PARIANI, Alberto
– Nacque a Milano il 27 dicembre 1876 da Ida Pariani e da padre ignoto.
La madre, ben presto maritatasi, si trasferì in Argentina, mentre il padre, di elevato rango sociale e di notevole influenza (forse un membro della casa reale), si occupò a distanza dell'educazione del figlio.
Dopo aver trascorso l’infanzia in vari istituti lombardi, il giovane Pariani, nonostante la nascita illegittima, fu ammesso nel 1889 al Collegio militare di Milano e nel 1896 alla Scuola militare di Modena. Uscito dalla Scuola nel 1898 come primo del suo corso, Pariani fu destinato, come sottotenente, al 6° reggimento alpini.
Promosso tenente nel giugno 1902, fu ammesso nell’ottobre 1907 alla Scuola di guerra di Torino per frequentarvi il corso di Stato maggiore che completò nel 1910. Nominato a scelta capitano nell'ottobre dello stesso anno e assegnato al 1° reggimento alpini, prestò poi servizio di stato maggiore al comando del V corpo d’armata.
Il 27 settembre 1911 sposò a Milano la cugina, Giselda Pariani, dalla quale non ebbe figli.
Rientrato a fine novembre del 1913 al 1° reggimento alpini, partì nel maggio del 1915 per il fronte, transitando poi, da metà settembre, nel corpo di Stato maggiore. Ottenuta la qualifica di primo capitano in ottobre, fu promosso maggiore nel dicembre 1915. Nel corso dell’offensiva austriaca del maggio 1916, quando era capo di Stato maggiore del V corpo d'armata, guidò personalmente al fuoco reparti di rincalzo nella zona del Pasubio, meritando una medaglia d’argento. Fu successivamente capo di Stato maggiore del XXVIII corpo d’armata, dopo aver ottenuto la promozione a tenente colonnello a fine febbraio 1917. Nei giorni successivi alla battaglia di Caporetto (ottobre 1917) ebbe le funzioni di capo di Stato maggiore del Gruppo centro della 2ª armata, riuscendo perfettamente nel compito di portare le truppe sulla nuova linea di resistenza. Sciolto il Gruppo centro, dopo un periodo al XXIII corpo d’armata, Pariani fu assegnato, come sottocapo di Stato maggiore, al comando truppe alpine. Distintosi nella riconquista del monte Valbella, meritò una seconda medaglia d’argento e fu promosso colonnello nel gennaio 1918. Dal 1° marzo venne assegnato, come capo ufficio operazioni, alla 6ª armata, contribuendo all’arresto dell’offensiva austriaca sull’altopiano dei Sette Comuni nel giugno 1918.
La croce di cavaliere dell’Ordine militare di Savoia, conferitagli nel settembre, fu il riconoscimento dei suoi meriti durante i tre anni di guerra, che ebbero la loro conclusione con la sua partecipazione, in qualità di plenipotenziario, alla firma dell’armistizio di Villa Giusti il 3 novembre 1918; armistizio le cui condizioni erano state studiate da Pariani nei mesi precedenti, allorché era stato destinato al comando supremo.
Il 15 febbraio 1919 fu nominato capo della sezione militare della missione italiana alla Conferenza di pace a Parigi, per essere destinato, il 1° novembre, alla commissione incaricata della delimitazione del nuovo confine italo-austriaco, compito che lo tenne impegnato fino al novembre 1924. La sua relazione formò nel 1928 il primo dei due volumi (Delimitazione del confine italo-austriaco) pubblicati a Firenze dall’Istituto geografico militare.
Rientrato a Roma, fu nominato capo ufficio operazioni del comando del corpo di Stato maggiore, incarico che mantenne dall'agosto 1925 al gennaio 1927, quando fu inviato al comando del 6° reggimento alpini, dove si trattenne pochi mesi essendo stato destinato, a fine aprile, a Tirana come addetto militare presso la corte di re Zog, che desiderava riorganizzare l’esercito albanese.
Pariani realizzò la missione affidatagli con piena soddisfazione sia di re Zog, che il 9 marzo 1929 lo aveva nominato capo del Dipartimento militare presso la Corte reale, sia del governo italiano, che lo promosse generale di brigata per meriti eccezionali nel gennaio 1929 e generale di divisione nel novembre 1932.
Il 12 giugno 1933 fece ritorno in Italia, dove nel luglio fu nominato comandante della divisione militare territoriale di Bolzano e membro del Consiglio dell’esercito. Nel luglio 1934, quando il tentativo nazista di presa del potere a Vienna portò all’assassinio del cancelliere Engelbert Dollfuss, Pariani, dietro ordini di Roma, mobilitò e schierò prontamente sulla frontiera la sua divisione, contribuendo così a mostrare tangibilmente le intenzioni contrarie del governo italiano. Il 6 settembre 1934, la promozione a generale di corpo d’armata per meriti speciali premiò l'efficienza del suo tempismo, insieme alla nomina a sottocapo di Stato maggiore. Incarico, questo, che resse fino all’ottobre 1936 con amplissimi poteri – di cui si avvalse per l’organizzazione, in particolare logistica, della campagna d’Etiopia – essendo il capo di Stato maggiore, Federico Baistrocchi, contemporaneamente anche ministro della Guerra.
Il 7 ottobre 1936 Pariani subentrò a Baistrocchi, poco propenso all’intervento italiano nella guerra civile spagnola, come capo di Stato maggiore, venendo anche nominato sottosegretario di Stato alla Guerra, ministero che era stato assunto ad interim dallo stesso Mussolini.
L’opera di Pariani nel triennio successivo è stata prevalentemente giudicata in maniera critica, soprattutto perché, anche per l’inadeguatezza dei bilanci, non riuscì a tradurre in pratica i suoi propositi in campo tattico, strategico e ordinamentale. Se la guerra di Spagna sembrò avvalorare le concezioni tattico-strategiche di Pariani, lo stesso non poté dirsi, appena un mese dopo la sua conclusione, nell’aprile 1939, dell’occupazione dell’Albania. L’operazione, approntata in tutta fretta, riuscì nel suo intento nel giro di due giorni, soprattutto grazie all'organizzazione politica dell’impresa, al dominio dell’aria e alla debolezza avversaria, ma rivelò l’approssimativa logistica e l’impreparazione del corpo di spedizione.
La distanza che separava le concezioni belliche di Pariani dagli strumenti di cui disponeva si stava mostrando anche agli occhi di politici come il ministro degli Affari esteri Galeazzo Ciano, che pure lo aveva appoggiato, e del ministro dell'Educazione nazionale Giuseppe Bottai oltre che, oramai, dello stesso Mussolini. Quest’ultimo, infatti, aveva deciso di sostituirlo, nonostante a fine luglio 1939 gli avesse fatto ottenere, per l’opera complessivamente svolta come capo di Stato maggiore, la nomina a grande ufficiale dell’Ordine militare di Savoia.
Pariani cessò dagli incarichi il 3 novembre 1939 e si ritirò nella sua villa di Malcesine, in provincia di Verona. Negli anni successivi non gli fu proposto alcun incarico, né egli ne sollecitò, venendo collocato fuori quadro nel dicembre 1940 e, infine, trasferito nella riserva il 27 dicembre 1942 per raggiunti limiti di età.
Dalla riserva fu richiamato per la difficile situazione politico-militare dell’Albania, dove la sfavorevole evoluzione del conflitto stava rafforzando la resistenza armata locale. Fu lo stesso Mussolini a pensare a Pariani come alla persona più adatta a fronteggiare la situazione. Alla proposta di esser nominato luogotenente generale del re a Tirana egli rispose il 7 marzo 1943 dichiarandosi disponibile e il 17 marzo prese possesso della carica. I suoi progetti di rinnovamento non fecero, tuttavia, in tempo a essere attuati. Con il crollo del regime fascista, inoltre, si profilò per lui un nuovo incarico.
Per dimostrare alla Germania nazista che la caduta di Mussolini non implicava modifiche all’alleanza, Pariani, i cui precedenti rapporti con i tedeschi erano stati molto buoni, fu designato come ambasciatore a Berlino. Nella mattinata dell’8 settembre 1943 venne ricevuto dal re, che gli diede istruzioni circa la sua nuova missione, senza tuttavia comunicargli l’avvenuta firma dell’armistizio, di cui Pariani ebbe notizia la sera attraverso la radio. Rimase a Roma mettendosi a disposizione del maresciallo Enrico Caviglia. Non ebbe alcun incarico e tornò a Malcesine. Si iscrisse al Partito fascista repubblicano e si pose agli ordini del maresciallo Rodolfo Graziani, sempre senza essere utilizzato. Attaccato dal periodico cremonese Il Regime fascista di Roberto Farinacci, che nelle sue pagine lo accusò di essere responsabile dell’impreparazione dimostrata dall’esercito e di essere ebreo, Pariani protestò con Mussolini ed ebbe la promessa di un intervento per far cessare la campagna denigratoria.
Fino al termine della guerra rimase a Malcesine, dove il 25 giugno 1945 fu arrestato a seguito di una condanna a quindici anni di reclusione comminatagli, in contumacia, dall’Alta Corte di giustizia di Roma «per atti rilevanti in favore del regime fascista», precisamente la complicità nell'assassinio degli esponenti antifascisti Carlo e Nello Rosselli perpetrato il 9 giugno 1937 a Bagnoles-de-l'Orne, in Normandia. Tradotto nel carcere di Procida vi rimase fino al 20 gennaio 1947, quando la Corte d’assise speciale di Roma lo assolse con formula piena, dopo che il 9 maggio 1946 la Cassazione aveva cancellato la prima condanna e ordinato un nuovo processo.
Rientrato a Malcesine, Pariani fu eletto sindaco nell’ottobre 1952, carica che ricoprì fino alla morte, sopravvenuta il 1° marzo 1955.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio dell’Ufficio storico dello Stato maggiore dell'Esercito, Biografie, b. 83; Archivio centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio riservato, b. 10; ibid., Repubblica Sociale Italiana, Carteggio riservato, b. 1. Pariani non pubblicò memorie, limitandosi nel 1949 a un'edizione riservata fuori commercio dell'opuscolo Chiacchiere e realtà. Lettera agli amici. Parte del suo archivio è depositata presso il Museo del Risorgimento di Milano, cui fu donata in quattro riprese fra il 1940 e il 1950. Si tratta di 29 cartelle quasi tutte antecedenti il periodo in cui Pariani fu capo di Stato maggiore. Un altro segmento dell’archivio, comprendente i diari privati e militari, fu consegnato dalla vedova all’Archivio di Stato di Verona e poi trasferito all'Archivio di Stato di Venezia. Un fondo Pariani composto dalla sua biblioteca – ricca di volumi rari e di ex libris artistici – e da un altro pezzo dell'archivio personale è depositato presso la Biblioteca civica di Verona (G. Volpato, Il fondo P. presso la Biblioteca civica di Verona, in Belle le contrade della memoria. Studi in onore di Maria Gioia Tavoni, a cura di F. Rossi - P. Tinti, Bologna 2009, pp. 309-325; Terzo tra noi l’amore. Ex libris del fondo P., a cura di C. Giardini, Malcesine 2010).
G. Trimeloni - S. Bertoldi - F. Zanon, A. P., Malcesine 1956; D. Ferrari, Dalla divisione ternaria alla binaria: una pagina di storia dell’Esercito italiano, in Studi Storico Militari, 1982, pp. 49-78; Id., Per uno studio della politica militare del generale A. P., ibid., 1988, pp. 371-400; S. Pelagalli, L'attività politico-militare in Albania tra il 1927 e il 1933 nelle carte del generale A. P., in Storia contemporanea, XXII (1991), 5, pp. 823-827; L. Ceva, Storia delle forze armate in Italia, Torino 1999, ad ind.; P. Crociani, Gli Albanesi nelle forze armate italiane (1939-1943), Roma 2001, pp. 12, 21, 128-132, 314-322; M. Borgogni, Tra continuità e incertezza. Italia e Albania (1914-1939), Milano 2007, ad ind.; M. Franzinelli, Il delitto Rosselli. 9 giugno 1937. Anatomia di un omicidio politico, Milano 2007, pp. 92, 115, 192, 198, 203, 212, 221, 224, 230, 251; O. Bovio, Storia dell’esercito italiano (1861-2000), Roma 2010, ad ind.; G.M. Cambié, P. A., in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 612 s.