco) e dei 4 elementi che risultano dalle loro combinazioni (terra, aria, acqua, fuoco). Anche le costellazioni zodiacali furono rapportate ai 4 elementi e si riteneva che il sistema delle loro collocazioni al momento della nascita prefigurasse la natura, il temperamento e il destino individuale.
Dottrine aristoteliche, quali quella della ‘quinta essenza’, dell’incorruttibilità dei corpi celesti, della dipendenza dei processi sublunari dai moti celesti, furono veicolate in Europa dagli scritti astrologici dell’astronomo e astrologo musulmano Albumasar (9° sec.) e divennero fondamento dell’a. medievale, favorendo la sua accettazione da parte di teologi e filosofi cristiani. Alberto Magno e Tommaso d’Aquino testimoniano un vivo interesse per l’a. e ammettono l’esistenza di influssi astrali sul mondo terreno. Dal 14° alla fine del 15° sec. circa l’a. andò permeando di sé sia la cultura comune sia gli ordinamenti universitari. Già volgarizzata nelle enciclopedie del 13° sec., l’a. faceva bella mostra di sé nei libri d’ore e nei calendari e la medicina ricorreva ai suoi lumi così come la meteorologia. Le Disputationes adversus astrologiam divinatricem (uscite postume nel 1496) di G. Pico della Mirandola segnano una data fondamentale nella storia dell’a.: Pico riconduceva qualsivoglia influsso astrale alla sola comunicazione di moto, luce e calore vanificando altre occulte influenze. La sua opera aprì un intenso dibattito in Europa sui fondamenti dell’a. che si protrasse per tutto il 16° sec. e oltre.
La crisi dell’a., determinata anche dal venir meno della distinzione fra cielo e Terra nel corso dei sec. 16° e 17°, fu completa con I. Newton che abolì qualsiasi differenza tra mondo celeste e mondo sublunare. La rivoluzione copernicana, tuttavia, non soppiantò l’a., che ha continuato a sopravvivere ben oltre la sua epoca e, per quanto destituita di ogni valore dagli ambienti scientifici, mantiene un’innegabile diffusione ancora ai nostri giorni.
Secondo il sistema astrologico che risale a Tolomeo, il cielo è ripartito in 12 case o fusi di 30° ciascuno, definiti in modo tale che le case notturne dalla I alla VI si trovano sotto la linea dell’orizzonte, quelle diurne dalla VII alla XII al di sopra. Il percorso diurno del Sole nell’eclittica, sullo sfondo delle costellazioni contenute nella fascia dello Zodiaco (➔), taglia le case in angoli e vertici. Trarre l’oroscopo (➔) di una nascita o di un avvenimento significa calcolare il combinarsi di molteplici elementi relativi al momento astronomico in cui l’evento si svolge: l’esatta posizione del Sole, che per il suo spostamento annuo nell’eclittica transita ogni 30 giorni dall’uno all’altro dei 12 segni zodiacali (per es. nell’Ariete dal 21 marzo al 21 aprile); le posizioni della Luna e dei pianeti rispetto ai vertici contenenti i segni, che si dicono ascendenti od occidenti, secondo la loro collocazione rispetto ai punti detti mezzo cielo (MC) e fondo del cielo (FC). Infine le posizioni rispettive degli astri ne costituiscono i 7 possibili aspetti: in congiunzione (astri uniti), in sestile (a distanza di 60°), in semiquadratura (di 45°), in quadratura (di 90°), in trigono (di 120°), in quinario (di 150°), in opposizione (di 180°). Le posizioni dei pianeti e delle costellazioni interagiscono con le qualità umane, determinando di ciascuno le caratteristiche temperamentali, le predisposizioni e attitudini psichiche, l’aspetto esterno, la struttura anatomica.