Formazioni di gas (idrogeno, calcio), frammisto a minutissime particelle solide che riempiono, con diversa densità, lo spazio cosmico fra stella e stella.
Termine che, utilizzato senza altra determinazione, indica in senso generale il f. del tabacco, la cui pratica abituale e prolungata è responsabile dell'intossicazione cronica nota come tabagismo. L'attuale identificazione del tabagismo con un fenomeno per molti versi assimilabile a una vera e propria tossicodipendenza si basa principalmente sulla dimostrata capacità posseduta dalla nicotina di indurre, a seguito di una sua assunzione cronica, uno stato di dipendenza. L'instaurarsi di questo stato in conseguenza dell'uso di tabacco sotto forma di f. è in realtà favorito da vari fattori abitudinari, come il modo di accendere la sigaretta, le occasioni e il contesto che sollecitano l'accensione stessa e il sapore del f., i quali si associano all'azione esercitata a livello del sistema nervoso centrale dalla nicotina; è indubbiamente questo alcaloide il principale responsabile dei fenomeni di dipendenza, che si manifestano con l'incapacità a interrompere o a ridurre consistentemente il f. e con la comparsa di sindrome da astinenza (ansia, cefalea, irritabilità e bisogno imperioso di fumare, eliminati dalla somministrazione di nicotina per via endovenosa).
Le osservazioni epidemiologiche hanno dimostrato che soltanto il 5% dei fumatori che intende disassuefarsi vi riesce spontaneamente, senza aiuto psicologico e intervento farmacologico, il primo basato sui colloqui tra medico e paziente, il secondo effettuato con la somministrazione (per via orale, transcutanea o nasale) di nicotina, particolarmente indicata per combattere la sindrome da astinenza, o di clonidina, molto efficace per risolvere l'imperioso bisogno di fumare.
Per quanto riguarda la patologia indotta dal f., essa è essenzialmente identificabile nei danni provocati ai sistemi cardiovascolare, respiratorio, nervoso e genitale, e nell'elevato rischio oncogeno cui sono esposti i fumatori; è stato inoltre definitivamente accertato che un elevato consumo di sigarette in gravidanza può causare aborti, parti prematuri ecc. e influire negativamente sullo sviluppo psicofisico della prole. Considerato come una vera malattia sociale, il tabagismo è combattuto con iniziative e campagne messe in atto in varî paesi per scoraggiare e limitare l'uso del tabacco. In Italia, oltre al divieto della propaganda a favore degli articoli da fumo e a precise normative sul commercio delle confezioni di tabacco, è in vigore il divieto di fumare in determinati locali pubblici, anche allo scopo di evitare ai non fumatori l'esposizione passiva al fumo, che è ritenuta causa probabile di patologie neoplastiche.
Secondo statistiche diffuse dall’ISTAT nel gennaio 2006, nel periodo dicembre 2004-marzo 2005 i fumatori in Italia erano 11.210.000, pari al 22,3% della popolazione di età superiore ai 14 anni, il 28,5% dei quali di sesso maschile e il 16,6% di sesso femminile; la percentuale più alta di fumatori si localizza nell’Italia centrale (24,3%), la più bassa al Sud (20,9%). L’età media in cui gli uomini cominciano a fumare è più bassa rispetto a quella delle donne (17,6 contro 19,5). I fumatori abituali (coloro che fumano tutti i giorni) sono l’89,7% del totale dei fumatori, corrispondente al 20,3% della popolazione, e consumano mediamente 14,8 sigarette al giorno. La quota dei «forti fumatori» (oltre 20 sigarette al giorno) è pari al 37,1% dei fumatori abituali.
A causa della sua elevata nocività molti paesi hanno regolamentato l’uso del tabacco, limitandone la vendita e la pubblicità, nonché imponendo l’inserimento di avvisi relativi ai suddetti rischi nelle confezioni dei prodotti da fumo. In Italia, il divieto di fumare in determinati locali (scuole, ospedali, sale d'attesa, locali chiusi adibiti a pubbliche riunioni, sale chiuse di spettacolo cinematografico o teatrale, sale da ballo, musei, biblioteche e sale di lettura aperte al pubblico, pinacoteche e gallerie d'arte pubbliche o aperte al pubblico) e sui mezzi di trasporto, introdotto dalla l. 11 nov. 1975, n. 584, a tutela della salute di chi vi si trova e che è soggetto al cosiddetto f. passivo, è stato esteso con decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbr. 1995 ai locali della pubblica amministrazione. In questi ambienti devono essere esposti cartelli di divieto con l'indicazione della sanzione comminata ai trasgressori. Per i luoghi di lavoro non vige un generale divieto di fumare, sempre che siano adottate cautele (impianti di aerazione e ventilazione, separazione di locali ecc.) idonee a tutelare chi vi svolge la propria attività. La tutela dei lavoratori dagli effetti del f. si ritiene, infatti, realizzata quando, mediante misure organizzative o tecniche, il rischio derivante dal f., se non eliminato, sia ridotto a una soglia talmente bassa da far ragionevolmente escludere che la loro salute sia messa a repentaglio (sentenza n. 339 del 1996 della Corte Costituzionale). Tuttavia la legislazione sociale, in determinati casi, prevede il divieto di f. in relazione a particolari attività produttive o in riferimento a particolari ambienti di lavoro (per es., i locali di riposo). L’art. 51 della l. n. 3 del 2003 ha esteso il divieto di f. a tutela della salute dei non fumatori. Il provvedimento riguarda tutti i locali chiusi, fatti salvi quelli privati non aperti a utenti o al pubblico e quelli riservati ai fumatori e come tali contrassegnati.
Si segnala, inoltre, il problema, molto discusso in giurisprudenza e affrontato anche all’estero, relativo alla risarcibilità del danno da f., anche nei consumatori.
Il complesso dei prodotti gassosi e solidi di una combustione, che in forma di colonna o di nube si alzano nell’aria. Talvolta nel f. si possono ritrovare, allo stato di fine suddivisione, particelle solide costituite da combustibile incombusto (o parzialmente combusto) o dalle ceneri o da prodotti di pirolisi. Le caratteristiche chimiche e fisiche presentate da un f. permettono di trarre indicazioni sull’andamento della combustione e sull’utilizzazione del calore in essa sviluppato. La colorazione del f. è un primo indizio, in quanto un eventuale colore più o meno scuro è indice della presenza di particelle carboniose incombuste; la temperatura di uscita dei f., se troppo alta, indica che il calore sviluppato nella combustione non è stato convenientemente utilizzato. L’analisi chimica dei f., rilevando la quantità di anidride carbonica, di ossigeno ed eventualmente di ossido di carbonio presente, permette di stabilire se il combustibile usato ha bruciato in presenza di un eccesso o di un difetto d’aria e quindi consente di correggere l’eventuale errata condotta della combustione.
La depurazione dei f. consiste nel separare dalla fase gassosa le particelle solide presenti in sospensione (➔ depolverizzazione). Ciò ha interesse per recuperare solidi di un certo valore o per avere gas privi di impurezze solide, oppure può essere necessario quando le sostanze contenute nei f. sono nocive per l’uomo e l’ambiente circostante.
Nella tecnologia dei prodotti petroliferi, punto di f. (anche detto indice di fumosità) è quello che misura la tendenza di un petrolio illuminante a bruciare con fiamma senza fumo; è determinato in una lampada standardizzata dalla massima altezza (mm) della fiamma che si può ottenere senza produzione di fumo.
Sono dette sostanze fumogene quelle capaci di produrre masse notevoli di f. adatte a rimanere per un tempo più o meno lungo sospese nell’atmosfera occultando alla vista ampie zone. Nonostante esista una netta distinzione fra sostanze fumogene e sostanze nebbiogene (le prime producono particelle solide disperse in un gas, le seconde particelle liquide disperse in un gas), a volte si usano impropriamente i due termini come sinonimi. Le sostanze fumogene si impiegano specie in guerra per occultare navi, obiettivi di interesse strategico ecc., e anche per segnalazioni, e sono prodotte mediante apparecchi appositi, pure detti fumogeni. Come sostanze fumogene si usano: il fosforo, che bruciando dà f. bianchi di anidride fosforica (P2O5), la quale poi combinandosi con l’umidità dell’atmosfera forma nebbie di acido fosforico; f. più o meno scuri ottenuti da una combustione incompleta di nafta e simili; miscele di varie sostanze, come, per es., la miscela Berger, ottenuta impastando zinco, ossido di zinco, farina fossile e tetracloruro di carbonio che, accesa, produce particelle finemente suddivise di cloruro di zinco e carbonio
2Zn+CCl4→2ZnCl2+C
largamente usata per preparare candele fumogene. Le diverse sostanze fumogene si valutano in base al loro potere oscurante, misurato dallo spessore minimo di una massa di f. attraverso cui si comincia a distinguere, per trasparenza, una luce di determinata intensità.