alchimia
Trasformazione materiale e perfezionamento spirituale
L'antica scienza della trasformazione delle cose, l'alchimia, ebbe origine in Egitto in età ellenistica e registrò sviluppi significativi anche in Oriente nella cultura indiana e in quella cinese. Dal mondo culturale greco l'alchimia passò, nel Medioevo, a quello islamico, e di lì a quello latino dell'Occidente. Nel corso del Rinascimento l'alchimia conobbe due significative mutazioni: divenne da una parte una colonna portante della nuova medicina e dall'altra accentuò il proprio carattere spirituale. Occupò poi una posizione non marginale nel panorama della Rivoluzione scientifica del Seicento, ma agli inizi del Settecento venne stabilita una differenza netta tra alchimia e chimica moderna, e l'alchimia finì per cessare di essere un sapere vivo e attuale
L'alchimia è generalmente definita come arte o scienza della trasformazione o trasmutazione delle cose. Questa definizione è soddisfacente ma non è del tutto esatta perché, a partire dal tardo Medioevo, i testi di alchimia contengono una gamma molto ampia di temi e argomenti. Negli scritti alchemici più completi si possono individuare tre attività differenti ma collegate tra loro: la ricerca della pietra filosofale (lapis philosophorum), che si riteneva capace di trasformare i metalli vili (per esempio ferro, rame, piombo, stagno) in metalli nobili, cioè argento e oro (la trasmutazione); la preparazione di un elisir di lunga vita; la purificazione e la maturazione spirituale dell'operatore alchimista. Questa crescita materiale e spirituale era illustrata attraverso simboli e immagini di difficile comprensione, ossia di tipo ermetico (dal nome di Ermete Trismegisto, mitico autore di molti scritti del tardo ellinismo, 2°-3° secolo su temi astrologici, magici e alchemici assai diffusi nel Rinascimento).
L'alchimista non si limitava alla trasmutazione dei metalli in oro o a una esclusiva ricerca a carattere spirituale e mistico: al contrario, questi due aspetti erano strettamente connessi l'uno all'altro. L'alchimia era una sperimentazione pratica di laboratorio e rappresentava una concezione del mondo, dell'uomo e della natura. La sua attività aveva a che fare con l'idea di tempo, che era a sua volta legata a quella di perfezionamento. L'alchimista concentrò la propria attenzione sui tempi della natura: riteneva che tutte le cose, compresi i metalli e i minerali, nascessero, crescessero e maturassero nelle viscere della terra impiegando tempi diversi e assai lunghi. Intendeva collaborare con la natura, agire sulla materia in modo da modificare, accelerare i tempi impiegati dalla natura stessa. Secondo lui la realtà presentava sì una molteplicità apparente di cose diverse ma era essenzialmente una, era un'unità ("il tutto è uno"): in quanto operatore, l'alchimista con il suo sapere era in grado di accelerare il processo di perfezionamento del creato.
Si può dunque individuare nell'alchimia un'arte capace di sottrarre parti del mondo materiale alla tirannia del tempo e di realizzare la perfezione dei metalli ‒ che è l'oro ‒ e quella dell'uomo ‒ che è la sua longevità ‒, ed eventualmente l'immortalità o redenzione completa. La perfezione della materia sembrava possibile grazie all'impiego della pietra filosofale per i metalli e dell'elisir di lunga vita per gli uomini, mentre la crescita spirituale era legata a un'esperienza mistica e d'illuminazione interiore.
Alessandria d'Egitto, la capitale del regno ellenistico della dinastia dei Tolomei, è il luogo di nascita dell'alchimia greca. Le fonti alchemiche più antiche sono papiri scritti in lingua greca che contengono ricette a carattere tecnico che prevedono l'utilizzazione di tre sostanze fondamentali: allume, aceto e urina.
L'alchimia alessandrina era, in origine, una tecnica di lavorazione e perfezionamento dei metalli, di preparazione di pietre preziose e perle artificiali, di tintura della stoffa con porpora non naturale. I primi alchimisti erano artigiani che si dedicarono con risultati eccellenti all'arte dell'imitazione e del perfezionamento.
I manoscritti alchemici greci posteriori ai papiri hanno un contenuto molto vario, costituito da ricette e processi tecnici, da lettere, resoconti di sogni, narrazioni alchemiche, invocazioni magiche, poemi, elenchi di simboli, sostanze e sinonimi.
I nomi dei primi alchimisti sono del tutto mitici e nei testi a loro attribuiti è privilegiata l'immagine della crescita, dell'accelerazione dei tempi della natura grazie all'intervento dell'arte alchemica, dello sviluppo della creatura a partire dallo stato embrionale. Come una madre osserva crescere il proprio figlio, così l'alchimista osservava la crescita della propria opera filosofica. Un personaggio storico e non mitico è probabilmente Zosimo di Panopolis (300 circa), il padre dell'alchimia, autore di un'enciclopedia alchemica nella quale l'aspetto sperimentale si unisce alla magia.
L'alchimia in lingua greca continuò a essere coltivata nell'Impero bizantino e fu acquisita e perfezionata dalla cultura arabo-islamica grazie a traduzioni che cominciarono a essere prodotte dall'8° secolo prima a Damasco, quindi a Baghdad.
A partire dal 12° secolo iniziò la produzione di testi latini autenticamente alchemici e nella cultura medievale venne affacciandosi una vera e propria 'questione dell'alchimia'. L'alchimia latina era un'arte che si collocava a metà strada tra le arti vere e proprie e le scienze, e fu oggetto di controversie anche a causa della crescente opposizione della Chiesa alle ricerche alchemiche.
Il problema della trasmutazione dei corpi fu al centro di molte discussioni da parte di filosofi come Avicenna e Alberto Magno. Con il filosofo inglese Ruggero Bacone, frate francescano, l'alchimia, divisa in teorica e pratica, acquisì una straordinaria e cruciale importanza culturale e filosofica. Per Bacone l'alchimia era una scienza fondamentale, base di tutte le altre scienze, quindi strumento per una autentica riforma del sapere scolastico.
Tra Duecento e Trecento le indagini alchemiche s'unirono a esigenze spirituali di rinnovamento radicale della religione cristiana: questa unione fece percepire l'alchimia come una disciplina eretica e pericolosa, e pertanto venne condannata dal papa. Tuttavia il Trecento resta comunque il momento più alto della storia dell'alchimia occidentale, perché essa acquisì il significato di vera e propria scienza generale della natura. Grazie alla tradizione francescana, l'alchimia guardò in maniera privilegiata al progetto di una salvezza o redenzione della natura e del corpo umano. Fino allora l'occupazione principale dell'alchimista era consistita nella trasmutazione dei metalli in oro: nel Trecento si ricercò invece una medicina universale capace di perfezionare i metalli e le pietre preziose ‒ usate come talismani in medicina ‒ e di conferire la salute al corpo dell'uomo.
Nel corso del Rinascimento l'alchimia sviluppò sempre più il suo carattere simbolico e mistico. S'inserì appieno in un insieme di arti o pseudoscienze composto da magia come invocazione di angeli e demoni, magia naturale, astrologia, cabala, mistica dei numeri e dei suoni, credenze popolari in creature fantastiche (nani, giganti, coboldi o folletti, ninfe o creature dell'acqua). Queste arti occulte erano al centro e non ai margini del panorama filosofico rinascimentale.
Il ruolo dell'alchimia venne modificato a fondo dal medico svizzero Paracelso, vissuto nella prima metà del 16° secolo, che fu un feroce avversario della medicina ufficiale. Paracelso considerò la scienza medica come fondata su quattro colonne o pilastri: filosofia, astrologia ‒ gli astri influenzavano per Paracelso il corpo umano, e a tutt'oggi si è conservato in patologia il termine influenza ‒, alchimia ed etica. In tal modo l'alchimia non aveva più come preoccupazione primaria le trasmutazioni ma diveniva l'arte in grado di preparare i medicamenti o medicine.
Nel Seicento l'alchimia vera e propria continuò però un suo cammino autonomo, e non mancarono alchimisti di primo piano. Il chimico irlandese Robert Boyle e il grande fisico Isaac Newton dedicarono molta attenzione agli scritti e alla pratica alchemica. L'interesse instancabile di Newton, che è il padre della fisica moderna, verso l'alchimia conferma l'importanza storica e culturale di questa arte millenaria.
Nel secolo 18° l'alchimia cessò di essere una scienza e divenne un residuo del passato, una curiosità per gli storici, perché il panorama cominciava a essere ormai occupato da una scienza nuova: la chimica.