ambiente
L'insieme delle condizioni in cui si svolge la vita degli organismi
L'ambiente è un sistema complesso di fattori fisici, chimici e biologici, di elementi viventi e non viventi e di relazioni in cui sono immersi tutti gli organismi che abitano il Pianeta. L'insieme degli ambienti della Terra costituisce la biosfera. L'ambiente presenta caratteristiche molto diverse a seconda delle condizioni geografiche naturali. In alcune aree le caratteristiche fondamentali sono state trasformate dall'intervento dell'uomo, che ha sfruttato le risorse naturali per costruire le proprie civiltà. Negli ultimi due secoli, soprattutto dopo la Rivoluzione industriale, l'intensità con cui sono state utilizzate le risorse naturali ha creato problemi nuovi, conosciuti con il termine di inquinamento. Sorge così per l'uomo la necessità di cambiare il modo di usare le risorse naturali.
Quanti significati ha la parola ambiente? Ne ha molti, e viene usata in molte situazioni, tanto che spesso sentiamo il bisogno di accoppiarla con un aggettivo, per definirla meglio. Parliamo infatti di ambiente naturale, sociale, culturale, urbano, virtuale, materiale. La usiamo come sinonimo di spazio, di territorio, di luogo, di ecosistema. Anche una camera è un ambiente, come pure un gruppo di persone accomunate da interessi, affetti, idee o abitudini: parliamo infatti di ambiente sportivo, ambiente politico, ambiente familiare.
Ma tutti questi usi della parola ambiente hanno un significato comune; ambiente, infatti, è "ciò che circonda, ciò che sta intorno", riferendoci all'insieme di condizioni e fattori, tra loro collegati, che circondano il singolo organismo (vegetale o animale) in uno spazio definito: per esempio, l'ambiente subacqueo è dato dall'acqua in cui è immerso un pesce e da tutti quegli elementi che ne rendono possibile la vita.
Queste condizioni rendono possibile l'accadere di qualcosa, per esempio la vita di una pianta o la nascita di un'amicizia.
Ma quali sono le caratteristiche più importanti dell'ambiente in cui viviamo e perché la vita sul nostro Pianeta oggi è a rischio?
L'ambiente è un insieme di condizioni e fattori tra loro collegati, che sono normalmente in equilibrio; quando l'equilibrio si altera, si mettono in moto reazioni che, lentamente, provano a costruire un nuovo equilibrio. Questo è vero, però, solo se le alterazioni non superano un certo limite, oltre il quale quell'ambiente non sarà più in grado di tornare al suo equilibrio naturale. Come è successo, per esempio, in molte zone d'Italia una volta coperte di boschi e oggi in condizioni di semiaridità a causa dell'eccessivo disboscamento subito, o in quella regione una volta conosciuta come Mezzaluna fertile (l'attuale Iraq) e oggi ridotta a deserto di sassi.
Una legge molto importante che governa le trasformazioni dell'ambiente è che in natura nulla si crea e nulla si distrugge. Infatti ogni trasformazione utilizza materiali esistenti ‒ le risorse ‒ e produce a sua volta altri materiali che prima o poi diventeranno rifiuti (liquidi, solidi o gassosi). Ora, mentre gli ambienti naturali hanno la capacità di utilizzare sempre tutto ciò che producono e solo se subiscono fenomeni catastrofici ‒ come una grande siccità ‒superano la loro 'capacità di carico', gli ambienti artificiali, quelli cioè trasformati dall'uomo, hanno continuo bisogno di manutenzione o perché privi di vita propria, come nel caso delle strade e degli edifici di una città, o perché la natura non è in grado di 'digerire' i materiali in essi utilizzati (per esempio la plastica).
Due risorse strettamente collegate alla ricchezza e alla stabilità dell'ambiente sono la diversità biologica (detta anche biodiversità) e l'acqua.
La biodiversità, ovvero la varietà di organismi e specie che popolano un ecosistema, lo rende più stabile in quanto capace di reagire alle alterazioni che possono intervenire. Oggi, però, la biodiversità è in pericolo perché il ritmo e l'ampiezza delle trasformazioni ambientali impresse dall'uomo stanno accelerando fenomeni come la deforestazione, la desertificazione e l'estinzione di specie animali e vegetali.
L'acqua, come la biodiversità, è un'altra risorsa indispensabile per l'ambiente. Lo è anche per l'economia umana: nella nutrizione (da sola costituisce circa i 2/3 del peso corporeo), in agricoltura, nell'industria e nella produzione di energia, tanto che è spesso drammaticamente al centro delle guerre che scoppiano in alcune regioni del mondo per il controllo delle risorse idriche.
Globalmente l'acqua è una risorsa abbondante, ma su scala locale è piuttosto limitata. Non solo perché l'acqua dolce presente sul Pianeta non è tutta immediatamente utilizzabile ‒ infatti ce n'è molta nascosta nelle viscere della Terra o intrappolata nei ghiacciai dei Poli e delle montagne ‒, ma soprattutto perché ci sono molte aree del Pianeta dove l'acqua è scarsa per il clima arido o per l'inquinamento provocato dalle attività umane o per l'eccessivo prelievo dal sottosuolo che ha fatto entrare acqua salina nelle falde.
Ogni trasformazione per realizzarsi ha bisogno di energia. L'energia è la capacità di un sistema (una macchina, un vivente) di compiere un lavoro. Come la pianta utilizza energia per crescere, così noi, per esempio, consumiamo energia per compiere il lavoro di conficcare un chiodo nel legno. La pianta trae la sua energia dal Sole, attraverso la fotosintesi clorofilliana; i nostri muscoli, che devono sollevare il martello per battere un chiodo, la ricavano dagli alimenti, che a loro volta l'hanno presa dal Sole. Quasi tutta l'energia utilizzata sul nostro pianeta viene dal Sole. Accanto all'energia solare le altre fonti, di gran lunga meno significative, sono: l'energia geotermica, che si sprigiona nel sottosuolo; l'energia delle maree, che sfrutta la forza gravitazionale; l'energia nucleare, che nella sua utilizzazione da parte dell'uomo presenta però gravi, e per ora irrisolti, problemi di sicurezza.
L'azione del Sole mette a disposizione dell'uomo due forme di energia: una si rinnova continuamente attraverso i cicli climatici, l'altra si è accumulata nel corso di milioni di anni nel sottosuolo, nei combustibili fossili (petrolio, carbone, metano). Questi ultimi sono i più utilizzati e forniscono gran parte dell'energia per tutte le principali attività umane (trasporto, riscaldamento, produzione industriale, produzione di energia elettrica).
Nei processi di trasformazione che avvengono sul nostro pianeta si consumano in continuazione energia e materia. Mentre l'energia solare è pressoché illimitata e le sostanze organiche si rinnovano attraverso i cicli della natura, l'energia di origine fossile e le sostanze minerali, una volta consumate, non sono più disponibili per le generazioni future, a meno che non intervenga l'uomo con attività di recupero e riciclaggio, che comunque consumano energia.
L'uomo, quindi, producendo oggetti artificiali consuma risorse ‒ il petrolio e il metallo che servono per produrre l'automobile ‒ e immette nell'ambiente rifiuti, o durante la lavorazione (gas, polveri, liquami, scarti solidi) o al suo termine, quando il prodotto finisce il suo ciclo di vita e viene gettato via. Queste immissioni riguardano sostanze che spesso la natura non è in grado di 'digerire', perché nella maggior parte dei casi sono poco biodegradabili e comunque superano la capacità di carico dell'ambiente perché prodotte in grande quantità e in un tempo molto breve. Da qui nasce l'inquinamento, che consiste nell'alterazione delle condizioni e degli equilibri naturali dell'ecosistema.
La dinamica 'consumo di risorse → produzione di rifiuti' sta provocando danni ambientali che rischiano di essere irreversibili. Si è così diffuso nel mondo un allarme giustificato, anche per merito delle associazioni ambientaliste, che ha permesso di aprire una discussione su uno sviluppo ambientalmente sostenibile, che sappia cioè "assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri" (ONU 1987). Una strada possibile consiste nell'ispirare le scelte tecnologiche ed economiche dell'uomo alle leggi che governano la natura: tenere conto, quindi, che la natura non produce rifiuti, oltre che seguire il principio della capacità di carico per pianificare lo sviluppo dei territori.
Ma il problema principale oggi riguarda l'energia, le risorse energetiche (v. fonti energetiche). Per limitare l'inquinamento, in attesa che l'utilizzazione di fonti rinnovabili superi quella di energia fossile, occorre puntare al risparmio energetico. Questo coinvolge i consumatori, che devono imparare a riconoscere sul mercato i prodotti più compatibili con l'ambiente, ma coinvolge soprattutto le scelte di governanti e amministratori sull'organizzazione delle città ‒ riduzione del traffico, impianti di teleriscaldamento che, utilizzando il calore prodotto da altri impianti industriali, portano il calore nelle abitazioni ‒ e sulla costruzione degli edifici, per ridurre la dispersione di calore e risparmiare sul riscaldamento.
Molto importante è stato anche l'intervento legislativo, che in Italia è segnato soprattutto dalla legge quadro per le aree protette del 1991. Secondo quella legge le funzioni di un'area protetta sono la conservazione e il ripristino degli ecosistemi naturali, con ciò comprendendo le testimonianze culturali e storiche, la ricerca scientifica, l'attività educativa, lo sviluppo locale sostenibile, e la valorizzazione di forme di turismo compatibili con l'ambiente.
Un ruolo significativo lo hanno avuto le associazioni ambientaliste che, in forme diverse, si ripromettono, con un'azione collettiva, di modificare cultura e comportamenti della società nel campo ambientale. A livello planetario le associazioni ambientaliste si sono diffuse soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale: nel 1966 nasce il WWF (World wildlife fund), nel 1977 gli Amici della Terra, nel 1987 Greenpeace. Lo stesso è avvenuti in Italia: nel 1948 nasce l'associazione ProNatura, seguita pochi anni dopo da Italia Nostra e nel 1965 dalla LIPU (Lega italiana protezione uccelli). Nel 1978 nasce la Lega per l'abolizione della caccia, mentre nel 1980 viene fondata Legambiente e in tutto il paese si costituiscono le sezioni italiane delle associazioni internazionali.
Un ambiente naturale, per esempio un bosco, dal punto di vista degli organismi animali si considera in equilibrio quando tutte le popolazioni che lo abitano hanno un rapporto costante tra loro (1).
Se per un intervento esterno, come potrebbe essere l'uccisione di selvaggina da parte dei cacciatori, in un bosco venissero a diminuire i predatori, (2) gli erbivori crescerebbero a dismisura, consumando più erba e più foglie di quante il bosco non sia in grado di produrre. A quel punto gli erbivori, mal nutriti, comincerebbero ad ammalarsi e a morire (3), oppure diventerebbero più facili prede dei pochi predatori rimasti (o eventualmente reintrodotti dall'uomo). Il numero degli erbivori comincerebbe, così, di nuovo a decrescere e il bosco a tornare al suo equilibrio naturale (4).
La capacità di carico è il numero massimo di organismi di una specie che un dato ambiente può sopportare continuando a consentire la sopravvivenza a tutte le specie che lo abitano. Il livello massimo di accrescimento di una specie è influenzato da diversi fattori, detti fattori limitanti, quali il clima, le risorse disponibili, la competizione di altre specie e altri ancora. In riferimento agli ambienti popolati dall'uomo, la capacità di carico è riferita al livello massimo di intensità demografica e di attività economica che un ambiente può sopportare senza mettere in crisi la capacità di riproduzione delle risorse e quella di autodepurazione della biosfera.
Qualità: il volume d'acqua dolce è pari circa al 3% di tutta l'acqua presente sul Pianeta.
Acqua potabile: secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, nel mondo solo il 20% della popolazione mondiale ha un rubinetto in casa. In Europa più della metà dell'acqua viene trattata prima di essere immessa negli acquedotti.
Siccità: secondo la FAO negli anni Cinquanta i paesi che soffrivano di scarsità idrica erano sette, quarant'anni dopo erano diventati venti.
Consumi e sprechi: in Italia, su 55 miliardi di metri cubi di acqua captati, cioè presi direttamente alla sorgente, 36 vanno all'agricoltura, 10 all'industria e 9 all'uso potabile, ma di questi poco più di 3 vengono effettivamente utilizzati.
L'inquinamento è un processo di trasformazione dell'equilibrio naturale dell'ambiente. Non è sinonimo di sporcizia o di degrado. Le scritte sui muri o le cartacce per terra o un muro scrostato indicano incuria, maleducazione, abbandono, danno una pessima immagine di un luogo e dei suoi abitanti, ma di per sé non determinano inquinamento.
La più diffusa tra le fonti rinnovabili è quella idroelettrica, che utilizza la spinta dell'acqua. È una fonte molto antica, usata già per i mulini ad acqua. L'acqua, trattenuta dalle dighe in alta montagna, viene immessa in condotte forzate entro cui cade a valle, con salti anche di 1.000 m di dislivello, e scarica la sua forza su una turbina (una sorta di mulino moderno) il cui albero motore, girando in un alternatore, produce energia elettrica. Ma la produzione idroelettrica non è priva di controindicazioni, sia perché le dighe creano ferite insanabili nel paesaggio, sia perché viene stravolta la vita del fiume. Negli ultimi decenni la tecnologia si è così indirizzata verso altre fonti rinnovabili come il vento, catturato dalle pale eoliche, veri mulini a vento moderni, o come i raggi del Sole, catturati da 'pannelli solari' che trasformano il calore in acqua calda.
Queste fonti, al contrario di quelle di origine fossile, per produrre energia non immettono nell'atmosfera alcun gas.
La difesa della natura in Italia è affidata anche alle leggi che difendono il paesaggio, oggi raccolte nel Codice Urbani, che si basa sull'art. 9 della Costituzione italiana (la Repubblica "promuove lo sviluppo della cultura e tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione"). Secondo la legge sono automaticamente sottoposte a vincolo paesaggistico aree come le coste dei laghi e dei mari (fino a 300 m dalla riva), dei fiumi (per 150 m), nonché le aree montane sopra i 1.600 m per le Alpi e 1.200 per gli Appennini e gli altri rilievi, i ghiacciai, i parchi, i boschi e le foreste, le zone umide, i vulcani, le aree archeologiche. Inoltre come "patrimonio culturale nazionale" vengono individuate due tipologie di beni culturali: quelli in senso stretto, d'interesse storico, artistico, archeologico, e quelli costituiti dai paesaggi trasformati dall'uso ormai millenario del territorio da parte dell'uomo. Il paesaggio è inteso come risorsa fondamentale per promuovere uno sviluppo di qualità del territorio e deve essere individuato nella sua complessità anche in base alla percezione che ne hanno le popolazioni locali.
Grazie alla legge 394/91 il territorio protetto in Italia è passato in dieci anni dal 3 al 10 % del territorio nazionale. Ai cinque parchi nazionali storici, istituiti prima del 1968, si sono aggiunti 23 parchi nazionali, 20 aree marine protette e 101 aree protette istituite dalle Regioni (alcune di grande valore come per esempio il vulcano Etna) oltre a numerose aree istituite da altri enti locali o direttamente gestite da associazioni ambientaliste, per un totale di 727 aree.
A queste aree protette bisogna aggiungere inoltre la presenza di 50 zone umide di importanza internazionale, riconosciute ai sensi della Convenzione di Ramsar. Si tratta di aree custodi di importanti ecosistemi 'umidi' ad altissimo grado di biodiversità, habitat vitali per gli uccelli acquatici.