FAGGIOLI, Alceste Luigi
Nacque a Monte San Giovanni, frazione di Monte San Pietro (Bologna), il 12 luglio 1851 da Egidio Camillo e da Eugenia Lambertini. Di famiglia benestante, frequentò l'università, ma non riuscì a laurearsi per l'impegno profuso in una attività patriottica che lo portò a seguire Garibaldi in Francia in difesa della Repubblica (ottobre 1870). L'adesione del F. al movimento internazionalista s'inserisce nella tradizione risorgimentale che cercava di conciliare il garibaldinismo con i principi anarchici. Anzi, in virtù della matrice garibaldina comune a molti internazionalisti (C. Ceretti, E. Pescatori), il F. trovava in questa simbiosi il principale canale di diffusione delle idee socialiste-anarchiche.
Ritornato in Italia, dopo la breve esperienza francese, il F. cominciò ad organizzare le sezioni di Modena, di Reggio Emilia e di Bologna, dove svolse le funzioni di segretario del fascio operaio, sorto il 27 nov. 1871. Dopo la Comune di Parigi, grazie all'amicizia fraterna con A. Costa (era denominato il "Pilade di Costa"), il F. assunse un ruolo sempre più influente tra gli internazionalisti romagnoli, dai quali ricevette l'incarico di organizzare il primo congresso regionale, che si tenne a Bologna dal 17 al 21 marzo 1872. In quell'occasione privilegiò più "l'anima" anarchica che quella garibaldina: si dichiarò favorevole a rinvigorire i rapporti con il gruppo napoletano di C. Cafiero, dissociandosi nettamente dal repubblicanesimo mazziniano.
In una lettera inviata all'anarchico veneziano Pietro Magri alcuni mesi dopo il F. chiariva quali fossero i suoi orientamenti politici. Stabilito che era favorevole all'associazionismo operaio, egli scriveva: "Noi [del fascio] abbiamo costituito sezioni di mestieri, per esempio sezione fabbri, muratori, cappellai ecc. Tutte queste sezioni avendo interessi diversi si riuniscono separatamente per trattare i loro affari. Però le singole sezioni sono strette dal vincolo economico, cosicché se i cappellai fanno uno sciopero le altre sezioni li aiutano col danaro; in tal modo sono profittevoli gli scioperi e nello stesso tempo si avvezzano le masse alle rivoluzioni. Noi aspettando quel giorno non vogliamo che il proletariato stenti ma intanto fruisca dei vantaggi maggiori che dallo sciopero e dall'associazione derivano" (in Arbizzani, p. 281).
Il 16 marzo 1873 fu arrestato insieme con i più noti internazionalisti dell'epoca (Costa, Cafiero, E. Malatesta) nella sede della federazione bolognese dell'Associazione internazionale dei lavoratori, dove si erano riuniti per decidere sull'atteggiamento da assumere nei confronti del progetto insurrezionale messo a punto da Bakunin e dai suoi adepti. Tornato in libertà dopo pochi mesi di carcere, l'8 ag. 1874 fu nuovamente arrestato, perché considerato l'animatore del movimento sovversivo romagnolo. Trascorse quasi due anni in prigione, finché il 15 marzo 1876 si celebrò il processo, che si concluse con una sentenza di "non colpevolezza" e quindi con l'assoluzione di tutti i partecipanti al fallito moto bolognese del '74 (cfr. Gl'internazionalisti di Bologna, in La Plebe, IX [1876], 5, p. 1).
Una volta in libertà, il F. decise la ricostruzione dell'Internazionale su basi legali, a differenza di Cafiero che si mantenne favorevole ad agire nella clandestinità. In una conferenza tenuta a Imola il 16 giugno 1876 il F. e Costa - davanti a 250 persone - spiegarono gli scopi dell'Internazionale. dichiarando apertamente di condividerne i fini e di essere pronti a pagarne le conseguenze.
Una scelta drammatica si pose nel 1875 agli internazionalisti durante l'insurrezione nazionale in Erzegovina contro i Turchi, estesasi nel '76 anche alla Bosnia. Il F. - insieme con quattordici giovani bolognesi, tra i quali Ceretti, R. Cervone, G. Barbanti Brodano - accorse il 1° luglio 1876 in Serbia tra le file degli insorti (cfr. La Plebe, IX [1876], 8, p. 3) per partecipare alla guerra serbo-turca. Ma, scoraggiato, ritornò in Italia, cercando di dissuadere Malatesta dall'impresa progettata di recarsi a combattere contro i Turchi.
Impegnandosi nuovamente nell'attività politica, il F. riallacciò i rapporti con Costa, col quale riprese a Bologna la pubblicazione del periodico Il Martello, apparso dal 7 gennaio fino al 18 marzo 1877.
In una circolare a stampa (Bologna, tip. Azzoguidi), diffusa il 13 dic. 1876 e firmata "per la redazione" da Costa, da A. Casalini e dal F., si annunciava che, "per accordi presi con la vecchia redazione, IlMartello, che si pubblicava prima a Fabriano, e poi a Jesi, sarebbe stato pubblicato da allora in avanti a Bologna, e che il 6 gennaio sarebbe uscito il primo numero". La nuova serie del periodico si distinse per la violenta campagna che condusse contro i metodi repressivi del ministro degli Interni G. Nicotera, ritenuto responsabile della morte "misteriosa" di G. Fanelli nel manicomio di Capodichino (La Plebe, X [1877], 2).
Nella crisi seguita al fallimento del moto di San Lupo, il fervore del F. fu frustrato dagli arresti che si susseguirono nel corso del 1878, proprio per la guerra senza quartiere che Nicotera aveva dichiarato agli internazionalisti italiani. Una nuova ondata di arresti, tra i quali quelli del F., Alceste Cipriani (fratello del famoso Amilcare), A. Negri, C. Zavoli, F. Cecchini, si ebbe nella primavera del 1879, con il risultato d'una quasi totale distruzione dell'organizzazione internazionalista.
Tra il 27 settembre e il 7 ott. 1879 il F. fu processato a Forlì insieme con venticinque anarchici, ma assolto con la formula del "non farsi luogo a procedere per inesistenza di reato". Scarcerato, riprese così intensamente l'attività anarchica da essere nei mesi successivi sottoposto a una rigorosa sorveglianza. Dal novembre al marzo 1880 si tenne in contatto con Costa per riorganizzare le file del disperso movimento internazionalista in Romagna, proponendosi due obiettivi: la preparazione di un congresso socialista e la preparazione della Rivista internazionale del socialismo, che sarà poi effettivamente pubblicata dal 1º maggio al 31 dic. 1880.
Il F. morì a Bologna il 19 marzo 1881.
Fonti e Bibl.: G. Carducci gli dedicò un'epigrafe apparsa sul periodico Don Chisciotte (Bologna) il 22 marzo 1882, poi inclusa nel vol. XXVII delle opere: Ceneri e faville, Bologna 1938, s. 2, p. 351; L. Valiani, Storia del movimento socialista, Firenze 1951, pp. 212, 219, 223; F. Barbanti Brodano, Un uomo, un tempo. Bologna 1870-1900, Bologna 1967, ad Indicem; N. Alvisi Orata, Ipartiti politici a Bologna dopo l'avvento della Sinistra al potere (1876-1882), in Clero e partiti a Bologna dopo l'Unità, Bologna 1968, pp. 65-111; A. Kuliscioff, Lettere d'amore a Andrea Costa 1880-1890, a cura di P. Albonetti, Milano 1976, pp. 63 n., 65 n., 66, 72 n., 136 e n.; L. Arbizzani, F. A., in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, a cura di F. Andreucci - T. Detti, II, Roma 1976, pp. 281 s.; N. Galassi, Vita di A. Costa, Milano 1990, ad Ind.