Uomo politico serbo (Pozarevac 1941 - L'Aia, Paesi Bassi, 2006). Dal 1959 membro della Lega dei comunisti di Iugoslavia, fu presidente del comitato cittadino del partito a Belgrado (1984-86) e presidente del partito della repubblica serba dal 1986 al 1988. Presidente dell'organo collegiale di Presidenza della Serbia dal maggio 1989, poi eletto presidente unico nel 1990 e riconfermato nel 1992, fu uno dei massimi esponenti del rinascente nazionalismo serbo che, accompagnato da orientamenti analoghi nelle altre repubbliche iugoslave, portò allo scoppio della guerra civile (1991). Con la formazione (luglio 1990) del Partito socialista serbo, in seguito alla fusione del partito comunista della repubblica serba con formazioni politicamente vicine, M. ne divenne presidente. Dopo aver militarmente sostenuto i Serbi di Croazia e di Bosnia (questi ultimi, soprattutto, responsabili di innumerevoli massacri di civili e militari), a partire dal 1993 ridusse progressivamente tale appoggio e nel 1995 firmò gli accordi di pace di Dayton (Ohio) per la Bosnia ed Erzegovina. Pur venendo fortemente contestato per il suo autoritarismo (in particolare un movimento di protesta si sviluppò nel dic. 1996-febbr. 1997), e mentre cresceva la condanna nei confronti del suo operato da parte della comunità internazionale, M. mantenne saldamente il potere e, in vista della scadenza del suo mandato, non essendo consentito dalla Costituzione serba un terzo rinnovo, si candidò come presidente della Iugoslavia, carica alla quale venne eletto nel luglio 1997. Il 1997 fece registrare l'inasprirsi delle tensioni tra Albanesi e Serbi in Kosovo e l'apertura di un nuovo grave fronte di crisi che M. stesso aveva contribuito a creare sin dalla fine degli anni Ottanta, fomentando il nazionalismo dei Serbi del Kosovo e cancellando, già dal 1990, l'autonomia del Kosovo, provocando la chiusura di scuole, università, servizi sociali e sanitari gestiti dagli Albanesi. Dopo un primo ultimatum lanciato al presidente M. dalla NATO nel settembre 1998, per la cessazione delle ostilità in Kosovo, il 24 marzo 1999, fallite tutte le mediazioni internazionali, iniziarono i bombardamenti della NATO in Iugoslavia e il 27 maggio il Tribunale penale internazionale dell'Aia, istituito dall'ONU per giudicare i criminali di guerra della ex Iugoslavia, annunciò l'incriminazione di M. per reati contro l'umanità commessi nei confronti della popolazione albanese del Kosovo (deportazioni in massa, eccidi, distruzioni). Nei primi giorni di giugno, dopo aver accettato il piano di pace elaborato dai paesi del G8, M. ordinò il ritiro delle truppe serbe dal Kosovo. Nel settembre 2000, in un clima di grave incertezza e tensione, si svolsero in Iugoslavia le elezioni legislative, presidenziali e amministrative, le prime che vedevano a rischio la riconferma di M., cui si opponeva V. Koštunica, leader del Partito democratico serbo, candidato di Opposizione democratica serba, una coalizione di 18 partiti. In un clima avvelenato dai brogli elettorali del regime, il primo turno vide nettamente in testa Koštunica, secondo l'opposizione e anche alcune agenzie indipendenti di monitoraggio con oltre il 50% dei voti, secondo la Commissione elettorale federale con poco più del 48%, risultato che rendeva necessario lo svolgimento del secondo turno. La denuncia di truffa lanciata da Koštunica, lo sciopero generale proclamato dall'opposizione e soprattutto le pressioni incalzanti della comunità internazionale e le proteste di piazza dei manifestanti, che il 5 ottobre occuparono a Belgrado il parlamento e la sede della televisione di Stato e di alcuni giornali, costrinsero M. ad ammettere la sconfitta (6 ottobre). Il giorno successivo il nuovo presidente Koštunica giurò di fronte al Parlamento. In un mutato contesto interno, che vedeva l'Opposizione democratica serba maggioritaria in parlamento (elezioni del dicembre 2000), e dopo nuovi sviluppi nelle indagini di polizia sugli abusi di potere, nonché sui presunti arricchimenti illeciti dell'ex presidente, questi veniva arrestato all'alba del 1° aprile 2001. Alla fine di giugno 2001, su iniziativa del solo governo serbo, presieduto da Z. Djindjić, M. veniva consegnato al Tribunale penale internazionale dell'Aia. Il suo trasferimento aprì una crisi politica nel paese, portando alle dimissioni del primo ministro federale Z. Žižić ed evidenziando contrasti e malumori all'interno dell'alleanza politica che sosteneva il presidente Koštunica. Il processo a M. per genocidio e crimini contro l'umanità si apriva all'Aia il 12 febbraio 2002: 32 erano i capi d'accusa contestati all'ex presidente jugoslavo per la guerra in Croazia, 29 per la Bosnia e 5 per il Kosovo. L'11 marzo 2006 M. fu trovato morto nella sua cella, mentre era ancora in attesa di giudizio.