ALESSIO Michajlovič, zar (granduca ed autocrate) di Moscovia e di tutta la Russia
Secondo sovrano della dinastia Romanov. Nato a Mosca il 19 (29) marzo 1629, succedette a suo padre Michele Feodorovič il 14 (24) luglio 1645, e morì il 28 gennaio (7 febbraio) 1676. Nel trentennio del suo regno, avvennero nella politica interna ed in quella estera della Moscovia crisi e novità di importanza decisiva: l'annessione dell'Ucraina, in seguito ad una lunga e faticosa guerra, e lo scisma fra la chiesa ufficiale e gli ortodossi d'antica osservanza. Fenomeni concomitanti, le estese sommosse di popolo e la penetrazione accelerata della civiltà europea. Nell'aura di sospettosa xenofobia, che caratterizzò il regno precedente dello zar Michele, conati di avvicinamento alla cultura occidentale erano stati abbozzati proprio dal boiaro B. Morozov, cui era affidata l'educazione del principe ereditario A.; ma tutto si era limitato alla conoscenza di stampe, che illustravano paesi e costumi d'oltremare, e a qualche tentativo di vestirsi "secondo la moda tedesca". In sostanza, l'educazione non intaccò punto in A. una riverenza per le tradizioni della sua gente, che bene concordava con l'intenso suo fervore nelle pratiche di devozione. Soltanto una certa curiosità per spettacoli e svaghi nuovi e la rassegnazione alle esigenze del tempo affievolirono in lui la ripugnanza per gli impuri contatti con gli Europei, manifestatasi tipicamente nell'ukaz del 1652, che segregava in una specie di ghetto gli stranieri tollerati a Mosca.
In genere, la parte personale di A. negli avvenimenti contemporanei si manifestò non in iniziative, ma in un mite ed abbastanza intelligente adattamento alle necessità del tempo e all'opinione pubblica ormai prevalente. Pur conservando gelosissima la coscienza delle sue sovrane prerogative, egli piuttosto subì l'ascendente di caratteri più forti e attivi del suo. Cedeva quasi sempre a chi lo consigliava a viva voce: magari togliendogli poi il suo favore. Naturale, quindi che l'autocrate sedicenne si lasciasse dirigere dal suo "aio", il boiaro Morozov; tanto più, quando questi divenne cognato del suo sovrano e pupillo. Morozov riuscì infatti, con oscure mene (in cui figurarono accuse di maleficio), ad impedire il matrimonio dello zar con una Vsevoložeskaia - caldeggiato dall'avversa cricca di corte -, e gli fece sposare il 16 (26) gennaio 1648, Maria, figlia di Elia Miloslavskij, mentre egli prendeva per moglie la sorella di Maria, Anna. Morozov e i Miloslavskij spadroneggiarono allora senza moderazione. Le angherie fiscali (soprattutto la sovrimposta sul sale decretata il 7 [17] febbraio 1646) esasperarono la popolazione. Scoppiarono tumulti a Mosca, pochi mesi dopo le nozze dello zar; e il 25 maggio 1648, parecchi boiari venivano massacrati dalla folla, che, assediando il palazzo, chiedeva le venisse consegnato Morozov. Per salvare il suo favorito, lo zar deviò il furore del popolo su un funzionario delle finanze, Trachaniotov (evidentemente di origine greca). Ma la posizione del ministro preferito risultò scossa irrimediabilmente. Si dovette pure concedere più largo campo d'azione alle periodiche assemblee degli stati (Zemskie Sobory). Frutto ne fu la codificazione delle leggi; e la raccolta (Uloženie) fu pubblicata per la prima volta il 7 (17)-20 (30) maggio 1649.
Verso quest'epoca, A. conobbe l'energico asceta Nikon, salito da umilissime condizioni al seggio arcivescovile di Novgorod, dove mostrò, nel reprimere disordini popolari (marzo 1650), un vigore contrastante con le tremebonde figure che lo zar aveva visto attorno a sé in simile occasione. Lo volle amico; lo fece eleggere patriarca (luglio 1652); per ogni impresa o negozio seguì i suoi consigli; gli affidò la reggenza, quando dovette partire per il campo; lo autorizzò a fregiarsi del titolo di "sovrano signore", portato già dal patriarca Filarete, padre dello zar Michele. Fu, questa, l'epoca eroica e fortunata del regno. La guerra contro la Polonia, decisa dal sobor il 1° (10) ottobre 1653, per rispondere al "grido di dolore" dei Cosacchi ortodossi, dichiarata il 18 (28) maggio 1654, s'iniziò con brillanti successi. Il 23 settembre (3 ottobre) 1654, era presa Smolensk; il 30 luglio (9 agosto) del 1655, lo zar entrava a Wilno. La Polonia invasa allo stesso tempo anche da Carlo X di Svezia, non poteva resistere. Con quest'ultimo, entrò in conflitto anche la Moscovia, quando le truppe russe occuparono Dorpat e minacciarono Riga: poiché i reali interessi dello stato moscovita spingevano più ad uno sbocco sul Baltico, che non al ricupero di Kiev, storica culla della nazione. La guerra determinò sforzi eccezionali per alimentare il fisco e perfezionare la tecnica militare. Nuovi congegni amministrativi, per le finanze, pel governo delle terre occupate, per la più intensa attività diplomatica, si aggiunsero alla confusa molteplicità dei prikazy (uffici) russi. Furono arruolati numerosi ufficiali stranieri; influenze esterne si facevano valere. Trionfando con le armi sulla Polonia, la Moscovia non poteva sottrarsi all'azione della civiltà superiore di questo stato: prova di ciò, il desiderio che ebbe lo zar di imitare nella reggia del Cremlino il lusso e le comodità che aveva ammirato nei palazzi di Wilno.
Di contro alla Polonia, all'odiatissima signora "latina", gli Ucraini si erano volti per aiuto alla "grande patria" ortodossa. Ma anche il ceto colto ucraino aveva imparato dai gesuiti la retorica e la dialettica, aveva adottato nell'architettura lo stile barocco della Polonia. Non riuscì perciò a liberarsi come da un senso di sgomento, quando più davvicino vide la barbarie genuina dei "fratelli", calati dal settentrione per spremere il paese piuttosto che liberarlo. Il dotto ucraino Simeone di Polozk, chiamato a Mosca per educare i figli dello zar Alessio, dilettò la corte con poemi d'occasione e persino con drammi composti in versi sillabici (cioè secondo le regole della metrica polacca). Senza il clero di Kiev, che da decennî possedeva un'accademia per studî quasi superiori, il patriarca Nikon non avrebbe potuto intraprendere l'epurazione dei testi liturgici e dei riti, mediante un confronto delle versioni russe (alterate da generazioni spaventosamente ignoranti) con i prototipi greci. Quest'opera aveva ottenuto il pieno consenso e appoggio dello zar, nonostante suscitasse violente proteste ed un panico, che si può dire apocalittico in una parte notevole del clero e dei fedeli. Ma le velleità di Nikon d'imitare il bizantino Michele Cerulario, cioè di comportarsi da vero sovrano enunciando anche pubblicamente la dottrina - poco accetta al cristianesimo orientale e assolutamente inaudita in Moscovia - sulla parità dei due supremi poteri, quello civile e quello ecclesiastico, allarmarono e indispettirono A., inasprito ad arte da zelanti adulatori. Il 10 (20) luglio 1658, avvenne la drammatica rottura: non essendo lo zar venuto alla solenne funzione che si celebrava nella cattedrale, il patriarca, terminata la liturgia, depose pubblicamente le sacre insegne e si ritirò in un convento. Dovevano passare tuttavia otto anni, prima che A. si decidesse a consumare la disgrazia di colui che era stato il più fidato suo amico. Temeva, e forse ancora riveriva, l'uomo; ma soprattutto non voleva che, con l'artefice della riforma, cadesse anche questa. Soltanto nel 1666, un concilio, presieduto da patriarchi greci venuti da Gerusalemme e da Antiochia, confermò le correzioni del rituale rendendo con ciò irrevocabile lo scisma, e pronunciò allo stesso tempo la deposizione di Nikon, che fu esiliato nel monastero di S. Teraponto.
Quando A. si distaccava da Nikon, agli anni fortunati stava per succedere un'era di tribolazioni. I cosacchi ben presto s'erano sentiti delusi dalla redenzione, che si risolveva in invasione di avidi, rozzi, corrotti funzionarî. Alla morte (luglio 1657) di Bogdan Chmelnicki, che aveva conchiuso il patto con la Moscovia, tre fazioni dilaniarono l'Ucraina: quella che voleva tornare al costituzionale vassallaggio sotto la corona polacca (Jan Wygowoi, Teteria), quella ligia alla Moscovia (Jurij, figlio di Bogdan Chmelnicki, Brjuchovezki), e la terza, che alle rivali confessioni cristiane preferiva addirittura il turco, e trovò in Dorošenko un condottiero di spiccata, romanzesca personalità. Intanto, i capitani moscoviti Chovanskij e Šeremetev venivano sconfitti dagli eserciti polacchi (giugno e settembre del 1660). Fu conchiusa prima la pace con la Svezia (Kardys, 1661); e solo sei anni dopo (gennaio 1667), il trattato di Andrussovo (v.) poneva fine alla guerra russo-polacca, durata tredici anni. I due paesi ne uscivano esausti, e la Moscovia otteneva vantaggi assai minori di quelli che le iniziali vittorie sembravano far presagire. Nell'impacciato svolgimento dell'azione così militare come diplomatica, si possono riconoscere le tendenze dello zar A. circa il "problema occidentale" opposizione strenuamente nazionalista della Russia ortodossa ai Latini e ai Tedeschi; assimilazione dei mezzi tecnici della cultura europea, con l'incessante scrupolo di non intaccare nulla delle avite istituzioni e dei costumi ereditati insieme con la vera fede. Solo con Nikon si era avuta una maggiore xenofobia. Era questo il sentimento dominante fra i boiari e il clero, con i quali A. non si trovò mai in dissidio. Ma quanto al problema dello sbocco al mare, nulla si ottenne. E Pietro, figlio di A., dovrà cambiare strada. Verso oriente, invece, l'espansione russa procedé pacifica sotto forma di colonizzazione: in Siberia furono fondate allora le città di Nerčinsk (1658), di Irkutsk (1659), di Selenginsk (1666). Ma al grande sforzo richiesto da una politica imperialista erano allora inadeguati e l'organizzazione economica del paese, e soprattutto il sistema di governo, che al centro era sminuzzato in una pletora di dicasteri, e nelle provincie lasciava senza controllo i voivodi, avidi e insolenti. Acuitasi la crisi economica, già grave al tempo della guerra, quando si era dovuto ricorrere al corso forzoso di moneta metallica peggiorata, e le derrate erano salite a prezzi 10 e fin 20 o 25 volte più alti del normale, scoppiarono tumulti a Mosca, nei primi d'agosto nel 1662: si creò un nuovo ministero (prikaz), detto "del pane", per rimediare alla carestia. Ben più minaccioso fu il sollevamento dei contadini che si unirono alle bande dei cosacchi del Don, comandati da Stenjka (Stefano) Razin, e vennero rafforzati da nomadi tatari e da servi fuggiaschi. Lungo il Volga, Astrachan, Saratov, Samara furono saccheggiate; mentre, nelle campagne, le insurrezioni e le devastazioni si propagarono fino ai pressi di Mosca. Fu necessario mobilitare un esercito per sconfiggere Razin, che, portato prigioniero a Mosca, fu squartato il 6 (16) giugno 1671.
Allo stesso tempo, lo scisma religioso, causato dalla riforma di Nikon, si esacerbava fino alla guerra civile. Nei boschi sterminati del nord (antico territorio della repubblica di Novgorod e refrattario quindi al dispotismo di tipo tataro), i dissidenti sfidavano l'inquisizione con volontarî auto da fé. Comunità intere si raccoglievano su gigantesche pire. Il monastero di Solovki, in un'isola del mare artico, sostenne un assedio di otto anni; e solo il 22 gennaio (1° febbraio) 1676, Mešerinov ed i suoi soldati potevano penetrarvi e suppliziare orrendamente i battaglieri monaci. Anche a corte, il dissidio religioso rendeva più violente le solite contese tra famiglie nobili. Il contegno sospetto dei boiari avversi alla riforma nikoniana (e anche alle "diavolerie" portate dall'occidente), doveva spingere lo zar A. ad avvicinarsi vieppiù agli europeizzanti. Accentuò tale inclinazione il secondo suo matrimonio. Era morta, il 4 (14) marzo 1669, la zarina Maria Miloslavskaja, che gli aveva dato, in ventun anno di matrimonio, cinque figli e otto figlie, tutti fisicamente deficienti e morti nella prima infanzia. Nella casa del boiaro Matveev, risoluto occidentalista, fu presentata al sovrano la giovane Natalia, del casato relativamente oscuro e povero dei Naryskin. Le nuove nozze ebbero luogo il 22 gennaio (10 febbraio) 1671. Da questo momento, la vita della corte e in parte anche la politica del governo s'imperniarono sulla lotta d'influenze tra il clan dei Naryskin (il cui "uomo forte" era Matveev), e quello dei Miloslavskij, stretto attorno all'erede del trono. La guerra contro la Turchia, sebbene scoppiata nel 1672 per ragioni d'interesse locale (le mene imbrogliate di alcuni atamani di cosacchi in Ucraina), può considerarsi la prima occasione in cui la politica moscovita si coordinò a quella degli stati europei; giacché, contemporaneamente, guerreggiavano contro il Turco la Polonia, l'imperatore e la repubblica di Venezia. Peraltro, mentre gran fama acquistava Sobieski, i Russi furono poco attivi e poco fortunati e nel 1681 conchiusero la pace, sulle basi dello statu quo.
All'interno, pare che mancassero i mezzi e l'ardire per innovazioni di qualche importanza: il sistema amministrativo si mantenne nella tradizionale confusione ed inerzia, e il progetto di costruire una flotta fu abbandonato al principio dell'esecuzione. Il "sobborgo tedesco" di Mosca, abitato da qualche migliaio di artigiani e di mercanti europei, si teneva sospettosamente separato dalla vita indigena. Verso il 1670, nell'architettura delle chiese trionfa lo stile barocco importato dalla Polonia. Simeone Ušakov, pittore dello zar, nelle icone accademizza lo stile tradizionale (già molto lontano da quello veramente bizantino); ma, allo stesso tempo, tenta per primo il disegno all'acquaforte, su modelli prettamente occidentali. Lo zar stesso assiste a rappresentazioni di una compagnia tedesca; pare che abbia veduto, fra l'altro, il rifacimento di una commedia di Molière. Ma in tutta la vita quotidiana del palazzo, nei costumi e nell'osservanza scrupolosa dei riti religiosi, Alessio Michailovič non lascia obliterare né infrangere nessuna delle tradizioni nazionali. Perciò, e anche perché i decennî che seguirono la sua morte sono stati funestati da tetre discordie, questo regno e la figura del "sovrano placidissimo" sono stati nostalgicamente idealizzati: più tardi la storiografia slavofila vi ravviserà quasi l'età aurea di una Russia genuina, splendidamente isolata.
Dei molti figliuoli di A., nati dal primo matrimonio, meritano ricordo solo Alessio quartogenito (nato nel 1654), proclamato zarevic. La sua morte prematura (gennaio 1670) non è senza effetti sulle agitazioni di scismatici e cosacchi. La corona viene allora trasmessa a Fedor (nato nel 1662), che, sempre malaticcio, regna sei anni. Zar è anche l'ultimo figlio, Ivan (V), nato nel 1666, povero essere pressoché idiota. Delle figlie del primo letto, Sofia, nata nel 1657, doveva aprire la serie delle donne avventurose che occuparono il trono imperiale durante il sec. XVIII. Tra i figli del secondo matrimonio vi è Pietro il Grande (v.), lo zar famoso.
Bibl.: Delle relazioni di viaggiatori o diplomatici europei che visitarono la Moscovia sotto Alessio Michajolovič, le più importanti sono quelle del Mayerberg (1661), del Miège (1665), del Collins (1671), del Palmquist (1674). Di trattazioni moderne, v. S. Solovev, Istorija Rossii s drevnejsich vremen (Storia delle Russie dagli antichissimi tempi), X, Pietroburgo 1899; V. Ključevskij, Kurs russkoi istorii (Corso di storia russa), III, 3ª ed., Mosca 1923 (trad. tedesca: W. Kliutschewskij, Geschichte Russlands, Lipsia 1925, III). In italiano: E. Smurlo, Storia della Russia, I, Roma 1928.