Vedi Algeria dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
L’Algeria poggia le proprie basi istituzionali sull’Accordo di Evian, che nel 1962 sancì la fine della guerra d’indipendenza contro la Francia, iniziata nel 1954. Il conflitto provocò più di 250.000 vittime e rappresentò anche la fine dell’esperienza coloniale di Parigi, all’epoca già segnata dalle sconfitte nei territori dell’Indocina. La guerra d’indipendenza ha profondamente segnato la storia del paese non solo dal punto di vista dell’identità nazionale, ma anche da quello istituzionale: da allora l’Esercito, formato dai ranghi del Front de libération nationale (Fln), ha acquisito un ruolo centrale nella vita del paese come garante delle istituzioni repubblicane. Su questo sfondo, negli anni Novanta il paese è stato nuovamente teatro di violenze, scoppiate tra i movimenti di ispirazione islamica e l’Esercito. Il tentativo di avviare un processo di democratizzazione interna, infatti, si fermò allorché il partito islamico del Front islamique du salut vinse il primo turno delle elezioni politiche, ponendo le basi per una possibile vittoria al secondo turno. Di fronte a tale scenario, i militari misero in atto un colpo di stato, innescando una guerra civile che si protrasse per tutto il decennio e che causò quasi 200.000 vittime. Da allora il paese, sotto la guida dell’attuale presidente Abdelaziz Bouteflika, ha intrapreso il cammino verso la normalizzazione interna – anche se gli strascichi del conflitto civile sono evidenti ancora oggi – e nei rapporti con la comunità internazionale. Lotta al terrorismo internazionale, produzione ed esportazione di idrocarburi e una posizione strategica sulla sponda sud del Mediterraneo fanno oggi dell’Algeria un paese rilevante per le dinamiche geopolitiche della regione mediterranea.
Il Front islamique du salut (Fis) vince il primo turno delle elezioni politiche.
gennaio 1992
Colpo di stato. Il presidente Chadli Benjedid è dimissionato e l’Haut Conseil de Sécurité (Hcs), organismo composto quasi esclusivamente da militari, annulla il secondo turno delle elezioni e crea l’Haut Conseil de État (Hce), diretto da Mohamed Boudiaf.
febbraio 1992
L’Hce proclama lo stato d’emergenza.
giugno 1992
Mohamed Boudiaf è assassinato ad Annaba.
febbraio 1993
Lo stato d’emergenza è prorogato a tempo indeterminato. La stima dei morti in un anno di conflitto civile è di 15.000 persone.
gennaio 1994
Il generale Liamine Zéroual è nominato capo di stato dall’Hce.
1994
Compare il Groupement islamique armé (Gia).
novembre 1995
Zéroual vince le elezioni presidenziali al primo turno con il 60% dei suffragi.
novembre 1996
Tramite referendum è approvata, con l’85% dei voti, la riforma costituzionale che accentra i poteri nella figura del presidente della repubblica e bandisce i partiti religiosi e regionalisti.
settembre 1997
L’Armée islamique du salut (Ais), braccio armato del FIS e opposto al Gia, annuncia una tregua a partire dal 1° ottobre.
ottobre 1997
Il Rassemblement national démocratique (Rnd) di Zéroual ottiene il 55% dei seggi delle assemblee comunali. La repressione aumenta.
settembre 1998
Zéroual annuncia le sue dimissioni.
aprile 1999
Abdelaziz Bouteflika vince le elezioni presidenziali.
settembre 1999
La legge sulla ‘Concorde civile’ è approvata, tramite referendum, con il 98% dei voti.
La cooperazione alla sicurezza rappresenta il terreno di intesa e collaborazione privilegiato tra gli attori occidentali e l’Algeria, che costituisce una pedina importante nella lotta al terrorismo internazionale. In questo ambito Algeri – che fronteggia ancor’oggi focolai di estremismo di matrice islamica, retaggio di un conflitto civile non del tutto superato – ha siglato accordi di cooperazione con l’Unione Europea (Eu) e, soprattutto, con gli Stati Uniti. Lo sviluppo economico è l’altro ambito di collaborazione tra l’Algeria e i paesi europei, grazie al partenariato con l’Eu. Gli accordi con Bruxelles, inoltre, riguardano le questioni dei flussi migratori e dei diritti civili, come previsto dai programmi siglati nell’ambito del progetto ‘Dialogo 5+5’, ideato ad Algeri nel 1991 e che vede cooperare in prima linea i paesi dell’Unione del Maghreb arabo (Uma) (Algeria, Tunisia, Marocco, Libia e Mauritania) con Italia, Francia, Malta, Portogallo e Spagna.
L’Algeria risente ancora oggi dell’eredità lasciata dal dominio francese e ciò è riscontrabile tanto in termini culturali, quanto di rapporti economici bilaterali. Il legame franco-algerino è inoltre reso più profondo dalla presenza di un’ampia comunità di immigrati algerini in Francia. Il tema dell’immigrazione è, ancora oggi, uno dei più dibattuti, dal momento che la comunità algerina (e maghrebina in senso più ampio) residente in Francia lamenta condizioni sfavorevoli e di discriminazione. Ciò ha generato ripetuti momenti di tensione, come testimoniato dalle rivolte del 2005 nei sobborghi delle maggiori città francesi, le cosiddette ‘banli’. D’altro canto, l’Algeria stessa non ha sempre dato priorità alla tutela dei diritti dei propri emigrati nelle relazioni con la Francia, preferendo preservare la natura cordiale delle relazioni bilaterali con Parigi. Proprio queste ultime risultano ancora oggi fondamentali per la politica estera algerina e per il mantenimento di un ruolo importante nelle politiche mediterranee. La Francia importa da Algeri quasi 8 miliardi di metri cubi di gas naturale l’anno e, allo stesso tempo, rappresenta il primo esportatore verso l’Algeria, con il 20% del totale delle importazioni algerine. La presidenza Sarkozy sembra aver dato nuovo impulso alle relazioni bilaterali, anche per portare avanti progetti di cooperazione nell’antiterrorismo, in nome del comune interesse ad estirpare la presenza in Algeria del gruppo terroristico al-Qaida nel Maghreb islamico (AQIM), che rappresenta una minaccia per entrambi i paesi. Nonostante non siano del tutto sopite le polemiche e le accuse algerine circa il ruolo della Francia durante gli anni della colonizzazione e della guerra d’indipendenza, il mantenimento di rapporti di collaborazione con Parigi resta una delle direttrici fondamentali della politica estera di Algeri.
È però il settore degli idrocarburi a far da volano alla politica estera algerina. Gli stati dell’Eu, perseguendo una politica di diversificazione degli approvvigionamenti di gas che diminuisca la dipendenza dalle forniture di gas dalla Russia, importano infatti il 25% del proprio fabbisogno di gas naturale dall’Algeria, mentre gli Stati Uniti risultano il principale acquirente di petrolio. Se la dimensione euromediterranea delle relazioni algerine risulta essere ben consolidata, a livello regionale vi sono potenziali fonti di instabilità. I rapporti con il Marocco, su tutti, risultano meno rosei: le frontiere tra i due paesi sono chiuse dal 1994 e gli scambi diplomatici, in questi ultimi anni, non hanno sortito effetti di distensione tra i due stati circa il contenzioso relativo all’indipendenza dei Saharawi dal Marocco. L’Algeria, infatti, sostiene le richieste di autodeterminazione del popolo del Sahara Occidentale, capeggiato dal Fronte Polisario (dall’abbreviazione spagnola di Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro), scontrandosi con il Marocco.
L’Algeria è stata uno dei paesi promotori del Nuovo partenariato per lo sviluppo africano (Nepad), il cui obiettivo è quello di rafforzare la crescita, lo sviluppo e l’integrazione nell’economia globale del continente africano. Il presidente algerino partecipa inoltre con altri capi di stato africani al dialogo con il G8 nell’ambito della partnership Africa-G8.
L’Algeria è formalmente una repubblica presidenziale, anche se le dinamiche politiche interne non lasciano molto spazio ai partiti di opposizione e il presidente Abdelaziz Bouteflika, al potere dal 1999, ha vinto le ultime elezioni del 2009 con un risultato superiore al 90%, ottenendo il suo terzo mandato. A livello legislativo, l’Algeria ha una struttura parlamentare bicamerale, con una camera bassa, l’Assemblea nazionale del popolo, composta da 380 membri ed eletta ogni cinque anni per suffragio universale, e una camera alta (Consiglio della nazione), eletta per due terzi dai rappresentanti delle amministrazioni locali e, per il restante terzo, nominata dal presidente.
L’Algeria conta quasi 35 milioni di abitanti, un dato relativamente piccolo considerando che è il secondo stato africano per superficie, dopo il Sudan. La densità demografica è infatti piuttosto bassa e si attesta a 14,4 abitanti per km2. Mentre fino all’inizio degli anni Novanta l’Algeria era uno dei primi paesi al mondo per tasso di crescita demografica, a partire da allora il trend ha notevolmente rallentato, passando gradualmente da un incremento medio del 3% annuo all’attuale 1,5%. Il 47% della popolazione algerina ha meno di 24 anni e ciò implica una forte pressione sul mercato del lavoro, che ogni anno deve assorbire 280.000 persone. La gran parte della popolazione è concentrata nel nord del paese dove, a partire dall’indipendenza, sono affluite ingenti ondate migratorie dall’interno. Fino agli anni Sessanta, infatti, le grandi città del nord ospitavano un terzo della popolazione, mentre oggi tale dato ha raggiunto il 65,9%. Questa circostanza, unita alla bassa età media e alle scarse prospettive lavorative, favorisce il diffondersi del malcontento e ha costituito terreno fertile per la crescita dell’estremismo islamico. L’emigrazione potrebbe ridurre il numero dei disoccupati, ma per gli algerini è difficile ottenere il visto per entrare in Nord America o in Europa: ogni anno solo lo 0,8% della popolazione riesce a lasciare il paese. La maggioranza della popolazione è di etnia araba, ma vi è una forte presenza di un altro gruppo etnico: quello berbero, composto soprattutto dai Kabili che vivono nella zona ad est di Algeri. Questi costituiscono il 20% della popolazione (una quota rilevante se confrontata con quella degli altri stati del Nord Africa) e si battono da decenni per ottenere dei diritti culturali, come il riconoscimento dello status di lingua ufficiale per il tamazight, l’idioma berbero.
L’Algeria ha un tasso di alfabetizzazione del 73% e il trend è in netto aumento, come dimostra il fatto che tale percentuale raggiunge il 91,5% in relazione alla popolazione tra i 15 e i 24 anni. Il paese si colloca all’84° posto nella classifica dell’indice di sviluppo umano: poco al di sotto di Libia e Tunisia, ma con una performance superiore ad Egitto, Marocco e Mauritania. Anche per quanto riguarda l’accesso ai servizi sanitari, attualmente garantito al 95% della popolazione, l’Algeria è tra gli stati più virtuosi della regione, ma registra un dato sotto la media per l’accesso all’acqua potabile (83% contro, ad esempio, il 99% dell’Egitto), che negli ultimi quindici anni è calato dell’11%. Per ovviare a tale criticità il governo algerino sta investendo nello sviluppo delle infrastrutture nelle zone rurali e nella desalinizzazione dell’acqua marina.
La libertà di stampa è soggetta a pesanti restrizioni: nonostante la Costituzione garantisca la libertà d’espressione, un emendamento del 2001 alla legge sulla stampa ha introdotto pene detentive molto severe per i giornalisti che diffamano il governo o qualsiasi altra istituzione pubblica. Considerando che il controllo governativo agisce anche ex ante (tv e radio sono infatti monopolio statale e la maggior parte delle testate vengono stampate in tipografie statali), risulta evidente come il governo riesca a supervisionare l’intero processo informativo. Nonostante solo il 13,5% della popolazione possa accedervi, l’unica fonte alternativa d’informazione è internet, su cui il governo non pone particolari restrizioni.
L’economia algerina è dominata dagli idrocarburi, la cui esportazione rappresenta il 97,5% delle esportazioni totali del paese e il 45% del pil nazionale. L’Unione Europea nel suo insieme è il primo partner commerciale dell’Algeria, assorbendo il 49% delle esportazioni e fornendo il 52% delle importazioni. Dall’Algeria proviene circa un quarto del gas importato in Europa.
A livello di singoli stati, invece, i maggiori partner sono nell’ordine Italia, Francia, Stati Uniti, Spagna e Cina. I beni importati consistono principalmente in beni capitali e cibo: quasi la metà dei prodotti alimentari viene infatti importata a causa delle difficoltà nello sfruttamento dei terreni coltivabili. Gli idrocarburi garantiscono un surplus costante e una bilancia commerciale in positivo, a differenza di quanto avviene negli altri stati nordafricani, con l’eccezione della Libia. Nel 2009, tuttavia, l’avanzo di cassa è diminuito sensibilmente a causa della caduta del prezzo del petrolio, attestandosi a 4,5 miliardi di dollari contro i 40 miliardi dell’anno precedente.
Le preoccupazioni degli effetti di mediolungo periodo di un sistema economico così fortemente incentrato sul settore degli idrocarburi hanno incentivato il governo algerino a introdurre riforme volte a diversificare l’economia. Tale processo è stato inquadrato nei piani quinquennali del 2005 e del 2010 e mira a stimolare gli investimenti privati e a investire nelle infrastrutture, anche al fine di ridurre la disoccupazione. Proprio quest’ultima costituisce un fattore congiunturale che pesa sulla società algerina e che costituisce una potenziale fonte di minaccia alla stabilità interna, come dimostrato dagli scontri dicausato la morte di almeno tre cittadini e sono scaturiti proprio dal malessere sociale, legato all’alto tasso di disoccupazione e all’innalzamento dei prezzi dei beni alimentari di prima necessità.
Il settore privato è poco sviluppato, soprattutto a causa dell’insicurezza che ha caratterizzato gli anni Novanta, dell’insufficienza dei servizi finanziari e dell’eccessiva burocrazia. Tuttavia l’Accordo di associazione con l’Unione Europea, entrato in vigore il 1° settembre 2005 e che prevede l’istituzione di una zona di libero commercio tra Algeria e paesi dell’Eu entro il 2017, potrebbe favorire la liberalizzazione e la privatizzazione dell’economia algerina, sulla scia di quanto avvenuto in Tunisia e Marocco. Tale accordo è inoltre funzionale all’obiettivo di Algeri di entrare nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto).
Fino a qualche anno fa, in concomitanza con il basso valore del prezzo degli idrocarburi, il governo algerino ha cercato di attrarre gli investimenti stranieri e le relative tecnologie, ma la ripresa dei prezzi iniziata nel 2003 ha rafforzato la posizione finanziaria di Sonatrach (la compagnia statale leader nel settore degli idrocarburi, nonché prima impresa africana e tra i primi esportatori al mondo di gas naturale e petrolio) e ha indotto il governo a emendare la legge sugli idrocarburi, rafforzando ulteriormente la posizione di Sonatrach. Dal 2009 il governo ha posto ulteriori restrizioni agli investimenti esteri, stabilendo tasse più elevate e limitando al 49% le partecipazioni straniere.
L’esercito del paese, l’Armée nationale populaire (Anp), ha avuto una chiara influenza sulla vita politica algerina sin dalla conquista dell’indipendenza dalla Francia. Solo a partire dai primi anni del 2000 il presidente è riuscito a ridurre il potere dell’establishment militare. In particolare, dal 2005, Bouteflika ha assunto direttamente la carica di ministro della difesa e ha creato una nuova posizione di ministro delegato agli affari della difesa, ricoperta dal generale Abdelmalek Guenaizia. L’equipaggiamento delle forze armate proviene principalmente dalla Russia, storico partner di commercio militare dell’Algeria: dal 2000 le importazioni dalla Russia sono costanti e, dal 2007, si è registrato un notevole incremento di spesa, soprattutto per l’acquisto di aerei militari, missili e veicoli blindati. A livello interno, il paese è stato solo marginalmente interessato dalla cosiddetta ‘primavera araba’, sebbene le manifestazioni popolari nel Maghreb abbiano avuto inizio, a cavallo tra il 2010 e il 2011, proprio in Algeria. I disagi socio- economici costituiscono comunque un fattore di potenziale rischio per la stabilità interna, anche se il governo di Algeri ha resistito all’ondata di rivolte che hanno interessato il mondo arabo.
L’intelligence militare si è adoperata, negli ultimi dieci anni, soprattutto a contrastare l’Aqim, organizzazione terroristica nata sulle ceneri del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc) e radicatasi in Algeria nello scorso decennio. La presenza di cellule di Aqim sul territorio algerino costituisce una seria minaccia alla sicurezza del paese e, anche negli ultimi anni, si sono susseguiti diversi attentati terroristici, principalmente contro le forze di polizia. L’impegno del governo e gli accordi di sicurezza internazionale con Eu e Usa hanno solo in parte ridotto il pericolo derivante dal terrorismo di matrice islamica nelle città algerine e nel Maghreb in genere, e hanno permesso al ministero della difesa di potenziare la sicurezza dei siti di estrazione degli idrocarburi. L’Algeria rimane uno dei centri nevralgici della lotta al terrorismo legato alle propagazioni di al-Qaida nella regione e, anche a livello interno, continua a essere un paese potenzialmente instabile.
Per contro i militanti di Aqim hanno esteso i propri obiettivi nella regione del Sahel, tra Mali, Niger, Mauritania e Algeria, dove le autorità governative faticano a pattugliare il territorio, inospitale e molto vasto. Per supplire a questo deficit organizzativo il presidente Bouteflika può contare sull’appoggio dei Tuareg, alcuni dei quali vivono anche di traffici illeciti proprio nella zona sahelo-sahariana. I Tuareg, infatti, preoccupati per la crescente presenza di contingenti internazionali – come ad esempio Africom – impegnati nella lotta al terrorismo, hanno un interesse comune con il governo algerino a opporre resistenza al radicamento delle cellule di Aqim, pur di mantenere il monopolio dei traffici criminali sulla rotta trans-sahariana.