(o presbiterianismo) Sistema di organizzazione ecclesiastica, proprio, in origine, del calvinismo. In opposizione a ogni forma di episcopalismo monarchico o di congregazionalismo democratico, è caratterizzato dalla presenza di laici anziani, in perfetta parità con i ministri del culto, nel consiglio o presbiterio, che costituisce l’autorità locale della Chiesa, con esclusione di ogni gerarchia ecclesiastica. Al di sopra del consiglio locale esiste un sinodo (o colloquio o concistoro), cui è superiore soltanto l’assemblea generale delle Chiese.
Questo sistema, che giustificava la sua origine con la concezione del sacerdozio universale dei fedeli, si formò, sotto la direzione di G. Calvino, a Ginevra come concistoro presieduto da uno dei sindaci della città e composto di 6 pastori e di 12 anziani scelti nei consigli cittadini. Analogamente organizzarono la loro Chiesa i calvinisti francesi (ugonotti) e quelli olandesi (gueux): essi, per la maggior complessità della loro comunità nazionale, disposero un sistema di consigli presbiterali, che dal concistoro locale salivano al ‘colloquio’ cittadino, al sinodo provinciale e a quello nazionale che si riuniva una volta all’anno. Tale organizzazione, conchiusa e perfetta al tempo del Sinodo generale di Poitiers (1560), servì da modello a tutte le chiese presbiteriane.
I presbiteriani d’Inghilterra ebbero la loro guida e il loro organizzatore in T. Cartwright (1535-1603), formatosi a Ginevra e professore a Cambridge, che nel 1572 fondò a Wandsworth (nei pressi di Londra), la prima chiesa presbiteriana del regno d’Inghilterra. Dopo molte traversie, specialmente durante la dittatura di O. Cromwell e i regni di Giacomo II e Carlo II Stuart, i presbiteriani inglesi videro riconosciuta la libertà di culto privato al tempo di Guglielmo III, nel 1689. Tra le Chiese presbiteriane è importante specialmente la Chiesa di Scozia, fondata da J. Knox nel 1560 e organizzata compiutamente da A. Melville (1578) in una lega di Chiese strette da un patto o covenant, giurato la prima volta nel 1581 e rinnovato nel 1638 e nel 1643. Con l’appoggio dei presbiteriani inglesi, quelli di Scozia riuscirono a difendere l’integrità della loro fede (confermata nella conferenza di Westminster, 1643) e la libertà del loro sistema ecclesiastico sia da Cromwell sia dagli Stuart, ottenendo infine ogni garanzia di libertà da Guglielmo III d’Orange (1690). Dopo l’unione dei regni di Scozia e d’Inghilterra (1707), l’introduzione del patronato, con cui si sottraeva la nomina dei ministri della congregazione all’elezione del popolo per attribuirla a proprietari terrieri, condusse a divisioni e scismi, specialmente tra 18° e 19° sec., solo in parte ricomposti agli inizi del sec. successivo.
In Irlanda i presbiteriani hanno avuto rilievo, dalla fine del 16° sec., solo nel Nord dell’isola, e dopo che vi si stabilirono colonie presbiteriane scozzesi e inglesi.
Grande importanza hanno avuto e hanno le Chiese presbiteriane negli USA: traggono origine dai discendenti di emigrati che dal 17° sec. in poi si stabilirono in America, trovandovi rifugio dalle persecuzioni in Europa (ugonotti francesi, arminiani olandesi, presbiteriani di Scozia, Inghilterra, Irlanda ecc.).
Dal punto di vista dottrinale i presbiteriani vanno, a seconda dei gruppi, da un calvinismo di stretta osservanza a un protestantesimo liberale, mentre nel rito sono caratterizzati da una severa nudità dei luoghi di culto, da un’austera pratica devozionale, dal rigoroso rispetto del riposo domenicale (specialmente in Scozia e in Inghilterra). Pur mantenendo le loro differenze dottrinali e rituali, dalla seconda metà del 19° sec., specialmente per l’impulso dei confratelli d’America, i presbiteriani hanno costituito, con la conferenza di Edimburgo (1877), una Panpresbyterian Alliance, che ha riunito vari sinodi generali: questa alleanza pubblica a Londra dal 1885 una rivista, The Quarterly Register, organizza un’attività missionaria ed esercita oggi notevole importanza nei movimenti ecumenici protestanti.