biodiversità
La varietà delle specie animali, vegetali e microbiche presenti sulla Terra
Biodiversità sembra una parola nuova. In realtà questo termine indica un concetto antico: la varietà degli organismi viventi che abitano il nostro pianeta. L'unità di riferimento della biodiversità è la specie, intesa come insieme di individui in grado di scambiarsi materiale genetico. Oggi la biodiversità sta diminuendo a una velocità molto elevata rispetto al passato. Questa accelerazione è causata soprattutto dalla modificazione o distruzione da parte dell'uomo degli ambienti naturali, in particolare di quelli più ricchi di specie
Parlando di biodiversità facciamo riferimento alle specie, cioè a insiemi di individui, riuniti in popolazioni, che sono in grado di accoppiarsi e scambiarsi materiale genetico da trasmettere alle generazioni future. Ogni specie è isolata dalle altre nel senso che due individui di specie diverse non possono accoppiarsi tra loro e avere figli fertili: gli ibridi, infatti, sono quasi sempre sterili. In termini scientifici si dice che una specie è costituita da popolazioni di individui riproduttivamente isolati da altre popolazioni di specie diverse.
Quando una popolazione, per cause geografiche o ambientali, resta isolata per lungo tempo dalla specie cui appartiene si possono accumulare tante e tali differenze da portare a un isolamento riproduttivo di questa popolazione rispetto alla specie originaria e quindi alla nascita di una nuova specie. Questo è uno dei maggiori meccanismi generatori di biodiversità e di evoluzione.
La biodiversità può essere studiata a diversi livelli, indicati con le lettere greche alfa, beta e gamma. La diversità alfa (v. fig.) indica il numero di specie presenti in una comunità di viventi che occupa un determinato ambiente in una località geografica definita. La diversità beta si riferisce al numero di comunità che si incontrano in una determinata area geografica. La diversità gamma, infine, indica il numero totale di specie che si ritrovano in una data regione geografica, che corrisponde al prodotto delle diversità alfa e beta.
Le comunità più ricche e diversificate sono quelle delle regioni tropicali dove temperatura, luce solare e acqua abbondante favoriscono lo sviluppo dei viventi. Sono stati descritti finora circa due milioni di specie, ma si stima che ve ne siano ancora molti altri milioni da scoprire, cioè un numero elevato di organismi che attendono una descrizione e l'attribuzione di un nome scientifico. La stragrande maggioranza di questi organismi è concentrata nella zona compresa tra i due Tropici, in particolare nelle foreste pluviali e nelle barriere coralline. Le aree a più alta concentrazione di specie sono definite hot spots ossia "punti caldi" della biodiversità. Nel mondo sono stati individuati trentaquattro punti caldi di biodiversità (figura a sinistra), che occupano meno del 3% della superficie terrestre ma contengono circa la metà delle specie viventi sulla Terra. Uno dei punti caldi è il bacino del Mediterraneo, che include, quindi, anche l'Italia. Ma perché oggi si sente parlare tanto di biodiversità? Cosa è cambiato rispetto a venti anni fa, quando lo studio e la descrizione della diversità dei viventi erano confinati nel mondo degli specialisti?
Nel corso dell'ultimo secolo abbiamo assistito a un aumento vertiginoso della velocità di estinzione delle specie (v. fig.). Da quando sono comparse le prime tracce di vita sulla Terra, circa 3,5 miliardi di anni fa, il nostro pianeta è stato testimone di fasi di ingenti esplosioni di nuove forme di vita, ma anche di grandi estinzioni di massa. Analizzando il fenomeno nel suo complesso, nuove specie sono apparse e altre si sono estinte a un ritmo più o meno costante: questo vuol dire che alle crisi di estinzione sono sempre succedute fasi di rapide e grandi diversificazioni, note come radiazioni adattative.
Ma la velocità con cui avvengono le estinzioni oggi è aumentata drasticamente e il numero di nuove specie che si originano attraverso i meccanismi dell'evoluzione non riesce più a compensare le perdite. A questo ritmo l'Unione internazionale per la conservazione della natura stima che entro i prossimi decenni possano essere a rischio di estinzione circa settemila specie animali e oltre sessantamila vegetali.
A cosa è dovuta questa catastrofe? Nella stragrande maggioranza dei casi è legata alla distruzione o alla modifica radicale degli ambienti naturali. Se si pensa che un solo albero di foresta pluviale può ospitare fino a cento specie di piante e animali diversi, si può capire come il taglio di migliaia di ettari di foresta pluviale rappresenti una delle cause principali di perdita di biodiversità del Pianeta. Per talune specie, in particolare per quelle di grandi dimensioni come Uccelli e Mammiferi, una grave minaccia è rappresentata dalla caccia a scopo di commercio, amatoriale o alimentare. La caccia alle balene, per esempio, ha portato sull'orlo dell'estinzione la maggior parte delle specie, soprattutto da quando viene effettuata con mezzi potenti e sofisticati.
Perché ci preoccupiamo tanto di mantenere un'alta diversità di piante e animali nel nostro pianeta già tanto affollato di uomini? Cosa ci importa della sopravvivenza del colibrì o dei coleotteri? In effetti, se ragioniamo in termini del tutto utilitaristici, a noi esseri umani basterebbe la sopravvivenza di quegli animali e piante che ci danno da mangiare o che utilizziamo per vestirci, per costruire ripari o oggetti utili, e che, peraltro, siamo in grado di allevare artificialmente aumentandone la produttività. La questione non è però così semplice e sono molti i casi in cui la diversità dei viventi si rivela essenziale.
Innanzitutto la totalità di animali allevati e di vegetali coltivati dall'uomo deriva dalla selezione artificiale di specie selvatiche la cui esistenza rimane fondamentale per compiere periodicamente incroci con le varietà domestiche in modo da rafforzarne la resistenza. La sopravvivenza di ogni specie dipende poi dalle complesse relazioni che si stabiliscono tra i componenti della comunità d'appartenenza, siano microbi, animali o vegetali. Se in un ambiente, a causa di insetticidi, diminuisce il numero degli insetti impollinatori, ne risentiranno presto le piante che di essi hanno bisogno per la loro riproduzione.
Molte specie di alberi hanno un ruolo fondamentale nella salvaguardia della stabilità dei suoli e nella protezione dal dilavamento dei nutrienti o negli scambi idrici che regolano il clima. Il suolo liberato dalla vegetazione di una foresta tropicale abbattuta potrà essere coltivato solo per pochi anni, perché in breve le piogge porteranno via le sostanze nutrienti e i sali minerali accumulati negli strati più superficiali, per cui i terreni, ormai desertificati, dovranno essere abbandonati per sempre. Della perdita di biodiversità soffre anche la farmacopea moderna, che sfrutta i principi naturali derivati dalle piante selvatiche per produrre nuove medicine che combattono diverse malattie.
Nel 1992 i rappresentanti di tutte le nazioni si sono riuniti a Rio de Janeiro per tentare di trovare un accordo per la salvaguardia della biodiversità sulla Terra. Da quell'importante consesso è nata la Convenzione sulla biodiversità, che indica le misure che ogni paese deve adottare per raggiungere questo obiettivo primario. Il principio ispiratore della Convenzione è l'uso sostenibile delle risorse da parte dell'uomo. Le popolazioni umane devono imparare a utilizzare la biodiversità che le circonda e che rappresenta l'unica garanzia di vita sul Pianeta, in modo da proteggerla e mantenerla integra per le generazioni future. Questo vuol dire che gli ambienti e gli esseri viventi che vi abitano dovranno essere conservati e utilizzati dall'uomo in modo tale da rispettarne la vita e permetterne la riproduzione.