Cattaneo, Carlo
, Il C. (Milano 1801 - Castagnola, Lugano 1869) si occupò espressamente di D. una sola volta, nel 1839, recensendo sul " Politecnico " la Vita di D. di Cesare Balbo. Le non molte pagine rappresentano nella critica dantesca dell'Ottocento il giusto ed equilibrato correttivo delle interpretazioni neo-guelfe e della loro matrice romantica, pur evitando le strettoie di un'interpretazione neo-ghibellina, la cui ascendenza era anch'essa la spiritualità del Romanticismo. Non è pertanto convincente il collocarle, com'è stato talora fatto, fra gli scritti danteschi d'ispirazione radicale e anticattolica, quali i saggi del Foscolo e del Mazzini.
Pur riconoscendo al Balbo " gusto di poesia " e " delicatezza di sentire ", il C. ne censura lo spirito di parte, da cui nasce lo " strano proposito di rappresentar Dante come Dante non fu ". A base della Vita, infatti, vi sono due supposizioni inaccettabili: che la Commedia, perché dettata da passioni civili e religiose, possa avere anche a distanza di secoli un'efficacia civile e religiosa; che le fazioni contemporanee possano " riguardarsi come raffigurate in quelle del tempo di Dante ". Il Balbo, che si professa guelfo, ritiene guelfo D. e nella Parte guelfa vede la Parte nazionale d'Italia. Ma com'è possibile - obietta il C. - parlare di spirito nazionale, quando i ghibellini invocavano Enrico di Lussemburgo e i guelfi Carlo di Francia? Tre elementi, a suo parere, costituiscono il principio ghibellino: beni feudali, unità imperiale in tutta Italia, avversione alla Chiesa; e tre elementi il principio guelfo: beni mercantili, repubbliche municipali, avversione all'Impero. È pertanto falso dire guelfo D., che aborriva mercatura e banca, irrideva ai nuovi ricchi, serbava in cuore una simpatia nostalgica per gli usi cavallereschi e le virtù dell'antica nobiltà feudale. Più antistorico e contradittorio è parlare di guelfi e ghibellini moderni. Non si potrà dire guelfa una nazione fondata esclusivamente sull'agricoltura, che guarda al commercio e all'industria come ad attività marginali, nella quale chi possiede cento scudi aspira a divenire proprietario terriero. Infine, nel libro del Balbo il C. scorge come una continua preoccupazione: che D. possa accendere delle sue fiere passioni l'età moderna. In realtà le invettive del poeta contro Firenze, o contro Genova, o contro i pontefici, i suoi giudizi con cui redime o condanna per l'eternità, le sue attese e i suoi sdegni sono cose che non ci interessano più se non come opera d'arte: " Noi ascoltiamo con quieta meraviglia quella maschia eloquenza, che sgorga improvvisa dal mezzo d'una nazione novella e quasi balbettante, come guardiamo con quieta meraviglia le lave fiammeggianti d'un Vesuvio dipinto ".
Oltre questo saggio, che per il calore pacato e l'equilibrio, in cui si fondono lucidità illuministica e vigile senso storico, è stato ritenuto uno dei più belli del C., non potremo indicare che sparsi e incidentali accenni a Dante. Nello scritto Dell'uso dei nuovi toscanesimi si avverte che chiamare D. padre e modello della lingua italiana significa guardare " alla qualità generale e dominante del suo stile ", non certo proporre l'imitazione di tutto il suo lessico; nel saggio su Foscolo ne è ricostruita in efficace sintesi l'attività di dantista; in argute pagine occasionate dalla traduzione di una satira di Orazio in dialetto milanese fatta da Giovanni Raiberti (" Politecnico " 1839), D. è definito " l'ideale della maldicenza " e il primato dei Fiorentini sugli altri Italiani è attribuito alla " spaventevole pubblicità d'una satira ch'era intesa da un capo all'altro della penisola ": primato che i Fiorentini persero " dopo che il duca Cosimo insegnò loro a parlar sempre bene di tutto ".
Bibl. - C. Cattaneo, Opere edile ed inedite, raccolte e ordinate a c. di A. Bertani, Firenze 1881-1892 (i voll. I e II comprendenti gli Scritti letterari, artistici e vari sono stati riediti nel 1948); Scritti filosofici letterari e vari, a c. di F. ALEssio, ibid. 1957; Scritti critici, a c. di M. Fubini, ibid. 1954. La bibl. sul C., anche sul solo aspetto della sua attività di critico letterario, è molto vasta. Ci limitiamo a segnalare: V. OsiMo, Gli scritti letterari di C. C., Palermo 1901; F. Momigliano, La critica letteraria di C. C., in " Nuova Antologia " 1 sett. 1912; B. Croce, Storia della storiografia italiana nel sec. XIX, I, Bari 19473, 212-220; M. Fubini, Introduzione alla lettura del C. e Gli scritti letterari di C. C., in Romanticismo italiano, Bari 19653; S. Romagnoli, C. C., in Letteratura italiana. I minori, III, Milano 1961, 2509-2569.