BRANCALEONI, Amaleone
Figlio di Rinaldo dei conti di Luco, nacque probabilmente a Foligno sullo scorcio del sec. XIV e fece il suo tirocinio nel mestiere delle armi al servizio dei Trinci, signori della città. Nel gennaio del 1421, un suo parente, conestabile della rocca di Nocera, uccise Niccolò e Bartolomeo Trinci "perché uno di quelli signori usava con la moglie". Accorse da Foligno a vendicare i fratelli Corrado Trinci, sostenuto da Braccio da Montone, e uniti s'impadronirono di Nocera e presero sanguinosa vendetta non soltanto del castellano e dei suoi, ma anche dei parenti e amici di lui, non risparmiando neppure i fanciulli. Il B. riuscì a fuggire e passò nel Regno di Napoli al soldo di Muzio Attendolo Sforza, che militava ai servizi della regina Giovanna contro Braccio da Montone sostenitore delle pretese al trono di Napoli di Alfonso d'Aragona; quando Muzio Attendolo morì nel guadare la Pescara, passò agli ordini del figlio di lui Francesco.
Con Francesco Sforza il B. combatté vittoriosamente nella giornata dell'Aquila (2 giugno 1424) dove Braccio fu ferito a morte. Si disse che chi lo aveva ferito, determinando il panico fra i nemici e la disfatta, era un audacissimo conestabile di fanti detto il Folignate. Che si trattasse proprio del B. è confermato da un cronista di Foligno, il quale proprio in quei giorni annotava nel suo memoriale: "A di otto giugno venne la novella certa come Braccio era morto di una ferita in combattimento, e fecegliela Armaleo Brancaleoni di Foligno, conestabile di dugento fanti". La tradizione braccesca, raccolta dal Campano, tendenziosamente qualifica l'uccisore di Braccio "ex infima plebe miles, ignotum ante id tempus".
Dopo la vittoria su Braccio, il pontefice Martino V, traendo partito dallo sfacelo della vasta signoria creata dal geniale capitano, mandò lo Sforza contro i Trinci, che di Braccio erano stati fedeli alleati. Accostatosi con l'esercito a Foligno, lo Sforza si servì del B. e di suo fratello Pietro, che nella città contavano numerosi fautori, per suscitare un tumulto che agevolasse la resa: infatti alcuni sediziosi avrebbero dovuto nottetempo aprire agli Sforzeschi le porte della città, ma il tentativo andò a vuoto, e Corrado Trinci riuscì, anche per la mediazione di Guidantonio da Montefeltro e dei conti di Marsciano imparentati con i Trinci, ad accordarsi con lo Sforza. Dall'Umbria il B. passò poi con le milizie sforzesche nelle Marche, e deve aver acquistato nei consigli del suo giovane capitano non poca autorità se riuscì, com'è attestato dai contemporanei, a dissuaderlo dal portare guerra agli Ascolani.
Da questo momento del B. si perdono le tracce; ma non dovette essere estraneo, qualche anno dopo, alla caduta della signoria dei Trinci, perché nel processo che la Curia romana imbastì contro l'ultimo signore, i più gravi capi di accusa furono proprio le immani crudeltà perpetrate da lui nel vendicare i fratelli, quelle crudeltà in cui erano periti parenti e amici del Brancaleoni.
Bibl.: Fragmenta Fulginatis Historiae, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXVI, 2, a cura di M. Faloci Pulignani, p. 33; Ser Guerriero da Gubbio, Cronaca,ibid., XXI, 4, a cura di G. Mazzatinti, p. 41; Iohannis Simonetae Rerum gestarum Francisci Sfortiae Commentarii,ibid., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, pp. 19, 496; Iohannis Antonii Campani De Vita et gestis Braccii,ibid., XIX, 2, a cura di R. Valentini, p. 203; L. Jacobilli, Bibl. Umbriae,sive de Scriptoribus prov. Umbriae, Fulginiae 1658, p. 238; G. Bragazzi, Compendio della storia di Foligno, Foligno 1858-59, p. 23; M. V. Prosperi Valenti, Corrado Trinci ultimo signore di Foligno, in Boll. della Deputaz. di storia patria per l'Umbria, LV (1956), pp. 56, 59.