Algeria
Stato dell’Africa settentrionale. Originariamente abitata da popolazioni berbere, sulle quali si esercitò l’influsso fenicio, poi quello romano, l’A. fu conquistata dagli arabi nel 7° sec. e inclusa nella regione detta Ifriqiya, con la Tunisia e parte della Libia. Dopo essere stata dominata dagli Aghlabidi (sec. 9°), dai Fatimidi (10°) e dai Banu Hammad, l’A. subì nel sec. 11°, come tutta l’Africa settentr., l’invasione devastante dei nomadi arabi Banu Hilal, che respinsero nelle aree meno accessibili (Cabilia, Aurès) le tribù berbere. Assorbita dalla metà dell’11° sec. a quella del 13° negli imperi degli Almoravidi e Almohadi, l’A. fu sottoposta, al crollo di questi ultimi, alla dinastia locale degli ‘Abdalwadidi. Dal sec. 16° l’A. divenne base di incursioni piratesche in tutto il Mediterraneo. Inutilmente contrastato dalle marine di Spagna e Portogallo, lo stato barbaresco di Algeri, vassallo della Sublime porta, si mantenne fino al 1830, quando la Francia occupò Algeri e tutti i centri costieri. Dopo il fallito tentativo dell’emiro ‛Abd el-Kader d’istituire uno Stato musulmano nella zona di Orano, il controllo diretto francese fu esteso a tutta l’A., incluse le regioni sahariane. Ridotta allo stato di colonia, l’A. si vide negate lingua e cultura proprie: così, nel 1863, agli algerini fu offerta la cittadinanza francese se avessero rinunciato alla shari‛a per il codice civile francese. Su tali temi si sviluppò all’inizio del 20° sec. un vivace movimento nazionalista, su una gamma che andava dalla collaborazione col governo di Francia al rifiuto di tutto ciò che era occidentale e non musulmano. Durante la Seconda guerra mondiale l’A., allineata con il governo di Vichy, fu occupata senza resistenza dagli angloamericani nel nov. 1942. La sconfitta del regime collaborazionista e la partecipazione degli algerini al Comitato francese di liberazione nazionale rafforzarono il movimento indipendentista, benché anche il nuovo governo di Parigi insistesse nella politica d’assimilazione, facendo seguire, nel 1947, ad alcune concessioni amministrative l’annessione dell’A. al territorio metropolitano francese. Il 1° nov. 1954 una serie di attentati nei centri urbani e nelle campagne apriva la guerra di Liberazione d’Algeria, combattuta da volontari e coordinata dal Front de libération nationale (FLN). La repressione francese fu condotta sul piano poliziesco e militare, rifiutando ogni trattativa coi ribelli anche in sedi internazionali come l’ONU, dove la Lega araba tentò invano di portare la questione algerina. Quando, dopo quasi quattro anni di guerriglia, il governo francese accettò di trattare con gli insorti, si scatenò la reazione dei coloni. La rivolta degli estremisti (ultras) di Algeri, scoppiata il 13 maggio 1958 con l’appoggio dei militari, travolse la Quarta repubblica con la minaccia di una marcia su Parigi. Il generale De Gaulle, ritenuto garante dell’A. francese., fu richiamato al governo, ma si convinse presto dell’inevitabilità d’una politica di concessioni ai nazionalisti algerini, sino ad ammettere la piena indipendenza e il distacco dalla Francia. Mentre proseguivano le operazioni militari, gli accordi di Évian (18 marzo 1962) demandarono il futuro assetto dell’A. a un referendum popolare. Davanti a quello che apparve a militari e ultras come il tradimento di De Gaulle, riprese la rivolta dei francesi d’Algeria. Il fallimento di due nuovi tentativi di colpo di Stato ad Algeri, con la collusione di elementi militari e civili, scatenò il terrorismo antiarabo dei coloni, organizzati nell’OAS (Organisation de l’armée secrète), che insanguinò l’A. e la Francia stessa con stragi e devastazioni. Ciò nonostante, il voto del referendum, svoltosi il 1° luglio 1962, sancì l’indipendenza, proclamata il 3 luglio.
Il 15 sett. 1963 nasceva la Repubblica democratica e popolare d’A., con una Costituzione che istituiva un regime presidenzialista e monopartitico, alla cui testa fu posto A. Ben Bella. Mentre il primo congresso del FLN sanciva (1964) lo schieramento dell’A. con i Paesi cd. non-allineati e gettava le basi del socialismo nazionale, un colpo di Stato militare (1965) impose al potere H. Boumédienne. Negli anni Settanta l’A., impegnata in importanti riforme strutturali e modernizzatrici, rimase vicina al blocco filosovietico: la Costituzione del 1976 la dichiarò ufficialmente Paese socialista, sancendo la supremazia del FLN. S. Benjiadid, eletto nel 1979 presidente della Repubblica, rafforzò la figura del primo ministro, all’epoca ῾Abd al-Ghani, e promosse la completa arabizzazione del Paese. Rieletto nel 1984 e nel 1988, egli apportò alcuni emendamenti costituzionali che attenuarono l’impostazione socialista e introdussero, con la nuova Costituzione del 1989, il pluralismo politico, rafforzando il Parlamento e allentando la stretta militare sull’opposizione. La crisi economica degli anni Ottanta dette forza al movimento fondamentalista islamico, che, come Front islamique du salut (FIS), vinse nel 1990 le elezioni amministrative. Nel genn. 1992 un colpo di Stato militare interruppe le elezioni politiche, vinte già al primo turno dal Partito islamico. Le dimissioni di Benjiadid furono seguite dall’insediamento di una giunta militare guidata da M. Budyaf, fra i fondatori del FLN, che, richiamato dall’esilio, formò un governo provvisorio, mentre il FIS veniva sciolto e lo stato d’assedio proclamato per un anno. Di contro, l’AIS (Armée islamique du salut), braccio armato del FIS, e il GIA (Groupe islamique armé), fazione più estremista dell’integralismo algerino, avviarono una violenta campagna terroristica contro il regime. La crisi precipitò con l’assassinio di Bodyaf (1992), impegnato a combattere il terrorismo e la corruzione politico-finanziaria. Nel 1994 fu nominato capo dello Stato il generale L. Zeroual (poi confermato alle presidenziali del 1995), ministro della Difesa ormai in pensione, il cui regime, influenzato dai vertici militari, cercò dapprima un dialogo con gli islamisti, ma si rese poi responsabile di numerose violazioni dei diritti umani. In una situazione segnata da continui massacri ai danni della popolazione (il terribile bilancio raggiungeva 100.000 morti ca.), ma anche dalla favorevole congiuntura economica (rialzo del prezzo del petrolio e ridefinizione dei tempi di pagamento del debito estero), si svolsero le elezioni legislative del 1997, che registrarono la vittoria del partito del presidente, il Rassemblement national démocratique e l’affermazione del Mouvement de la société pour la paix, partito islamista fondato nel 1990. Le dimissioni improvvise di Zeroual (1998), portarono a nuove elezioni presidenziali (1999) vinte da A. Bouteflika, anche lui tra i fondatori del FLN, che varò un piano di pace (legge sulla concordia civile) e raggiunse un accordo con l’AIS, escludendo però il FIS dalle trattative. Una nuova escalation del terrorismo sancì il fallimento del tentativo di riconciliazione di Bouteflika, che nel 2001 dovette anche affrontare una forte ondata di proteste per le mancate riforme socioeconomiche e le mobilitazioni della popolazione della Cabilia, che denunciava la repressione e il mancato riconoscimento della lingua e della cultura berbera. Tale riconoscimento fu comunque confermato, assieme ad altre concessioni, dal presidente Bouteflika nel 2002. Nello stesso anno il FLN vinse le elezioni generali, caratterizzate da una bassa affluenza alle urne e turbate da nuove violenze e dal boicottaggio di una serie di partiti, due dei quali rappresentavano i berberi. Nel 2004 Bouteflika ottenne il secondo mandato presidenziale con una vittoria schiacciante. Nel corso del 2005 si raggiunsero nuovi accordi tra il governo e la comunità berbera e con referendum fu approvata la Carta per la riconciliazione nazionale, che offriva l’amnistia ai ribelli in prigione, ai latitanti e ai combattenti ancora attivi, esclusi i responsabili di uccisioni di massa e di attentati in luoghi pubblici.