Figlio (n. 382 a. C. circa - m. Ege 336) di Aminta III; negli anni della pubertà fu ostaggio in Tebe dove poté conoscere a fondo gli ordinamenti militari beotici, allora i migliori della Grecia. Nel 359, alla morte del fratello Perdicca III, F. si sbarazzava di altri pretendenti e riusciva a esser nominato tutore del nipote minorenne Aminta, ufficio che rivestì fino al 354 o 353, quando, conculcando il diritto del pupillo, si fece proclamare re. Lottò contro le tendenze disgregatrici interne riducendo all'obbedienza i principati semindipendenti di Elimiotide, Orestide e Lincestide (358); nello stesso tempo assicurava i confini della Macedonia con felici campagne contro Illirî, Tessali, Traci, Peoni. Si procacciò tuttavia l'inimicizia profonda di Atene occupando ora con la frode ora con la violenza piazzeforti marittime ateniesi nel mare Tracio (Anfipoli, Pidna, Potidea, Metone). Nel 354 intervenne nella cosiddetta terza guerra sacra contribuendo in modo decisivo alla lotta contro i Focesi e inserendosi nelle vicende della Grecia centrale: intervento che fu però violentemente osteggiato da Atene e Sparta. Negli anni successivi F. compì spedizioni contro gli Illirî, il re Cerseblepte e distrusse la città di Olinto (348), che aveva ricevuto un tardivo soccorso da Atene; segnò poi (346) con Atene la vantaggiosa pace di Filocrate, la quale gli diede mano libera contro l'ultimo generale focese, Faleco, che fu costretto alla resa. F., che era stato riconosciuto arconte perpetuo dai Tessali e aveva ottenuto due voti nell'anfizionia delfica, era in tal modo saldamente accampato nel cuore della Grecia. La resistenza ateniese, per opera di Demostene e dei suoi amici democratici, si irrigidì: ciò valse a due città alleate di Atene, Perinto e Bisanzio, un assedio da parte dei Macedoni (341-40) e poi l'intervento armato di Filippo contro Atene che, al momento del pericolo, ebbe alleata Tebe. I collegati greci furono battuti a Cheronea (338) e subirono gravi condizioni: tra l'altro Atene dovette rinunciare al Chersoneso tracio mentre Tebe doveva accogliere un presidio macedone. Poi F. entrò nel Peloponneso, ricostituì la lega arcadica e quasi ovunque impose governi oligarchici a lui favorevoli; nel 336 infine convocò a Corinto i delegati degli stati greci (v. corinzio: Lega corinzia), per la costituzione di una federazione panellenica che, sotto la sua egemonia, avrebbe dovuto combattere il nemico avito dei Greci, la Persia. Già 10.000 uomini erano passati in Asia quando Filippo fu ucciso in Ege, vittima di una congiura di palazzo, a soli 46 anni. Fu il più abile, energico e perspicace sovrano macedone, e forse superiore, sotto molti riguardi, al figlio Alessandro Magno; sotto di lui la Macedonia si era evoluta da modesta potenza periferica a grande potenza, ricca di mezzi, con una rinnovata organizzazione militare, con un'estensione territoriale superiore a quella che mai avesse avuto alcuno stato greco. Egli pensò che il togliere la libertà ai Greci potesse essere compensato dalle grandi possibilità economiche che la conquista dell'Asia avrebbe dischiuso alla nazione ellenica, ma l'amore di libertà era così forte nei Greci, che essi, pur seguendo lui e poi Alessandro solo perché domati con la forza, furono sempre pronti a prendere le armi per riscattare la propria autonomia.