D'Ancona, Alessandro
Filologo e storico della letteratura (Pisa 1835 - Firenze 1914), professore nell'università di Pisa dal 1860. Non molto numerosi, rispetto alla gran mole dei suoi scritti (la sua bibliografia comprende 1240 numeri), ma di grande valore sono i suoi studi danteschi. Il nome di D. già ricorre più volte nel discorso sul Campanella, dove è anche il confronto fra la Monarchia e le dottrine politiche del Campanella e del Gioberti. Nel 1865 lesse e pubblicò il discorso su Beatrice, affermando che essa prima fu personaggio storico, per quanto idealizzato, nella Vita Nuova, e poi divenne simbolo nel Convivio e nella Commedia, senza tuttavia abbandonare la sua interiore realtà (" una immagine che in sé comprende in intimo accordo, unite e compenetrate, non sovrapposte l'una all'altra, due nature, l'umana e la divina "): il discorso venne premesso all'edizione della Vita Nuova, da lui riscontrata su codici e stampe, e corredata di utili nitide note (Pisa 1872; II ediz., ibid. 1884).
Studiando e ordinando il vasto e complesso ciclo delle leggende medievali, formatesi dalla multiforme interpretazione dello stesso cristianesimo, il D'A. concludeva che nel poema, che " tutte le chiude e le comprende ", D. portò il proprio suggello di unità e di coordinamento, dove prima esistevano soltanto una " disciolta congerie di fatti paurosi " e una " goffa enumerazione di meraviglie " (I precursori di D., Firenze 1874). Della Monarchia, che egli assegnò al tempo della discesa di Enrico VII, pose in rilievo la novità del concetto che l'informa: l'instaurazione di un'autorità nuova, morale e giuridica, " sotto il cui patrocinio gli uomini formerebbero una sola famiglia ", congiunta non dalla violenza, ma dalla concordia; scagionando al tempo stesso D. dall'accusa di aver chiamato in Italia lo straniero: ché straniero l'imperatore in Italia non era, benché avesse dimora di là delle Alpi. Nelle sue Lecturae Dantis (si ricordano, tra le altre, quelle dedicate ai canti VII e VIII del Purgatorio), raccolte, con altri lavori di esegesi, nei suoi Scritti danteschi (Firenze 1913), guardò a D. come al " cittadino di un piccolo Comune toscano... per avi e per ricchezze non cospicuo... esule ed errabondo ", nel suo impavido elevarsi " a giudicare i potenti della terra ".
Bibl. - Autori vari, " In memoriam " A. D'A., Firenze 1915; R. Zagaria, Intorno ad A. D'A., Andria 19242; G. Vitelli, Ricordi di un moralista, in " Nuova Antologia " 10 aprile 1930.