elettricità L’insieme dei fenomeni nei quali intervengono azioni di forza tra il campo elettromagnetico e le cariche elettriche.
Era nota agli antichi (Talete, Teofrasto, Plinio) la proprietà che hanno alcuni corpi (per es., l’ambra, in gr. ἤλεκτρον) di divenire capaci di attirare piccoli corpi leggeri quando siano strofinati. Solo sul finire del 16° sec. l’inglese W. Gilbert formulava in maniera più precisa il concetto di stato elettrico (o elettrizzazione), chiamando effetti elettrici i fenomeni attrattivi determinati, oltre che dall’ambra, anche da altre sostanze, come vetro, resine, zolfo ecc. Più tardi (1730) S. Gray mostrò che l’elettrizzazione può essere comunicata da un corpo a un altro non solo per contatto diretto, ma anche connettendo i due corpi con fili o sbarre di certe sostanze dette conduttori (per es., metalli), mentre con altre sostanze, dette dielettrici o isolanti (per es., ambra, cera), il fenomeno non accadeva. Si cominciò così ad associare allo stato elettrico il concetto di carica elettrica, capace di trasferirsi da un corpo all’altro tramite i conduttori. Successivamente (1733) C.-F. de Cisternay Du Fay riconobbe l’esistenza di due tipi diversi di carica elettrica dall’osservazione delle diverse azioni ponderomotrici, talvolta attrattive, talaltra repulsive, che si esercitano tra corpi elettrizzati. Le due specie di e. furono dette elettricità resinosa ed elettricità vetrosa, la prima presente nell’ambra elettrizzata, la seconda nel vetro.
Nel 1785-87, in sette memorie presentate all’Académie des sciences, C.-A. Coulomb poneva le basi della teoria delle azioni elettriche a distanza con l’enunciazione della legge, che da lui ha nome, analoga a quella di I. Newton della gravitazione universale, per l’attrazione o la repulsione reciproca di cariche elettriche. Ai progressi dell’elettrologia delle cariche statiche (elettrostatica) s’intrecciano, sin dalla fine del 18° sec., i primi sviluppi della dinamica elettrica, in conseguenza della fondamentale scoperta di una e. ‘dinamica’, dovuta ad A. Volta, che sul finire del 1799 costruì la prima pila. La legge di Ohm, le leggi di Kirchhoff, le ricerche sperimentali sulla conducibilità elettrica, la legge di Joule, che seguirono nel successivo cinquantennio, costituiscono l’intelaiatura, tuttora valida, a parte eventuali diverse interpretazioni, della teoria delle correnti elettriche. Nel frattempo il fatto, constatato nel 1820 dal danese H.C. Oersted, che l’ago di una bussola devia in prossimità di un conduttore percorso da corrente elettrica, aveva segnato l’atto di nascita dell’elettromagnetismo.
Nuove esperienze confermavano intanto l’identità sostanziale fra l’e. statica e quella dinamica e preparavano la via alle applicazioni, iniziatesi con la telegrafia (è del 1866 la posa del primo cavo transatlantico). Questo complesso di ricerche teoriche e sperimentali, sviluppatesi durante oltre 150 anni, aprì la strada sia allo sviluppo dell’elettrotecnica (a partire dalla macchina di Pacinotti, 1860), sia alla nuova scienza dell’e. fondata da J.C. Maxwell.
L’elettrologia pre-maxwelliana era sostanzialmente fondata sul principio delle azioni a distanza. Ma nella seconda metà del 19° sec. cominciò a farsi strada l’idea che ogni mezzo dielettrico, e anche lo spazio vuoto, vada considerato come un mezzo fisico suscettibile di divenire sede di perturbazioni capaci di propagarsi: si avanzò così l’ipotesi che l’interazione che si esercita fra due corpi elettrizzati o magnetizzati o percorsi da corrente possa venire spiegata ammettendo che ogni corpo agisca sul mezzo nel quale esso è immerso perturbandolo, cioè generando il campo elettromagnetico, e che una tale perturbazione propagandosi venga poi a investire il secondo corpo. Maxwell, sulla base di alcune idee di M. Faraday, precisò innanzitutto la nozione di campo elettromagnetico e aggiunse un concetto nuovo, quello della cosiddetta corrente di spostamento: egli considerò cioè alla stregua di una corrente elettrica anche l’effetto di una variazione del campo elettrico in seno a un dielettrico. L’idea, forse la più ardita e geniale di Maxwell, che finì col dare immensa portata fisica alla sua teoria, è quella che la corrente di spostamento sia capace degli stessi effetti magnetici prodotti dalle correnti ordinarie, le correnti di conduzione. La verifica sperimentale delle idee di Maxwell avvenne nel 1892 a opera di H. Hertz, il quale ottenne in laboratorio le onde elettromagnetiche previste da Maxwell, con risultati in tutto d’accordo con le previsioni.
Restava peraltro da approfondire la teoria dei fenomeni elettrici nei corpi materiali: la conservazione della carica elettrica di un sistema isolato (➔ carica), i processi di conduzione dell’e. nonché lo studio dei fenomeni elettrolitici, compiuto da Faraday, conducevano all’ipotesi che il trasporto dell’e. negli elettroliti avvenisse per granuli elettrizzati, positivi e negativi. L’ipotesi si estese in seguito anche alle correnti nei solidi, che furono spiegate come movimento di granuli elettrizzati all’interno dei conduttori. Si giunse infine al concetto dell’intrinseca costituzione granulare dell’e. in genere: essa sarebbe costituita da granuli elementari, positivi o negativi, ma aventi lo stesso valore assoluto della carica. A tali ipotetici corpuscoli fu dato genericamente il nome di elettroni (G.J. Stoney, 1891), ma in seguito tale denominazione fu riservata alle sole particelle negative, di cui numerose esperienze (scarica nei gas rarefatti, emissione radioattiva ecc.) non solo dimostrarono l’esistenza, ma permisero di determinare le proprietà: carica elettrica negativa invariabile e uguale per tutte (carica elementare) e una massa estremamente piccola (➔ elettrone). La carica elettrica positiva o negativa di un corpo elettrizzato fu spiegata rispettivamente con un difetto o un eccesso di elettroni rispetto alle cariche positive nel corpo stesso; le correnti elettriche nei solidi furono attribuite al movimento di elettroni (elettroni di conduzione) nei conduttori sotto l’azione di forze elettriche, o in qualche caso anche meccaniche.
Con l’assetto definitivo di questa teoria, dovuto a H.A. Lorentz, pareva che nulla vi fosse più da investigare in fatto di leggi fondamentali. Si dovette però ben presto constatare che la teoria rivelava, nel confronto con l’esperienza, contraddizioni essenziali: per es., il disaccordo tra l’andamento teorico e quello reale della conduttività al variare della temperatura, nonché l’impossibilità di dedurre il valore della conduttività dai parametri strutturali del conduttore, per es. dalla natura, dalla forma e dalle dimensioni del reticolo. Questa e altre deficienze derivavano in definitiva dall’avere applicato agli elettroni la statistica di Boltzmann e dall’avere assunto equipotenziale lo spazio occupato dal conduttore; rimuovendo tali errori, e precisamente applicando una statistica corretta, quella di Fermi-Dirac (➔ statistica), e tenuto conto del potenziale variabile esistente nel conduttore (quello associato ai campi elettrici dei nuclei e degli stessi elettroni), si è pervenuti alla moderna teoria elettronica che dà soddisfacente conto dei fenomeni di conduzione trattando gli elettroni in termini di meccanica quantistica (➔ atomo; banda).
Per elettricità terrestre si intende l’insieme dei fenomeni elettrici nell’intero ambiente terrestre, cioè sia nell’atmosfera (elettricità atmosferica), sia nell’interno della Terra (e. tellurica e le correnti elettriche nel nucleo fluido terrestre che creano il campo geomagnetico). Il fenomeno più cospicuo di elettricità atmosferica è la presenza di un campo elettrico nell’atmosfera terrestre, diretto, in condizioni meteorologiche normali, verticalmente verso il basso: ciò induce a pensare l’atmosfera terrestre come il dielettrico di un enorme condensatore sferico, di cui un’armatura è la superficie terrestre, carica negativamente, mentre l’altra, carica positivamente, è l’alta atmosfera ionizzata, la cosiddetta ionosfera. L’intensità di tale campo elettrico atmosferico dipende enormemente dallo stato dell’atmosfera e dalla quota; in condizioni meteorologiche normali (cielo sereno, aria non inquinata) essa è dell’ordine di 100 V/m al suolo, e diminuisce con la quota riducendosi a pochi V/m a circa 10 km dal suolo; la differenza di potenziale complessiva tra il suolo e la ionosfera è stimata dell’ordine di 106 V. Sotto l’azione del campo elettrico terrestre, gli ioni nell’alta atmosfera, con eccesso dei positivi (derivanti da processi di ionizzazione dei gas atmosferici a opera delle radiazioni ultraviolette e X solari e della radiazione cosmica) rispetto ai negativi, determinano una corrente, la cosiddetta corrente verticale, la cui densità è, mediamente, dell’ordine di 10–12 A/m2. Particolarmente importante è l’effetto delle cariche possedute globalmente dalle nubi, che portano generalmente a inversioni del campo e, se le cariche sono sufficientemente grandi, all’instaurarsi di scariche elettriche, in particolare tra nubi e suolo (fulmini). Si ritiene che siano appunto tali scariche a rifornire in continuazione cariche alla superficie terrestre, che ne perde continuamente a causa della corrente verticale.
Carica elettrica in condizioni stazionarie, cioè di valore e assetto spaziale invariabili nel tempo. Specie nel linguaggio tecnico, con tale denominazione si indica correntemente la carica elettrica acquistata da corpi per strofinio. Si può produrre con vari macchinari e dispositivi, con effetti spesso dannosi. Posto che in genere è difficile rimuovere la causa dell’elettrizzazione, per eliminare l’e. statica si ricorre in genere a dispositivi che disperdano a terra o che annullino per ricombinazione le cariche.
Per i fenomeni elettrici nel mondo animale ➔ elettricità animale.