E. interstellare Indebolimento della radiazione proveniente da un astro, per effetto dell’assorbimento e della diffusione dovute alla polvere interstellare. L’e. dipende dalla lunghezza d’onda: in generale, diminuisce dalla regione ultravioletta dello spettro a quella infrarossa e radio (fig. 1): per es., nell’infrarosso è circa il 10% di quanto è nel visibile e nelle onde radio diventa praticamente trascurabile. Pertanto, molti oggetti che, a causa dell’e. interstellare, non sono osservabili nel visibile possono essere studiati alle lunghezze d’onda infrarosse e radio.
Scomparsa di specie animali o vegetali. È un fenomeno che si è prodotto molte volte nel corso della storia della Terra, come attestano i resti fossili di numerose specie (o di più vasti gruppi sistematici) oggi non più esistenti. L’e. può essere dovuta a varie cause, anche concomitanti: eventi geologici, cambiamenti climatici, variazioni del chimismo delle acque, epidemie, competizione con altre specie ecc.
In geologia stratigrafica, l’e. delle specie è un criterio importante per la determinazione dell’età di un corpo sedimentario. Un’e. di massa e continua per un intervallo di tempo definito (1-1,5 milioni di anni) su scala mondiale costituisce una crisi biologica. Recenti studi hanno messo in luce l’esistenza di almeno 15 e. di massa nel Fanerozoico; di queste la principale è quella avvenuta alla fine del Permiano, con la scomparsa del 96% delle specie di Invertebrati marini allora viventi. Dell’e. di numerose specie, avvenuta in epoca storica, è in gran parte responsabile l’uomo (fig. 2), sia attraverso lo sterminio diretto (caccia, distruzione delle uova, ricerca di pellicce, penne e piume ecc.), sia indirettamente attraverso le modificazioni che apporta all’ambiente (costruzione di aree industriali o di abitazione, introduzione di nuove specie in comunità già in equilibrio dal punto di vista ecologico, inquinamento ecc.).
Tra le specie più note estintesi in epoca storica figura l’alca (Pinguinus impennis), uccello inetto al volo che abitava le isole dell’Atlantico settentrionale e che si estinse nel 1844, a causa di una caccia sfrenata per il suo pregiato piumaggio (fig. 3A). Quasi estinto è il bisonte europeo (Bison bonasus): se ne allevano alcuni capi in taluni parchi. Anche il bisonte americano (Bison bison) è stato molto prossimo all’e. e viene accuratamente protetto (fig. 3 B). Attualmente sono in via di e. numerosissime specie, tra cui alcune specie di cetacei, le tartarughe giganti delle isole Galápagos, la tigre, il ghepardo, la foca monaca, il rinoceronte, varie specie di stambecchi, il cervo sardo, il muflone.
In Italia, in particolare si sono estinti agli inizi del 20° sec. l’avvoltoio degli agnelli, l’aquila di mare, il falco pescatore e sono in via di e. numerosissimi uccelli, tra cui alcune specie endemiche italiane. Per ovviare al pericolo di fare scomparire piante o animali, si sono istituiti parchi nazionali e riserve e si sono fondate società per la protezione della natura. Contemporaneamente, si è cercato da tempo di stabilire criteri che permettessero di meglio definire lo status dei taxa in pericolo; l’IUCN (Unione Internazionale Conservazione Natura) ha così stabilito alcune categorie: specie estinta (EX - extint), estinta allo stato selvatico (EW - extinct in the wild), in pericolo critico (CR - critically endangered), in pericolo (EN- endangered), vulnerabile (VU - vulnerable), a più basso rischio (LR - lower risk), carenza di informazioni (DD - data deficient), non valutato (NE - not evaluated). La categoria LR è a sua volta divisa in 3 sottocategorie: dipendente da azioni di conservazione (cd - conservation dependent), prossimo alla minaccia (nt - near threatened) e minima preoccupazione (lc - least concern). L’attribuzione di una specie a uno dei gruppi può rimanere troppo legata a giudizi, a volte soggettivi, degli specialisti. È quindi in atto un progetto internazionale, sempre dell’IUCN, che ha lo scopo di individuare le categorie utilizzando metodi di calcolo probabilistico che dovrebbero permettere di stabilire le possibilità di sopravvivenza della specie nel tempo.
E. del reato e della pena Il c.p., nel titolo VI, scinde le cause di e. del reato (capo I) dalle cause di e. della pena (capo II): secondo un tradizionale criterio di distinzione, le prime operano antecedentemente la pronuncia di una sentenza definitiva di condanna ed eliminano qualunque espressione della potestà punitiva statuale; le seconde presuppongono, invece, l’emanazione di una sentenza di condanna, ma ne inficiano l'esecuzione.
Le cause generali di e. del reato sono: la morte del reo prima della condanna; la remissione della querela; l’amnistia propria, precedente cioè la condanna; la prescrizione; l’oblazione nelle contravvenzioni; la sospensione condizionale; il perdono giudiziale. La dottrina ha tuttavia rilevato l’inesattezza della definizione codicistica in quanto sia sotto il profilo naturalistico sia sotto l’aspetto normativo il reato cosiddetto estinto continua a produrre rilevanti effetti giuridici in ordine, per es., alla recidiva, alle dichiarazioni di abitualità e professionalità nel reato, nonché ai fini dell’aggravamento di pena dipendente dalla connessione di reato.
Le cause di e. della pena previste dal c.p. sono invece: la morte del reo dopo la condanna; l’amnistia impropria, ossia successiva alla condanna; la prescrizione della pena; l’indulto; la grazia; la liberazione condizionale; la riabilitazione; la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. L’effetto estintivo della pena segue anche all’applicazione delle misure alternative alla detenzione e al cosiddetto patteggiamento. E. del processo Essendo quello civile un processo ‘a impulso di parte’, all’affievolimento di tale impulso corrisponde il venir meno del dovere decisorio (nel merito) del giudice. Il fenomeno prende il nome di e., che la legge subordina a un’espressa rinuncia agli atti accettata dalle altre parti costituite e interessate alla prosecuzione (art. 306 c.p.c.), o al verificarsi di qualificate ipotesi di inattività processuale (art. 307 c.p.c.). L’e. opera di diritto ma è rilevabile solo su eccezione della parte interessata e non può essere pronunciata d’ufficio, ma gli effetti del provvedimento dichiarativo dell’e. retroagiscono al momento in cui si è verificata la causa estintiva. Non risultando adempiuto il dovere decisorio dell’organo giurisdizionale, l’e. del processo non estingue l’azione (➔), ma rende inefficaci gli atti processuali compiuti, salvo le ordinanze anticipatorie di condanna, le sentenze di merito pronunciate nel corso del giudizio e quelle che regolano la competenza; le prove raccolte sono valutate in un eventuale nuovo processo, ai sensi dell’art. 116, 2° co., e le spese restano a carico della parte che le ha anticipate.
E. del rapporto di lavoro In base alla disciplina contenuta nel libro V del c.c., nella legislazione speciale sul rapporto di lavoro e nella disciplina generale delle obbligazioni e dei contratti, le cause di e. del rapporto di lavoro sono, in primis, il licenziamento, individuale o collettivo, e le dimissioni. Il rapporto di lavoro si può estinguere inoltre per mutuo consenso delle parti (art. 1372, c. 1, c.c.), che dà luogo alla cosiddetta risoluzione consensuale del contratto; in questo caso non è previsto alcun vincolo di forma, quindi l’accordo risolutivo può essere raggiunto oralmente o per fatti concludenti. Diverse dalla risoluzione consensuale, quale accordo individuale direttamente estintivo del rapporto, sono le cosiddette clausole di risoluzione automatica, spesso inserite nei contratti collettivi, che prevedono la futura cessazione del rapporto al verificarsi di un determinato evento, senza necessità di recesso e di preavviso, sulla cui legittimità dottrina e giurisprudenza sono ancora divise. Il rapporto di lavoro si estingue anche per cessione del contratto di lavoro ad altro datore, che richiede il consenso del lavoratore ceduto ex art. 1406 e seg. c.c. Altra comune causa di e. del rapporto di lavoro è la scadenza del termine pattuito, che non comporta alcuna manifestazione di volontà; in tale ipotesi l’estromissione del lavoratore dall’azienda costituisce attuazione del termine e non è configurabile come licenziamento, del quale non si applica quindi la disciplina. In considerazione del carattere personale della prestazione dedotta nel contratto di lavoro, quest’ultimo si estingue anche per morte del lavoratore. In questo caso la legge prevede allora la tutela dei familiari superstiti, attribuendo in capo al datore di lavoro l’obbligo di versare loro (iure proprio e non iure hereditatis) il trattamento di fine rapporto (TFR) accantonato fino al momento della morte, nonché l’indennità sostitutiva di preavviso, accomunati nella cosiddetta indennità in caso di morte (art. 2122 c.c.). A differenza della morte del lavoratore, la morte del datore di lavoro non determina di norma la cessazione del rapporto, ove l’attività aziendale continui nella persona del nuovo titolare subentrato al de cuius. Oltre alle cause ora esaminate di e. del rapporto di lavoro, vi sono poi altre ipotesi di e. del rapporto per l’impossibilità sopravvenuta della prestazione (➔ impossibilità), e in particolare per la sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore, che determina la cessazione del rapporto di lavoro ove l’impossibilità sia di durata indeterminata (salvo le ipotesi espressamente previste dagli art. 2110 e 2111 c.c.) e il datore di lavoro non possa oggettivamente adibire il lavoratore a mansioni differenti (anche inferiori), compatibili con il sopravvenuto stato fisico del lavoratore. Infine, la dottrina colloca tra le cause di e. del rapporto di lavoro anche la forza maggiore, che agisce di diritto anche nel contratto di lavoro, senza che vi sia necessità di alcun atto unilaterale.
Il termine è usato come sinonimo di assorbimento, nel caso di energia che si propaghi in un mezzo ( coefficiente e fattore di e.).
In semiologia delle malattie infettive, con fenomeno dell’e. (o di Schultz-Charlton) si indica la scomparsa dell’eruzione cutanea scarlattinosa, in capo a 6-12 ore, per una zona di alcuni centimetri intorno al punto in cui sia praticata l’iniezione intradermica di siero di individuo convalescente da scarlattina.
Corte costituzionale e dies a quo del termine per la riassunzione del processo interrotto dal sopravvenuto fallimento della parte di Fabio Cossignani
La nuova riforma parziale del processo civile. Le modifiche al libro II del codice di procedura civile di Fabio Cossignani