settimana Periodo cronologico di sette giorni, suddivisione in origine del mese lunare, che nei paesi cristiani e anche presso molti altri popoli ha inizio con il lunedì e termina con la domenica successiva compresa. La s., come unità del calendario, è diffusa in tutte quelle parti del mondo in cui la civiltà giudaico-cristiana o quella islamica hanno esercitato un influsso predominante. Uno dei giorni della s. (nel cristianesimo domenica, nell’ebraismo sabato, nell’islam venerdì) è festivo, ed è questa periodicità festiva che costituisce la base della settimana.
Gli Ebrei, per il computo cronologico, adottarono un periodo settenario, facendolo concludere con il giorno di riposo, il sabato (shabbāt «quiete»), le cui origini tradizionali risalgono alla Genesi e che ha quindi il significato di commemorare il riposo del Signore dopo i sei giorni della creazione. Nel sabato la sospensione del lavoro era obbligatoria ed era comminata la pena di morte ai trasgressori.
Nell’ambiente caldeo (forse già nella prima metà del 1° millennio a.C.) si sviluppò la concezione che metteva in rapporto i 7 giorni della s. con l’ordine delle 7 sfere tolemaiche, vale a dire con quello delle varie distanze dalla Terra dei pianeti (astri erranti) allora conosciuti: Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio, Luna; a ogni «pianeta» l’astrologia attribuiva la presidenza sopra una determinata ora, mentre sul giorno presiedeva l’astro della sua prima ora: poiché il numero delle ore del giorno, 24, diviso per il numero dei pianeti 7, dà un resto di 3, la prima ora del giorno successivo a quello di Saturno era quella del Sole, la terza dopo la ripetizione dei cicli di sette. In base a questo ragionamento si costituì l’ordine dei giorni della s.: giorno della Luna, di Marte, di Mercurio, di Giove, di Venere, di Saturno, del Sole. Questa s. astrologica d’origine caldea si diffuse nell’Impero romano intorno al 1° sec. d.C.
Il cristianesimo stentò ad accettare questi nomi pagani, di modo che nella tradizione ecclesiastica vigeva la numerazione dei giorni rispetto alla domenica (dominica dies, giorno del Signore), ma col tempo prevalse anche nell’uso cristiano occidentale la tradizione romana (la numerazione determina invece in portoghese e nelle lingue slave i nomi dei giorni della s.).
L’islamismo, che ereditò dalla tradizione giudaico-cristiana la s., numera i giorni da domenica a giovedì, dando nomi particolari solo al venerdì festivo, al-gium‛a («riunione», per il culto) e al sabato, as-sabt (il shabbāt).
S. rossa La seconda s. del giugno 1914, che vide in tutta Italia un’ondata di scioperi e di agitazioni in seguito agli incidenti verificatisi ad Ancona nel corso di una manifestazione antimilitarista, costati la vita a tre dimostranti. Nelle Marche e in Romagna la protesta, guidata da anarchici, repubblicani e socialisti rivoluzionari, assunse carattere insurrezionale. Il movimento, non appoggiato dalla Confederazione generale del lavoro, fu represso dal governo.
S. santa Nella liturgia latina, la principale s. dell’anno liturgico, che ha per scopo la venerazione della Passione di Cristo. La celebrazione è preparata dal periodo di Quaresima (che decorre dal mercoledì delle ceneri fino alla Messa in cena Domini esclusa). La domenica delle palme o della passione del Signore si commemora l’ingresso del Signore in Gerusalemme per portare a compimento il suo mistero pasquale. Lunedì, martedì e mercoledì santi fanno parte del Tempo di Quaresima, con le caratteristiche liturgiche proprie di esso. Il giovedì santo, al mattino, il vescovo concelebra con il suo presbiterio, i sacerdoti rappresentanti le singole vicarie della diocesi, la Messa crismale, durante la quale benedice gli oli santi e consacra il crisma. I sacerdoti che concelebrano con il vescovo possono poi celebrare o concelebrare la Messa vespertina in cena Domini, commemorativa dell’istituzione del sacramento dell’eucarestia. Il venerdì, sabato e domenica di Pasqua costituiscono il Triduo pasquale (➔).