NOTA, Alberto
NOTA, Alberto. – Discendente da un’antica e prestigiosa famiglia, originaria della città, nacque a Torino il 14 novembre 1775, da Ignazio e da Luigia Allioni.
Fra gli antenati, il trisavolo Cesare Nota era stato controllore ducale e aveva ottenuto lo stemma nobiliare, mentre il nonno Giovanni era stato tesoriere della Compagnia San Paolo, incarico che lasciò al figlio. Ignazio sposò Luigia, sorella del celebre botanico Carlo Allioni, professore nell’Università di Torino, il 24 settembre 1766.
Mentre il padre, terminato nel 1783 il suo mandato di tesoriere, sperperava, a causa della sua prodigalità, il patrimonio familiare, la madre, donna saggia e colta, si occupò personalmente dell’educazione dei tre figli, trasmettendo loro l’interesse per lo studio, in particolare ad Alberto, che, sin da bambino, si appassionò alle commedie di Goldoni (che una zia faceva recitare ai nipotini); imparò dalla madre anche il francese, esercitandosi nella lettura di Molière. Nel teatrino di marionette di casa, insieme con i fratelli, rappresentò, adattandoli, i testi di Goldoni e di Molière; a 10 anni compose un suo dramma, da interpretare in famiglia, mentre a 14 anni scrisse la sua prima commedia.
Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza, si laureò a soli 18 anni; nominato poco dopo volontario nell’ufficio dell’avvocato generale presso il Senato di Torino, divenne poi procuratore generale presso la corte criminale in un momento storico delicato: Napoleone sconfiggeva i Piemontesi a Millesimo e Mondovì e, dopo l’armistizio di Cherasco (1796), il Piemonte e la Savoia entravano a far parte della Repubblica francese mentre la famiglia Savoia si rifugiava in Sardegna.
Pur dedicandosi con scrupolo alla carriera pubblica, non abbandonò l’interesse per il teatro e, nel 1801, recitando in una compagnia di filodrammatici, conobbe la giovane attrice Adelaide Canova che sposò nel 1806 e dalla quale ebbe tre figli: Carlo, Giuseppina e Luigia. A causa del comportamento poco consono ai doveri coniugali di Adelaide, il matrimonio si interruppe dopo nove anni. Nota lottò, a lungo e inutilmente, per ottenere l’affidamento dei figli, con i quali mantenne comunque buoni rapporti epistolari e personali, in particolare con Carlo. Conforto alle vicende familiari e alla routine del lavoro gli derivò dallo scrivere commedie e vederle poi rappresentate con successo e pubblicate.
Le sue prime opere (L’oppressore e l’oppresso, Adelaide e Federico, I Signori di Gange, Il sindacato di medicina, La duchessa de la Vallière) vennero rappresentate nel 1804-05 dalle compagnie di Andrea Bianchi e di Gaetana Goldoni; ma la vera affermazione teatrale prese vita dal sodalizio con Salvatore Fabbrichesi, capocomico della Vicereale italiana, sorta nell’agosto 1807 con il finanziamento del viceré Eugenio Beauharnais. Le commedie di Nota rientrarono nella riforma del teatro ideata da Fabbrichesi per migliorare i repertori e la recitazione, e, grazie al costante successo della Vicereale, divennero molto richieste, specialmente I primi passi al malcostume (1808), Il nuovo ricco (1809), L’Atrabiliare (1812) e L’ammalato per immaginazione (1813). Nota si era allontanato gradualmente dalla meccanicità degli intrecci e dal linguaggio convenzionale delle pièces larmoyantes in auge allora, cui si era prima ispirato, dedicandosi, su modello di Goldoni e Molière, alla rappresentazione della realtà contemporanea.
Divenuto famoso per l’attività teatrale, dal 1810 si recò spesso a Milano, dove allacciò amicizie per lui fondamentali con Ugo Foscolo, Vincenzo Monti, il conte Giovanni Paradisi, e nel 1811 fu nominato sostituto al procuratore imperiale del tribunale di Vercelli. Dopo la caduta di Napoleone e il ritorno della Casa sabauda dalla Sardegna, con Vittorio Emanuele I, mutò il suo incarico in avvocato dei poveri nel R. Senato (1816), mentre lavorava alacremente a La lusinghiera, con la speranza che la fama gli procurasse anche un avanzamento professionale.
La speranza si avverò nel novembre 1817, quando il principe di Carignano Carlo Alberto lo chiamò presso di sé come segretario personale e bibliotecario, proprio per la sua reputazione di scrittore; infatti era considerato dai contemporanei il ‘Terenzio piemontese’ per la raffinatezza dello stile e l’attenzione alla psicologia dei personaggi (Brofferio, 1859, p. 25). Al cospetto del principe e della consorte Maria Teresa, rappresentò con grande successo, il 12 gennaio 1818, con la compagnia di Carlotta Marchionni, La lusinghiera. Nel maggio successivo Carlo Alberto lo condusse con sé nella villa di Racconigi, dove intensificò lo studio della letteratura italiana, ma in giugno lo licenziò improvvisamente e inspiegabilmente mentre si accingeva a partire con lui per Dresda.
La causa del licenziamento potrebbe essere ricondotta a una presunta relazione di Nota con una cameriera della principessa, cara anche a Carlo Alberto; altri probabili motivi potrebbero essere stati la gelosia nei confronti del principe degli altri cortigiani, tra cui il potente conte di Saluzzo, o i contatti, favoriti da Nota, con liberali italiani come Luigi Ornato, Santorre Santarosa e Luigi Provana coi quali Carlo Alberto tenne rapporti ambigui.
Da allora non poté più lavorare a Torino, anche se la stima del principe per lui non dovette venir meno (tanto che, salito al trono Carlo Alberto nel 1831, fu insignito con la croce di cavaliere dell’Ordine civile di Savoia il 7 gennaio 1832, e quindi del titolo di barone, il 21 marzo 1838). Nel novembre 1818 fu nominato sottintendente generale a Nizza, incarico che, mutato dal 1820 nel grado di intendente, ricoprì fino alla morte in diverse città dimostrando serietà e determinazione nel risolvere questioni spesso delicate e continuando contemporaneamente a comporre commedie per la scena, via via accolte in prestigiose edizioni (fra cui: Commedie di A. N., I-IV, Torino 1818 e Milano 1821 [3ª ed.], Teatro comico dell’avv. A. N., I-V, Livorno 1821-22, Commedie di A. N.: prima veneta edizione, I-VIII, Venezia 1824-27).
Nel periodo 1817-28 creò opere originali nel contenuto e accurate linguisticamente; introdusse anche un nuovo tipo di personaggio, il raisonneur, che, in parte estraneo all’intreccio, era incaricato di esporre il commento morale alla vicenda con l’intento di commuovere ed educare gli spettatori. Sostituì i caratteri stereotipati con personaggi rappresentanti tipologie sociali: professioni, ruoli familiari, condizioni materiali (l’arricchito, l’aristocratico decaduto), uomini comuni, nei quali il pubblico poteva facilmente identificarsi. Incentrò le commedie su temi d’attualità, creando, tra i primi in Italia, esempi di dramma borghese: le condizioni delle carceri (Il prigioniero e l’incognita), la sanità (Il diadema), i matrimoni combinati (Alessina, La novella sposa), le cattive usanze del tribunale (I litiganti), le ambizioni e le rivalità nelle compagnie comiche (I dilettanti comici), i favoritismi nelle scuole (Natalina), le manie dei letterati e l’abitudine di frequentare gabinetti di lettura (Il viaggiatore), le trasformazioni e le tensioni della nuova famiglia borghese (La pace domestica). Creò così la ‘commedia seria’, equidistante dalla tragedia e dalla commedia ‘buffa’, fondata su fatti e conflitti legati alla vita quotidiana dell’uomo medio (Ragionamento sul presente dramma [Tasso], pubbl. in Camaldo, 2001, p. 307).
Le commedie di Nota entrarono nel repertorio della compagnia fondata con il nome di Reale Compagnia drammatica al servizio di S.M., meglio nota come Reale Sarda, che, diretta dal capocomico Gaetano Bazzi, debuttò il 29 aprile 1821 al teatro Carignano di Torino proprio con L’Atrabiliare. Altro trionfo della Reale Sarda fu il 17 giugno 1826 La fiera (composta nel 1817): la direzione dei teatri offrì all’autore una scatola d’oro smaltato e un medaglione su cui era miniata Talia che incideva il nome di Nota, dopo quello di Goldoni.
Altri successi si verificarono all’estero: La donna ambiziosa andò in scena a Mosca per l’incoronazione dello zar Nicola, altre commedie vennero rappresentate all’Avana in spagnolo, altre vennero tradotte e stampate a Parigi, dove Nota si era recato e aveva conosciuto Alphonse de Lamartine; in Prussia, il sovrano gli conferì l’onorificenza tedesca della croce dell’Aquila nera e in Grecia il re Ottone la croce di cavaliere.
Trasferito da Nizza all’Intendenza di Bobbio e poi a quella di Sanremo (1823), fu tra i promotori della vaccinazione di Jenner contro il vaiolo, caldeggiò la costruzione di una strada litoranea per collegare Nizza alle città della Riviera ligure, fece costruire un acquedotto per la città. In seguito affrontò i disastri di un grave terremoto e, per i meriti conseguiti, fu trasferito a Pinerolo, più vicina a Torino, e poi a Casale Monferrato che, con la costruzione di una sede del nuovo Senato della Magistratura, era diventata la seconda città del Piemonte. Nel 1840 nominato intendente generale della provincia di Cuneo e di Mondovì, promosse l’utilizzo delle acque terapeutiche di Valdieri, per attrezzare le terme.
Altre soddisfazioni gli derivarono da prestigiosi riconoscimenti: a Firenze strinse nuove importanti amicizie con Pietro Giordani, Giampietro Vieusseux, Gian Battista Niccolini, conobbe Giacomo Leopardi, fu ricevuto dal granduca Leopoldo II, venne nominato membro dell’Accademia della Crusca (1828) cui, per volontà testamentarie, lasciò i manoscritti di alcune commedie inedite (ora pubbl.; Camaldo, 2001); nel 1829 a Lucca i Filodrammatici gli intitolarono il ricostruito teatro, nel 1832 divenne accademico dell’Arcadia.
Nel 1842-43 curò l’edizione definitiva del suo teatro, dedicata al re Carlo Alberto, e contenente 32 commedie, precedentemente pubblicate sia singolarmente sia in raccolte italiane e straniere, pur proseguendo nella produzione di nuovi testi (I bagni, L’osteria del Caval bianco) ispirati agli artifici teatrali della pièce bien faite di Eugène Scribe.
Durante le ferie pasquali del 1847 fece ritorno a Torino, dove la Reale Sarda stava replicando Educazione e natura. Dopo aver assistito a una rappresentazione della commedia, ritornato a casa e colto da un improvviso malore, morì la sera del 18 aprile 1847.
Opere: Teatro comico di A. N., I-VIII, Torino 1842-43; Il viaggiatore, in Primafila, 1996, n. 23, pp. 105-126; otto commedie inedite, in Camaldo, 2001, pp. 313-627.
Fonti e Bibl.: A. Brofferio, I miei tempi, Torino 1859, IX, pp. 79-147; X, pp. 178-191; A. Fassini, A. N. e la commedia italiana nella prima metà del sec. XIX, Torino 1872; F. Baumann, A. N.: eine Quellenstudie, Erlagen 1907; O. Allocco-Castellino, A. N.Ricerche intorno la vita e le commedie con lettere inedite, ritratti ed appendice, Torino 1912; F. Sanesi, A. N., in La Commedia, II, Milano 1944, pp. 496-504; M. Apollonio, N., in Storia del teatro italiano. Il teatro dell’età romantica, Firenze 1950, pp. 98-103; G. Pullini, Goldoni nel teatro dell’Ottocento, in Teatro italiano fra due secoli (1850-1950), Firenze 1959, pp. 29-49; S. Ferrone, Introduzione, in Il teatro italiano - La commedia e il dramma borghese dell’Ottocento, Torino 1979, V, 1, pp. VII-LXIV; O. Guerrieri - P.Triverio - C. Viscomi, in Primafila, 1996, cit., pp. 103 s., 127 s.; A. Camaldo, A. N., drammaturgo (con il testo di otto commedie inedite), Roma 2001.