Mediterraneo, Mare
Il nostro mare quotidiano
Il Mediterraneo è il mare più famoso, il mare per eccellenza, quello dei tre continenti, delle tre religioni monoteiste, delle cento culture, del clima più piacevole, del cielo più azzurro. Ma è anche un mare piccolo, quasi chiuso, sovraffollato, inquinato: una ‘pozza’ con un’infinità di problemi che gli abitanti delle sue rive hanno difficoltà ad affrontare seriamente
L’intero Mare Mediterraneo, compreso il Mar Nero, non arriva a 3 milioni di km2 di superficie: molto meno dell’1% dell’estensione totale degli oceani della Terra. Una porzione minuscola. Ma per la nostra storia – e per la storia di tutta l’umanità – questa piccolissima quantità di acqua ha un’importanza fondamentale: perché sulle sue rive, anche grazie a condizioni ambientali rese vantaggiose proprio dal mare, si sono sviluppate grandi civiltà che sono all’origine della civiltà egemone da alcuni secoli nel mondo, ma soprattutto perché quelle grandi civiltà antiche hanno potuto arricchirsi reciprocamente proprio grazie al fatto che si affacciavano su un mare navigato e conosciuto sin dall’antichità, che ha consentito continui scambi di genti e di conoscenze. Sono stati gli scambi di informazioni e di innovazioni, e gli incroci di popolazioni e culture, che hanno reso formidabili civiltà come quella greca e quella romana; ed è stato il Mediterraneo a renderli possibili con facilità.
Molte parti del Mediterraneo hanno nomi specifici, in corrispondenza degli spazi disegnati in mare dalle terre emerse: nomi che spesso sentiamo nominare e che sono la testimonianza di quanto frequente e fitto sia stato nel tempo il contatto con questo mare.
Una prima distinzione è tra Mediterraneo occidentale, da Gibilterra al Canale di Sicilia, Mediterraneo orientale e Mar Nero. Considerando solo i principali nomi, nel Mediterraneo occidentale si susseguono: Mar di Alborán, tra Spagna e Marocco; delle Baleari, tra Spagna, Francia, Corsica, Sardegna e Algeria (nella sua parte settentrionale diventa Golfo del Leone, in quella orientale Mar di Sardegna); Ligure, fra Corsica e Penisola Italiana; Tirreno, fra Corsica, Sardegna, Sicilia e Penisola Italiana; di Sicilia, tra Sicilia, Malta e costa africana (nella parte sudoccidentale forma il Golfo di Gabes).
Nel Mediterraneo orientale: Adriatico, tra Penisola Italiana e costa balcanica, fino al Canale d’Otranto (con il Golfo di Venezia a nord); Ionio, tra Sicilia, Penisola Italiana, Grecia e Africa (a nord vi si apre il Golfo di Taranto, a sud quello della Sirte); d’Africa, tra Creta e l’Africa; di Levante, tra Cipro, la foce del Nilo e la costa asiatica; di Creta, a nord dell’isola; Egeo, fra Grecia e Turchia.
All’estremità nord-est dell’Egeo, un altro insieme di strettissimi canali marittimi, Dardanelli e Bosforo, mantiene aperta la comunicazione con il bacino del Mar Nero, da cui dipende il piccolo Mar d’Azov, a sua volta pure quasi completamente serrato dallo Stretto di Kerč.
Forse il Mediterraneo si sta chiudendo, poco a poco. Qualche decina di milioni di anni fa, al suo posto c’era un oceano (Tetide), e intorno le masse di terre emerse che sarebbero diventate l’Eurasia e l’Africa (tettonica). I movimenti di queste placche le portarono a scontrarsi e saldarsi proprio intorno al Mediterraneo, che si restrinse, si riallargò, si restrinse. È possibile che in qualche fase sia stato del tutto chiuso e che l’acqua sia evaporata completamente. Quasi certamente, questo successe al Mar Nero in un’epoca non antichissima.
In conseguenza di questi movimenti, gran parte del fondo del Mediterraneo è costituito da poco profonde piattaforme continentali (prosecuzione sott’acqua delle masse continentali emerse): così l’Adriatico, quasi tutto l’Egeo, buona parte del Mar di Sicilia e del Mar Nero. Ma in alcuni tratti il mare raggiunge profondità notevoli: quasi 3.800 m nel Tirreno centromeridionale, oltre 5.000 nello Ionio orientale, quasi 4.300 a sud-est di Rodi.
La morfologia del fondo è molto complessa e accidentata, ed è complicata dal fatto che l’area mediterranea centro-orientale è fortemente sismica e vulcanica. Non poche sono le isole formate da vulcani (le Isole Ponziane e le Eolie in Italia, molte delle isole dell’Egeo) e non pochi sono anche i vulcani sottomarini ancora attivi, sia nel Tirreno meridionale sia nell’Egeo; in vari tratti di costa mediterranea è poi facile verificare che in epoca relativamente recente la terra emersa si è sollevata di metri e metri rispetto al mare, per effetto di spinte endogene e di fenomeni sismici.
Il Mediterraneo appartiene al bacino atlantico, dato che le sue acque sono in comunicazione naturale solo con l’Oceano Atlantico attraverso lo Stretto di Gibilterra. In realtà, le acque del Mediterraneo sono oggi in comunicazione anche con il Mar Rosso (e quindi con l’Oceano Indiano) per via del taglio artificiale del Canale di Suez – e, per quanto recente e modesto sia lo scambio che avviene tramite il Canale, pure è bastato a far arrivare nel Mediterraneo orientale specie viventi del Mar Rosso.
Attraverso lo Stretto di Gibilterra e grazie a una corrente superficiale, il Mediterraneo riceve dall’Atlantico l’acqua che occorre a ristabilire un bilancio idrico gravemente passivo: il mare, infatti, riceve acqua dai fiumi che vi si versano e dalle precipitazioni; ma l’evaporazione gliene sottrae tre volte tanta, e senza l’apporto delle acque oceaniche si prosciugherebbe rapidamente. Il Mediterraneo è un mare caldo, sia per la posizione abbastanza meridionale, sia perché è cinto da terre. Di conseguenza, l’acqua evapora con maggiore facilità, e il sale disciolto si concentra: così le acque del Mediterraneo (specie nella sezione orientale, dove il ricambio avviene più lentamente) sono fra quelle più saline e con la maggiore densità.
Il mare è allungato (circa 4.000 km) in senso ovest-est, ed è ingombro di penisole e isole grandi e piccole, specialmente verso la riva settentrionale. Penisola Italiana e parte meridionale (Grecia) della Penisola Balcanica – più molte altre minori – e poi isole come Baleari, Corsica, Sardegna, Sicilia (la più estesa), Creta e Cipro e altre migliaia più o meno piccole nel Tirreno, nell’Adriatico e nell’Egeo interrompono l’uniformità dello specchio d’acqua, deviano le correnti e rendono molto complessa la circolazione atmosferica da un capo all’altro del bacino.
Il complicato insieme di posizione latitudinale ed estensione longitudinale, circolazione atmosferica e marina, differenze di temperatura fra terra e mare è alla base del clima ‘mediterraneo’: le temperature non raggiungono mai valori troppo elevati né troppo bassi (modeste escursioni sia diurne sia annue), e la piovosità è relativamente scarsa e concentrata in alcune stagioni (autunno e primavera). Questo regime climatico interessa appieno solo una parte delle coste del Mediterraneo e, in qualche misura, porzioni del retroterra. Ma la presenza del mare attenua in tutta l’area gli eccessi termici, anche se non arriva ovunque a determinare il tipo di clima.
Il clima mediterraneo si è rivelato idoneo per un buon numero di produzioni agricole di pregio: dai cereali all’olivo, dalla frutta agli ortaggi e via dicendo. E, soprattutto, si è rivelato perfettamente idoneo per l’insediamento umano (Mediterraneo, civiltà del). Le coste del Mediterraneo, così, anche se il mare non è molto pescoso (le sue acque sono troppo saline e poco rimescolate), hanno attirato un popolamento antico e sempre più fitto, che è vissuto di agricoltura e di commercio marittimo.
Gli scambi via mare, in particolare, furono molto precoci e, con alti e bassi, sono proseguiti intensissimi fino a oggi. Soprattutto grazie all’apertura del Canale di Suez, infatti, il Mediterraneo ricade lungo alcune fra le più rilevanti rotte mondiali: quelle tra Europa e America Settentrionale, da una parte, e Asia orientale e Golfo Persico dall’altra.
L’importanza economica e commerciale, la densità della popolazione, la posizione cruciale tra aree culturali ed economiche diverse, l’imponenza dei flussi migratori, la vulnerabilità ambientale, i traffici illegali e tanti altri fattori rendono il Mediterraneo un’area molto delicata negli equilibri mondiali: dove qualsiasi azione ha effetti su tutto il resto e dove, quindi, l’unica forma di gestione ragionevole è la cooperazione fra tutti gli interessati.