Repubblica già appartenente alla Iugoslavia, proclamata indipendente nel 1991. Confina a N con la Slovenia e l’Ungheria, a E con la Serbia, a S con la Bosnia, a O si affaccia all’Adriatico.
Il territorio della Croazia comprende, tra la Drava e la Sava, l’estremo lembo del Bassopiano Pannonico (Slavonia, Podravina e Posavina), a O si innalzano i rilievi calcarei delle Alpi Dinariche, con altipiani carsici strapiombanti sul mare. Lungo la costa appartiene alla Croazia quasi tutta la Dalmazia, comprese le isole prospicienti fino alle Bocche di Cattaro, e gran parte dell’Istria. Principali fiumi sono la Sava e la Drava, affluenti del Danubio; minore importanza hanno i corsi d’acqua che si gettano nell’Adriatico (Zrmanja, Krka, Cetina, Neretva). Il clima è di tipo mediterraneo nella fascia costiera, continentale all’interno. Sugli altopiani è frequente la bora.
La popolazione è costituita prevalentemente da Croati (89,6%), seguiti da Serbi (4,5%) e altre piccole quote di Bosniaci, Italiani, Magiari, Albanesi. Sull’andamento demografico pesano ancora le conseguenze delle vicende attraversate dal paese nel corso degli anni 1990, quando gli effettivi demografici della Croazia hanno subito una progressiva contrazione per due fattori principali: da un lato il modesto saldo naturale della popolazione, a sua volta causato dall’effetto congiunto di un tasso di natalità medio piuttosto basso e di un tasso di mortalità reso relativamente elevato nella prima metà del decennio dalla guerra; dall’altro la fuoriuscita di buona parte della componente serba (12% della popolazione totale della Croazia al censimento del 1991) stanziata nelle regioni della Krajina e della Slavonia orientale, soprattutto dopo l’offensiva croata scatenata nel 1995 per la riconquista di questi territori, secessionisti da Zagabria. Alla fine del 20° sec. solo una modesta parte dei fuoriusciti serbi di Croazia, rifugiati in Serbia e nella Bosnia ed Erzegovina (ca. 300.000 in totale al 1999), ha fatto ritorno alle proprie case, limitata nel suo diritto al rimpatrio dalla politica nazionalista perseguita nel corso degli anni 1990 dal defunto presidente F. Tudjiman. A questi fattori si è aggiunta una sia pur contenuta emigrazione, con flussi orientati verso i paesi dell’Unione Europea. Stabilizzatasi la situazione interna, il tasso di natalità rimane basso (9,3‰ nel 2006, a fronte di un tasso di mortalità dell’11,3‰).
Da segnalare, tra le minoranze etniche della Croazia, la comunità italiana dell’Istria, impegnata in un contenzioso politico con il governo di Zagabria per il pieno riconoscimento della propria autonomia linguistica e culturale.
All’inizio degli anni 1990 la Croazia era, dopo la Slovenia, la più ricca delle Repubbliche della Iugoslavia: contribuiva per un quarto alla produzione del PIL della federazione, e contava su una solida base industriale (siderurgia, metallurgia, chimica, petrolchimica, meccanica, cantieristica, agroalimentare e tessile), un’agricoltura ben sviluppata (mais, frumento, patate, barbabietole, viticoltura), una buona dotazione di risorse minerarie (gas naturale, petrolio, carbone e bauxite) e un florido settore turistico. Successivamente la guerra ha prodotto gravissimi danni, soprattutto nel settore manifatturiero, a causa della distruzione di numerose strutture produttive, e in quello turistico. Alla fine degli anni 1990 quasi il 9% della popolazione croata viveva al di sotto della soglia di povertà.
All’inizio del 2000, il nuovo corso politico croato ha creato le premesse per un rilancio dell’economia basato, oltre che sulla ripresa delle attività industriali (prodotti chimici, macchinari, tessili), su un diffuso allevamento del bestiame (suini, ovini, caprini, bovini), sullo sfruttamento delle risorse forestali nelle zone montuose e soprattutto sullo sviluppo del turismo (8.659.000 ingressi nel 2006). Così la Croazia ha recuperato un rapporto di fiducia con le istituzioni finanziarie internazionali, entrando anche a far parte della WTO, ed è oggi uno dei paesi cardine del piano regionale d’intervento dell’Unione Europea noto come Patto di stabilità per l’Europa sud-orientale (interessata da importanti progetti infrastrutturali – trasporti e telecomunicazioni – per lo sviluppo dell’intera area balcanica). I principali partner commerciali sono l’Italia e la Germania.
Primo polo industriale e nodo delle comunicazioni tra l’Europa centro-orientale e l’Adriatico è la capitale, Zagabria. Fra le altre città di rilievo sono da menzionare Spalato e Fiume, importanti scali portuali, e Osijek, centro industriale.
I Croati, popolazione originaria dell’Iran, si insediarono lungo la Dalmazia, chiamati dall’imperatore bizantino Eraclio, nella prima metà del 7° sec. e dopo poco si convertirono al cristianesimo. Da allora il legame con Roma ebbe sempre significato di individuazione nazionale rispetto a musulmani e Serbi ortodossi. Riconosciuto intorno al 9° sec. il dominio franco, con il re Demetrio Zvonimiro, incoronato nel 1076, la Croazia si inquadrò fra gli Stati dipendenti dalla Santa Sede. Morto Zvonimiro (1089), Ladislao, re di Ungheria, conquistò la Croazia pannonica, mentre il successore Colomanno nel 1102 ottenne quella dalmatica. Da allora Slavonia e Croazia continentale legarono i propri destini all’Ungheria, pur sottostando, dal 1527, alla corona degli Asburgo; la Dalmazia (soggetta dal 1409 a Venezia) e la repubblica ragusea furono annesse all’Austria nel 1797, mentre il Confine militare (Vojna Krajina), cioè la regione di frontiera tra i domini asburgici e quelli ottomani, popolata soprattutto da serbi provenienti dalle regioni soggette all’Impero Ottomano, mantenne uno status privilegiato direttamente dipendente da Vienna fino al 1881 (quando, dopo l’occupazione della Bosnia-Erzegovina da parte dell’Austria nel 1878, fu reincorporata nella Croazia). L’esperienza delle Province Illiriche sotto Napoleone (1809-13) favorì il rinnovamento nazionale che mirò all’unione con Sloveni e Serbi.
Con il crollo dell’Austria nel 1918, nacque un regno unitario slavo meridionale in cui il predominio di Belgrado fu causa di crescenti tensioni, che si aggravarono ulteriormente dopo il colpo di Stato del 1929. Solo nel 1939 fu raggiunto un compromesso che assicurava ampia autonomia alla Croazia. Con l’attacco nazista del 1941, venne proclamato uno Stato indipendente (comprendente anche la Bosnia ed Erzegovina) che il regime fascista degli ustascia tentò di rendere etnicamente ‘puro’, compiendo feroci persecuzioni contro serbi, ebrei, zingari e comunisti. Il movimento partigiano, guidato dal croato Tito, permise il riscatto della Croazia, divenuta nel 1946 una delle 6 repubbliche federate della Iugoslavia. Dopo la repressione di un nuovo movimento nazionalista sviluppatosi nel 1971, la Costituzione del 1974 ampliò l’autonomia della Croazia, ma il risorgere del nazionalismo serbo risvegliò le tendenze separatiste.
Dopo la crisi del regime comunista e il ritorno del pluripartitismo, le elezioni del 1990 videro la vittoria dell’Unione democratica croata (HDZ) di F. Tudjiman, che rilanciò il nazionalismo, fino alla dichiarazione di indipendenza della Croazia nel 1991, cui si oppose la minoranza serba, contraria alla secessione. Le truppe federali iugoslave inviate dal presidente S. Milošević intervennero in Croazia e assunsero il controllo di circa un terzo del territorio (comprendente la Slavonia e la Krajina), dove fu proclamata la Repubblica Serba di Krajina. In seguito alla firma di un cessate il fuoco e al dispiegamento di una forza di interposizione dell’ONU (1992) fra le truppe di Zagabria e quelle serbe di Croazia, l’esercito federale si ritirò. La Croazia fu riconosciuta dall’Unione Europea e ammessa all’ONU. Tudjiman, confermato alla presidenza della Repubblica, avviò un progressivo rafforzamento delle tendenze autoritarie e centralizzatrici, con una forte limitazione della libertà di stampa e una sostanziale riduzione dei poteri delle amministrazioni locali. L’offensiva contro le forze secessioniste delle minoranze portò all’occupazione della Slavonia occidentale e della Krajina, dove rendendosi responsabili di ripetute violazioni dei diritti umani e costringendo la maggior parte della popolazione serba alla fuga le autorità croate realizzarono quasi completamente l’obiettivo di rendere il paese etnicamente omogeneo. L’assetto politico uscì profondamente modificato, dopo la morte di Tudjiman nel 1999, dalle elezioni sia parlamentari sia presidenziali del 2000. Per la prima volta dall’indipendenza la destra nazionalista fu sconfitta dai gruppi dell’opposizione coalizzati attorno ai partiti riformisti di centrosinistra. I. Račan, presidente del partito socialdemocratico, diventò primo ministro con un programma orientato in senso decisamente europeista, di riconciliazione nazionale, di lotta alla corruzione e di riforma democratica delle istituzioni basata sulla limitazione delle prerogative del capo dello Stato a favore del governo e del Parlamento; nelle elezioni presidenziali risultò vincitore S. Mesić, che promosse immediatamente una stretta collaborazione con il Tribunale internazionale dell’Aia per i crimini di guerra nella ex Iugoslavia, segno della volontà della nuova Croazia di porre fine a un decennio di guerre e di nazionalismi, e mostrò chiaramente che l’obiettivo principale della sua presidenza era l’ingresso nell’Unione Europea. L’orientamento europeista fu anche alla base del profondo rinnovamento delle forze di centrodestra avviato all’indomani della morte di Tudjiman e portato avanti da I. Sanader, che nelle elezioni del 2003 guidò l’HDZ alla riconquista della maggioranza parlamentare e subentrò a Račan nella carica di primo ministro. Le presidenziali del 2005 hanno confermato alla presidenza Mesić; nelle legislative del 2007 il partito di Sanader ha ottenuto nuovamente la maggioranza dei voti. Dimessosi Sanader nel luglio 2009, gli è subentrato nella carica di primo ministro J. Kosor. Le presidenziali del 2010, invece, hanno visto il successo del candidato del centrosinistra I. Josipović, anche lui favorevole all'ingresso della Croazia nell'UE. Alle elezioni politiche tenutesi nel dicembre 2011 la coalizione Kukuriku retta dal Partito socialdemocratico ha battuto l’Unione democratica croata della premier uscente Kosor, ottenendo una maggioranza di 81 deputati su 151; guidata dal presidente del Partito socialdemocratico Z. Milanović, la coalizione ha avuto spazi di manovra nel nuovo Parlamento croato per non necessitare dell'appoggio di altri partiti.
Entrata nel 2008 nella NATO, al referendum sull’adesione all’Unione europea tenutosi nel gennaio 2012 i voti favorevoli sono stati il 66,3% contro il 33,1% dei contrari: la Croazia è dunque il ventottesimo Paese della UE dalla data del 1° luglio 2013. Alle prime elezioni europee nella storia della Croazia, tenutesi nell’aprile del 2013, il partito di opposizione di centro-destra Unione democratica croata ha vinto con il 33% delle preferenze, conquistando sei seggi, mentre al Partito socialdemocratico del premier Milanović sono andati il 31,7% dei voti e cinque seggi; l’altro seggio è stato conquistato da una formazione minore di opposizione.
Le consultazioni presidenziali svoltesi nel dicembre 2014 hanno visto l'affermazione di misura del presidente uscente Josipović, che ha ottenuto il 38,5% dei consensi contro il 37,08% aggiudicatosi dal suo principale avversario, la candidata conservatrice ed ex ministro degli Esteri K. Grabar-Kitarović, che al ballottaggio del gennaio successivo ha ricevuto il 50,4% dei voti e gli è subentrata nella carica, prima donna del Paese a ricoprire tale ruolo. La vittoria del centrodestra alle presidenziali ha decrementato i consensi della coalizione di centro-sinistra al governo, come attestato dalle consultazioni legislative del novembre 2015, le prime dopo l'entrata della Croazia nell'Unione europea, in cui la Coalizione patriottica (Domoljubna koalicija) guidata dal partito conservatore HDZ di T. Karamarko ha ottenuto 59 seggi su 151, mentre il blocco di centrosinistra La Croazia cresce (Hrvatska Raste) del premier Milanović è sceso a 56 seggi e il partito centrista Ponte (Most) si è attestato come terza forza politica del Paese (19 seggi). Nel dicembre successivo, dopo l’accordo di coalizione tra l’HDZ e Most, la presidente Grabar-Kitarović ha affidato l’incarico di formare il governo a T. Orešković, che nel gennaio 2016 ha ottenuto la fiducia del Parlamento, riportando il centrodestra al potere dopo quattro anni di opposizione; ma a giugno, a seguito di una crisi aperta da un conflitto interno alla coalizione al potere, il Parlamento ha votato la sfiducia al governo guidato da Orešković e fissato il proprio scioglimento a partire dal 15 luglio, convocando elezioni anticipate per il mese di settembre. Le consultazioni hanno registrato la vittoria dell'HDZ, che ha ottenuto 61 seggi sui 151 totali, mentre ai socialdemocratici di Milanović ne sono andati 54 e al partito Most 13; il mese successivo è subentrato a Orešković nella carica di premier il presidente dell'HDZ A. Plenković, che alle elezioni europee svoltesi nel mese di maggio ha visto una netta conferma dei consensi ottenendo il 22,7% dei voti contro il 18,7% aggiudicatosi dai socialdemocratici. Netta affermazione delle forze di centrosinistra si è registrata anche al primo turno delle elezioni presidenziali del dicembre 2019: l'ex premier Milanović ha ottenuto il 29,5% dei consensi contro il 26,6% della presidente uscente Grabar-Kitarović, che ha sconfitto al ballottaggio svoltosi nel gennaio 2020 ricevendo il 52,7% delle preferenze e subentrandogli nella carica. Nel maggio 2020, su proposta del premier Plenković, il Parlamento si è sciolto; le consultazioni politiche tenutesi nel luglio 2020 hanno confermato al potere l’HDZ del primo ministro, che ha conquistato 66 seggi su 151, mentre la coalizione di centrosinistra, guidata dai Socialdemocratici, si è aggiudicata 41 seggi.
Dal 1° gennaio al 30 giugno 2020 la Croazia ha esercitato la presidenza del Consiglio dell'Unione Europea, e dal gennaio 2023 è entrato nell’Eurozona.
Notevoli le testimonianze del periodo romano e bizantino rimaste in Croazia, dal palazzo di Diocleziano a Spalato alla basilica di Eufrasio (6° sec.) a Parenzo. Nell’8°-10° sec. sorsero numerose piccole chiese (a croce greca con cupola) e al periodo romanico appartengono varie chiese a pianta basilicale, le cattedrali di Arbe, Zara, Traù e, nell’ambito della scultura, le porte lignee (1214) della cattedrale di Spalato di Andrea Buvina e il portale del duomo di Traù (1240) del maestro Radovan. Dalla fine del 13° sec. forme gotiche appaiono nelle chiese francescane di Pola e Parenzo e nella cattedrale di Zagabria. Dalla metā del 15° sec. forme rinascimentali e gotiche si fondono, sotto l’influenza veneziana, nelle realizzazioni di Giorgio da Sebenico a Spalato, Ragusa, Zara e Sebenico. Nel 15° sec. sono attivi anche Luciano e Francesco Laurana, Giovanni da Traù e i pittori G. Schiavone e A. Meldolla. Esemplari dell’architettura barocca sono le chiese di S. Caterina a Zagabria (1620-32) e S. Ignazio di A. Pozzo a Ragusa (1699-1725, danneggiata nel 1991) e, per la pittura, le opere di F. Bencovich e I. Ranger. Nel 19° sec. il classicismo accademico è seguito da una pittura storica legata al risorgimento nazionale (F. Quiquerez, N. Mašić).
V. Bukovac (1855-1922), a capo di una scuola fondata sul colore, introduce in Croazia il modernismo. Tra simbolismo e art déco si pone lo scultore I. Meštrović. Un’arte sempre più impegnata socialmente è rappresentata dal gruppo Zemlja («Terra»), fondato nel 1929 a Zagabria. Nel secondo dopoguerra, più che l’aderenza al realismo socialista, interessanti sono le esperienze d’avanguardia che si sono succedute a partire dagli anni 1950: il gruppo Exat 51 (I. Picelj; V. Richter; A. Srnec ecc.) e Nove Tendencije (il movimento internazionale cui hanno aderito anche V. Bačić, J. Dobrović, M. Sutej); le prime esperienze concettuali svolte a Zagabria tra il 1959 e il 1966 dal gruppo Gorgona (M. Jevsovar, J. Vanista, J. Knifer, D. Seder ecc.). La produzione artistica degli ultimi decenni del 20° sec., presenta analogie con le esperienze internazionali: minimalismo, arte concettuale, body-art, videoarte, anacronismo, multimedialità e installazioni. E. Schubert lavora nell’ambito della neogeometria; T. Gotovac esprime con happening e performance una forte critica sociale; G. Petercol è autore di sculture minimaliste, azioni e installazioni dai significati molteplici; S. Iveković e D. Martinis operano nell’ambito della videoarte; Ž. Kipke, dal cui colto eclettismo formale emerge una matrice surrealista; Z. Vrkljan, autore di sculture in vetro e plastica fusi e di installazioni; I. Deković, autore di installazioni con oggetti di recupero, fotografie, video; M. Kramer, pittrice e scultrice, indaga spazi materiali e mentali; S. Tolj crea installazioni decontestualizzando oggetti legati alla storia e alla cultura della sua città (Ragusa). Tra gli architetti si ricordano B. Megas, D. Posavec, A. Uglešić.
Zagabria rimane il centro culturale e artistico più importante con il Museo d’Arte Moderna, arricchito negli anni 1980 e 1990 da importanti donazioni, come la collezione di opere dell’architetto, urbanista e pittore J. Seissel (1904-1987), che dal 1990 gestisce anche la casa-museo di V. Richter, donata nel 1980 alla città. Altre istituzioni significative, la Galleria d’Arte Moderna di Fiume e il Museo d’Arte Moderna di Ragusa, che dal 1995 ospita anche la biennale d’arte contemporanea Incontri Mediterranei (Mediteranski Susreti). Si deve anche ricordare la scuola di arte naïve, attiva dopo la Seconda guerra mondiale a Hlebine.
Per la lingua e la letteratura croata ➔ serbocroato.