DONINI, Alemante Angelo
Nacque a Venezia, nella parrocchia di S. Marcuola, il 6 giugno 1626, primo dei due figli, entrambi maschi, di Giovanni e Giovanna Alemante.
Discendente da una famiglia da tempo appartenente all'ordine cittadinesco e tradizionalmente dedita al servizio nella Cancelleria ducale (il nonno Marcantonio era stato per lunghi anni segretario d'ambasciata a Roma e a Costantinopoli e il padre si era a sua volta distinto nell'esercizio di attività consimili), il D. intraprese sin dalla prima giovinezza quella carriera nell'ambito della burocrazia marciana che dovette pertanto essergli quasi predestinata.
A differenza di molti altri suoi pari, per i quali le attività cancelleresche fungevano sovente da mezzo di sussistenza tutt'altro che secondario, il D. poteva vantare una situazione patrimoniale invidiabile. Nato in una famiglia che aveva sempre abbinato all'irreprensibile pratica degli uffici una continua ed oltremodo lucrosa professione mercantile, era inoltre erede, assieme al fratello Marcantonio, delle ingenti sostanze che il nonno materno aveva accumulato in decenni di operazioni commerciali.
Avvantaggiato da queste circostanze favorevoli, il D. non incontrò ostacoli a essere eletto alla prima occasione, il 17 sett. 1642, "estrordinario" di cancelleria, e prosegui in tutta sicurezza, prevalentemente dedito a una normale e non troppo impegnativa attività negli uffici della sua città, quella brillante carriera che lo condusse relativamente presto, il 3 febbr. 1651, alla nomina a segretario di Pregadi senza passare per il gradino intermedio abitualmente costituito dall'incarico di ordinario, dal quale ottenne di essere espressamente esentato..
Sposatosi il 2 sett. 1648 con Lucietta Acris, giovane figlia di un ricchissimo mercante d'olio e di granaglie d'origine cipriota, il D. aveva ancor più consolidato le sue già salde basi patrimoniali, ed iniziò in quel periodo in qualità di residente, una saltuaria ma prestigiosa attività diplomatica, che lo portò in Polonia, Svizzera e Palatinato.
Le designazioni in questione, d'altronde, più che a suffragare ambizioni di scalata ai vertici cancellereschi, dovevano piuttosto essere valutate dal D. come circostanze propizie per accrescere sempre più le proprie referenze, soprattutto in vista di quel passaggio nelle fila del patriziato che la sua situazione gli faceva sembrare tranquillamente alla propria portata.
Il 7 sett. 1661 il D. fu eletto segretario del Consiglio dei dieci, ma sentiva ormai troppo angusto il rango cittadinesco al quale per nascita apparteneva e., progressivamente diradati i suoi impegni cancellereschi (da quegli anni - le fonti sono al proposito esplicite - non gli capitò più di allontanarsi continuativamente da Venezia), volse senza indugi le sue migliori risorse a quella scalata sociale che gli si prospettava sempre più attuabile. Il 29 giugno 1667 presentò formale richiesta di ammissione "alla veneta nobiltà in perpetuo"; in essa, dopo aver minuziosamente enumerato i propri meriti, opportunamente faceva leva sulle sue di gran lunga maggiori potenzialità finanziarie, offrendo a ricompensa la somma di 200.000 ducati. Erano i frangenti nei quali la Repubblica si stava impegnando nella fiera, difficile e costosissima difesa di Candia e le urgenti esigenze economiche dello Stato non ammettevano dilazioni. Pertanto, già il io luglio di quello stesso anno, il rango patrizio gli fu concesso assieme al fratello Marcantonio.
In seguito il D. soggiornò per qualche tempo a Padova, con ogni probabilità insignito di mansioni di rilievo nell'ambito della locale corte pretoria. Fu in quella città, infatti, che gli nacque, l'11 luglio del 1669, Domenico Antonio, l'ultimo dei suoi cinque figli maschi, e fu sempre da quel luogo che il D. inoltrò regolare domanda affinché il neonato fosse debitamente iscritto al Libro d'oro dei patrizi veneti, cosa che gli venne subito concessa.
Nei due decenni successivi il D. fu soprattutto impegnato nella cura dei suoi interessi patrimoniali; in particolare, come dimostrano numerosi processi, in difesa dei suoi diritti sull'eredità del defunto suocero Bernardo Acris. Negli anni Novanta assunse pure l'appalto del dazio dell'olio, acquistò un gran numero di "aspettative d'uffici" per i nipoti ed estese l'ambito delle sue abituali iniziative commerciali acquisendo vasti possessi fondiari a Cesarolo e Magredo, nella giurisdizione patrizia di Latisana.
Il D. morì a Venezia il 10 sett. 1706. Suo unico erede fu il primogenito Bernardo, ma la discendenza fu assicurata dall'ultimo figlio Domenico Antonio.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, bb. 181, fasc. 49; 317, fasc. 35; Misc. civile, bb. 306, fasc. 4; 334, fasc. 10; 191, fasc. 29; Notarile, Testamenti, Notaio Domenico Bonaldi, b. 109, fasc. 153, 16 giugno 1705; Misc. codici, I, Storia veneta, reg. 5: T. Toderini, Cittadini, II, c. 764; reg. 11: C. Tassini, Cittadini, VIII, c. 777; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. Ital., cl. VII, 1667 (= 8459): Elenco degli ordinari, estraordinari, segretari di Pregadi e cancellieri grandi..., c. 11v; Ibid., cl. VII, 926 (= 8595): M. Barbaro, Genealogia delle famiglie patrizie venete, II, cc. 365 ss.; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, Venezia 1853, p. 657.