MARIO, Alberto
Patriota e scrittore, nato a Lendinara il giugno 1825, morto ivi il 2 giugno 1883. Nel novembre del 1844 andò a Padova per frequentare i corsi universitarî di matematica, poi quelli di legge, e fin d'allora fu tenuto d'occhio dalla polizia austriaca per le sue idee liberali. Partecipe alla dimostrazione univertaria dell'8 febbraio 1848 che fu violentemente repressa, dovette rifugiarsi a Bologna, dove continuò gli studî fino a quando, avvenute le Cinque giornate, e dichiarata la guerra all'Austria, partecipò alla campagna del Veneto, e, dopo la resa di Vicenza (10 giugno 1848), andò a Milano, dove conobbe il Mazzini. Dopo i rovesci dell'agosto, si rifugiò a Genova, poi a Firenze, a Bologna (maggio 1849), partecipando alla difesa contro gli Austriaci, di nuovo a Genova, dove collaborò all'Italia e Popolo e rimase fino al 1858 in assidua relazione con gli esuli colà riparati. Fu addentro ai preparativi della spedizione di Sapri del giugno 1857 e al tentativo mazziniano d'impadronirsi di due forti di Genova. Arrestato e rinchiuso nelle carceri di Sant'Andrea insieme con la fidanzata Jessie, ardente mazziniana e pur essa partecipe ai preparativi della spedizione di Sapri, furono entrambi liberati pochi mesi dopo, ma espulsi dal Piemonte. Andarono insieme in Inghilterra e si sposarono a Portsmouth, dove dimoravano i genitori della Jessie. A Londra rividero il Mazzini, dal quale accettarono di tenere una serie di conferenze negli Stati Uniti, a favore del partito d'azione. Prima di recarvisi, il M. collaborò attivamente al periodico Pensiero e Azione e vi scrisse buoni articoli sul Foscolo. Tornati insieme in Italia nel luglio del 1859, alla notizia che il padre era gravemente ammalato (morì poi nel dicembre successivo) e sua sorella arrestata, A. Mario corse con la moglie nel Polesine: ma a Pontelagoscuro furono ambedue arrestati e condotti a Bologna. Liberati, a condizione imposta dal governatore Leonetto Cipriani che lasciassero la Romagna, esularono a Lugano, dove il M. attese alla direzione del Pensiero e Azione affidatagli dal Mazzini.
Intanto le idee politiche di lui si erano sensibilmente modificate: pur devoto a Mazzini e all'idea repubblicana, aveva mostrato di accedere al federalismo del Cattaneo e nel settembre del 1859 aveva scritto quattro articoli per sostenere che gl'Italiani dovevano correre all'armi "francamente e lealmente, duce Vittorio Emanuele". Sfrattati dalla Svizzera nell'aprile del 1860, Alberto e Jessie Mario poterono penetrare nascostamente in Genova. Non presero parte alla spedizione dei Mille: ma s'imbarcarono con quella comandata da G. Medici. A. Mario ebbe da Garibaldi l'incarico di fondare una specie di collegio militare a Palermo; Jessie M. quello di dirigere un ospedale per feriti. Il M. fu dei 210 che sbarcarono primi in Calabria e seguì Garibaldi nella marcia trionfale sino a Napoli. Nel 1863, Alberto fu eletto deputato di Modica, ma non accettò il mandato parlamentare. Avendo ottenuto di poter dimorare a Firenze, collaborò alla Nuova Europa (1861-1864) e nel 1866 riprese le armi fra i volontarî garibaldini. Accompagnò Garibaldi a Ginevra per il congresso della pace (settembre 1867), ma non lo seguì a Mentana, disapprovando quell'impresa. Negli ultimi anni attese al giornalismo. Diresse la Provincia (1880) di Mantova, la Rivista repubblicana, infine La Lega della democrazia (1880-1883). Scrisse, pure in quegli anni, La mente di Carlo Cattaneo, Firenze 1870; Camicia Rossa, Milano 1875; Garibaldi, Genova 1879; Teste e figure, Padova 1877.
La vedova ne raccolse insieme con Carducci gli sparsi scritti politici e letterarî e di lui stese una diligente biografia (Scritti letterari e artistici scelti e curati da G. Carducci, Bologna 1884, e Scritti politici scelti e curati da G. Carducci, Bologna 1901).
Bibl.: G. Cimegotto, A. M. Luci e rifl. d. vita ed op., Roma 1925.