In biochimica, inibizione enzimatica'', processo che riduce o, al limite, annulla la velocità di trasformazione del substrato in prodotti da parte di un enzima a causa dell’interazione dell’enzima stesso con particolari sostanze dette appunto inibitori.
L’i. può essere di due tipi: irreversibile e reversibile.
L’i. irreversibile si verifica quando l’inibitore si lega fortemente all’enzima, rendendo quasi impossibile la sua rimozione. Un esempio di i. irreversibile è quella prodotta dai gas nervini sull’acetilcolinesterasi.
L’i. reversibile, che rappresenta il meccanismo di controllo delle attività enzimatiche in vivo, può essere di tre tipi: competitiva, non competitiva e acompetitiva.
L’i. competitiva si verifica quando l’inibitore, presentando analogie strutturali con il substrato, interagisce reversibilmente con il sito attivo dell’enzima, senza però subire alcuna trasformazione da parte dell’enzima stesso. Il substrato dell’enzima non ha quindi libero accesso al sito attivo e l’enzima risulta inattivo. L’i. competitiva può essere rimossa aumentando la concentrazione del substrato che, per azione di massa, provoca la rimozione dell’inibitore. Nell’i. competitiva la formazione del complesso enzima (E) -inibitore (I) può essere rappresentata come segue: E+I ⇄ EI. La costante della reazione Ki è data da:
Pertanto, l’equazione di Michaelis-Menten della velocità di un enzima, in presenza di un suo inibitore competitivo, sarà:
Il grafico di Lineweaver-Burk dei doppi reciproci (fig. A) mostra come l’i. competitiva sia caratterizzata da una diminuzione dell’affinità dell’enzima per il substrato (diminuzione del valore della Km), mentre la Vmax dell’enzima rimane inalterata.
L’i. non competitiva si verifica quando l’inibitore, interagendo su un sito diverso da quello catalitico, provoca alterazioni conformazionali dell’enzima, che modificano anche la struttura del sito attivo. Di conseguenza, il substrato avrà libero accesso al sito catalitico, ma sarà trasformato dall’enzima a una velocità inferiore di quanto avviene in assenza di inibitore. In questo caso, l’i. non può essere rimossa aumentando la concentrazione del substrato. Nel caso dell’i. non competitiva, poiché l’inibitore può reagire sia con l’enzima libero (E) che con il complesso enzima-substrato (ES), potranno verificarsi le seguenti reazioni:
E+I ⇄ EI e ES+I ⇄ ESI,
dove sia EI che ESI sono inattivi. Le due costanti di reazione saranno perciò:
L’equazione di Michaelis-Menten risulterà:
In questo caso Ki riflette gli effetti combinati, tra loro uguali o diversi, di KiES e di KiESI. Il grafico di Lineweaver-Burk dei doppi reciproci indica come l’i. non competitiva (fig. B) sia caratterizzata da una diminuzione della Vmax dell’enzima, mentre la sua Km risulta inalterata.
L’i. acompetitiva si verifica quando l’inibitore si lega reversibilmente al complesso enzima-substrato ES, formando il complesso inattivo enzima-substrato-inibitore ESI. La reazione sarà perciò:
E+S ⇄ ES+I ⇄ ESI.
La costante della reazione di ES con I sarà:
L’equazione di Michaelis-Menten sarà così modificata:
Poiché nell’i. acompetitiva si ha una diminuzione di [ES], risulteranno influenzate negativamente sia la Vmax che la Km dell’enzima. Questo risulta evidente nella fig. C, che riporta il grafico di Lineweaver-Burk dei doppi reciproci. L’i. acompetitiva si verifica quasi esclusivamente nelle reazioni a più substrati.
Per l’i. retrograda o i. da prodotto finale ➔ retroinibizione.
Sotto il profilo educativo, l’i. presenta una duplice valenza. L’eccesso di freni inibitori, cioè la capacità di controllare e frenare i propri impulsi, conseguenza spesso di atteggiamenti troppo severi da parte degli adulti, può provocare la limitazione o anche il blocco delle funzioni volitive ed espressive e condizionare pertanto la maturazione personale del soggetto. Viceversa, il difetto di i. può compromettere l’equilibrio dei rapporti interpersonali; in tal caso l’intervento educativo non può che tendere a stimolare forme inibitorie in grado di attenuare l’impulsività e l’istinto aggressivo.
Fenomeno di origine prevalentemente inconscia che si risolve in un ostacolo alla normale esplicazione delle funzioni psichiche, o impedendo a certi contenuti psichici di giungere alla coscienza, o disturbando lo svolgimento normale di processi affettivi o di attività vitali. I. interna (o condizionata) Nella teoria del comportamento di I.P. Pavlov, è così denominato il gruppo di fenomeni di i. che sono caratterizzati dal fatto di essere prodotti nel processo dell’apprendimento. Si distingue una i. interna di estinzione e una di differenziazione; nel primo caso, se uno stimolo condizionato non viene ripetutamente rinforzato, l’i. gradualmente si estingue; nel secondo caso l’i. si verifica solo sullo stimolo non rinforzato e non su quello rinforzato.