ALERAMO
Compare nella storia italiana nel luglio del 933, quando i re Ugo e Lotario gli donano, a richiesta del conte Engelberto, la corte detta Auriola (oggi Trino), tra i fiumi (rogge) Lamporo e Stura, nel comitato di Verceffi. A. è detto dai donatori "fidelis noster Alledramus comes". L'attribuzione di detta corte al comitato vercellese e, quindi, l'identificazione, è resa sicura dall'ultimo editore dell'atto, L. Schiaparelli. La lettura delle edizioni precedenti, "comitatu Aquensi", è errata. Del 6 febbr. 935(ma solo dopo il 940 deve essere stata regolata in cancelleria la datazione) è un altro diploma di Ugo e Lotario per la concessione al "fedele conte Aleramo", a richiesta di Ambrogio vescovo di Lodi e del conte Eldrico, della corte detta Foro, situata sul fiume Tanaro, nel comitato di Acqui, con tutte le pertinenze dal fiume Tanaro al fiume Bormida e dal luogo detto Barcile a Carpano, e inoltre della villa detta Ronco con tutti gli arimanni e su di questi la idistrictio s ed ogni pubblica "funzione e querimonia". Il 29 marzo 945 il conte A. ed il conte Lanfranco intervengono presso Ugo e Lotario, che li dicono "nostri fedeli", per una donazione alla contessa Rotruda Rosa, al conte
Elisiardo ed alla sua consorte Rotlinda, figlia di re Ugo, di terre nel comitato di Tortona; il 13 aprile seguente A. è a Pavia, presente ad un placito regio. Il 5 luglio 948 re Lotario fa un'importante concessione al suo fedele Vanmondo, "interventu et petitione Aledrami inciti comitis dilectique fideis nostri". Tra il 958e il961 i re Berengario II e Adalberto, a richiesta di Gerberga, figlia del re e prossima sposa di Aleramo, concedono "incito marchioni Aledrammo fideli nostro. il diritto di creare e stabilire mercati nei suoi possedimenti, riservando a lui ed agli eredi ogni diritto. Nell'agosto del 961 A. marchese, con la consorte Gerberga e i due figli di prime nozze Anselmo ed Ottone, con il consenso del padre conte Guglielmo, fa una donazione di terre al monastero di Grazzano nel Monferrato, da lui precedentemente fondato. Del marzo 967 è il diploma di Ottone I da Ravenna a favore del marchese A. per la concessione di alcune corti poste in luoghi deserti tra il Tanaro, l'Orba ed il mare e la conferma dei suoi beni posti in altri comitati, e l'atto è fatto a richiesta dell'imperatrice Adelaide. Subito dopo, il 17 apr. 967 il marchese A. è ancora a Ravenna, presente, ad un placito regio. Questi pochi documenti ci permettono appena d'intravedere il proffio storico del famoso Aleramo. Dai documenti risulta che era di legge salica, quindi proveniente da famiglia franca o borgognona.
Il padre era un conte Guglielmo. Il Terraneo, nel secolo XVIII, e, ai giorni nostri, B. Baudi di Vesme, il Gabotto ed altri eruditi hanno creduto di poter identificare Guglielmo padre di A. con quel Guglielmo capitano di trecento armati venuto nell'899 a combattere in Italia per Guido contro Berengario. In questo modo si riallaccerebbe A. agli Aleramici francesi, conti di Troyes nel secolo IX, e con l'Aleramo che, nell'885, difese Parigi contro i Normanni, e si verrebbe a riaffermare, con lungo giro di ascendenti, l'origine sassone, cara agli Aleramici posteriori. Ma il padre di A. era ancora vivo nel 961, come risulta dall'atto di Grazzano: come poteva combattere per Guido nell'889? Sotto Rodolfò II compare nei documenti un "Guillelmus comes": è il capitano dell'889 o il padre di Aleramo? Non si può, però, escludere che il padre di A. si colleghi in qualche modo con il Guglielmo dell'889.
Sicuro è che A. era già conte sotto Ugo nel 933, ma non sappiamo quale comitato avesse egli e quale avesse il padre. La corte Auriola era nel comitato vercelle se, a contatto con le proprietà che A. dona al monastero di Grazzano nel comitato di Torre o Torre-sana, che più tardi si disse di Monferrato. Si può supporre con una certa probabilità che A. avesse questo comitato di Torresana. La corte di Foro e la villa di Ronco ci riportano invece al comitato di Acqui; così le corti date ad A. nel 967 sono nella zona appennimca a nord di Savona in piccola cerchia: Dego, Cortemiglia, Ponzone, Bagnasco, Giusvalla, ecc. A. doveva, quindi, avere il comitato di Savona Vado.
A. fu fedele ad Ugo; il suo primo matrimonio con una ignota principessa deve essere avvenuto ancora durante il regno di Ugo. Si può supporre che egli abbia servito Ugo nella lotta contro i Saraceni e contro il duca di Baviera nella spedizione di questo in Italia del 934.
La marca fu concessa ad A. certamente da Berengario IIdopo la sua ascesa al trono nel 950, quando avvenne il riordinamento dello stato e la creazione di varie marche con lo smembramento della grande marca d'Ivrea, che era stata creata da re Guido, compiuto da Berengario IIper accontentare i suoi fedeli. Così A. diventò margravio della marca Savona-Monferrato, comprendente, oltre a questi, anche altri comitati, come Loreto ed Acqui, mentre ad oriente si formava la marca di Genova degli Obertenghi e ad occidente quella degli Arduinidi di Torino. Le tre marche andavano parallelamente dal Po al mare. Del 960-61 deve essere il matrimonio di A. con la figlia di Berengario Il.
La caduta di Berengario IInon disturbò la situazione di A. che seppe conservare la marca anche sotto gli Ottoni, ed anzi seppe procurarsi la simpatia imperiale. Non abbiamo notizia della data della morte; è, però, anteriore al 4 maggio 991, data di un atto in cui il figlio Anselmo si dice "filius bone memorie Aledrami...".
L'origine relativamente modesta dell'avo A. non garbò alla corte dei marchesi di Monferrato del secolo XIII, specie di Guglielmo VII, che era in relazione con i maggiori monarchi d'Europa. Sfruttando note leggende del ciclo carolingio, un cronista monferrino, fra' Iacopo d'Acqui, nel suo Chronicon imaginis mundi narrò cose grandiose di A.: una nobildonna tedesca in pellegrinaggio a Roma si sarebbe arrestata a Sezzé nel Monferrato per partorire; il figlio A. sarebbe rimasto a Sezzé presso i signori del luogo ed ivi allevato; cresciuto, sarebbe andato alla corte di Ottone I all'assedio di Brescia; ivi si sarebbe innamorato di Adelasia figlia dell'imperatore: sedottala, sarebbe con essa fuggito a Pietra Ardena, nei monti del comitato di Albenga. Quivi sarebbe vissuto facendo il carbonaio; poi avrebbe, col figlio Ottone, combattuto a favore dell'imperatore ed infine, riconosciuto e perdonato, avrebbe ottenuto il diploma del 967. Ma in tutto questo racconto non vi è nulla che possa essere accettato come possibile: è una fantasia che poggia solo sul fatto che A. aveva sposato la figlia di un re (al vinto Berengario venne sostituito il vincitore) e un suo figlio si chiamava Ottone. Altri scrittori del basso Medioevo fantasticarono della discendenza di A. dall'eroe sassone Vitichindo; attraverso ai conti di Troyes il Gabotto risale anch'egli ad Etelberto re del Kent del secolo VI.
Fonti e Bibl.: Fr. Iacobi ab Aquis, Chronicon imaginis mundi,a cura di G. Avogrado, in Monumenta historiae patriae. Scriptores,III, Augustae Taurinorum 1848, coll. 1533-1538; Monumenta Germaniae Historica, Diplomata regum et imperatorum Germaniae,I, a cura di Th. Sickel, Hannoverae 1879-1884, n. 339 pp. 462-464, n. 340 pp. 464-466; E. Durando, Cartario dei monasteri di Grazzano, Vezzolano...,Pinerolo 1908, n. 1 pp. 1-3; I diplomi di Ugo e di Lotario, di Berengario II e di Adalberto,a cura di L. Schiaparelli, Roma 1924, in Fonti per la storia d'Italia,XXXVIII, n. 35 p. 107, n.53 p. 158, n. 79 p. 230, n. 80 p.232, n. 10 p. 274, n. 15 p.334; I placiti del "Regnum Italiae",a cura di C. Manaresi, I, Roma 1955, ibid.,XCII, n. 144 p. 551;II, 1, Roma 1957, ibid.,XCVI, n. 155 p. 50; G. Cordero di San Quintino, Osservazioni critiche sopra alcuni particolari delle storie del Piemonte e della Liguria nei secoli XI e XII,in Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino,s. 2, XIII (1853), pp. 14 ss.; G. Manuel di San Giovanni, Dei Marchesi del Vasto e degli antichi monasteri de' SS. Vittore e Costanzo e di S. Antonio nel marchesato di Saluzzo,Torino 1858, passim;C. De Simoni, Sulle marche d'Italia e sulle loro diramazioni in marchesata,in Atti della Società Ligure di Storia Patria,XXVIII (1896), pp. 7 ss.; H. Bresslau, Das Haus der Aledramiden,in Jahrbücher des Deutschen Reichs unter Konrad II.,I, Leipzig 1879, pp. 389-393; F. Gabotto, Gli Aleramici lino alla metà del secolo XII,in Riv. di Storia, Arte, Archeologia per la Prov. di Alessandria,XXVIII (1919), pp. 13-19; L. Usseglio, I marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente durante i secoli XII e XIII,Casale Monferrato 1926, I, passim;F. Cognasso, Tommaso I ed Amedeo IV di Savoia,Torino 1941, pp. 28 ss.; Id., Ricerche sulle origini aleramiche,in Atti d. Accad. dellescienze di Torino,cl. di sc. morali, storiche e filologiche, XCII (1957-58), pp.33-49. Il diploma di Ottone I per Aleramo è edito ora criticamente da G. Barelli, Il diploma di Ottone I ad Aleramo V del 23 marzo 967, in Bollett. stor.-bibliogr. subalpino,LV (1957), pp. 103-133; l'edizione fototipica è in Arch. Paleografico ital.,IX, tav. 44. Per la leggenda Aleramica: G. Carducci, Gli Aleramici (leggenda e storia),in Opere,XXII, Bologna 1939, pp. 315-350; F. Gabotto, L'elemento storico nelle "Chansons de geste",in Bollett. stor.-bibliogr. subalpino,XXVI (1924), pp. 1-156.