tettonica
Come il nostro pianeta cambia faccia
La tettonica studia l’evoluzione del nostro pianeta, soggetto a continui cambiamenti a causa di enormi forze che ne modellano la struttura interna e la superficie. La tettonica delle placche, in particolare, studia la deformazione della litosfera, che si manifesta attraverso processi geologici imponenti quali la formazione delle montagne e dei vulcani e l’attività sismica
La tettonica è il ramo delle scienze geologiche (geologia) che studia i processi di deformazione delle rocce e le strutture che ne risultano, su piccola e grande scala. La tettonica delle placche, in particolare, è la teoria che spiega la deformazione dello strato più esterno del nostro pianeta. Questa teoria è stata proposta alla fine degli anni Sessanta del Novecento, avvalorata da un numero crescente di evidenze che la crosta e la porzione superiore del mantello terrestre costituissero un guscio rigido (litosfera), frammentato in alcune placche maggiori e in numerose placche minori. La litosfera terrestre può essere di due tipi, oceanica e continentale: la litosfera oceanica è più densa e sottile di quella continentale e il suo spessore aumenta all’aumentare dell’età geologica.
Le placche litosferiche si muovono l’una rispetto all’altra con una velocità di alcuni centimetri all’anno (la velocità di crescita dei capelli!) ‘galleggiando’ al disopra di uno strato che ha invece comportamento plastico, l’astenosfera (dal greco astenos «debole»).
La posizione e la dimensione delle placche cambia nel tempo; lungo i loro margini si sviluppa un’intensa attività geologica che si manifesta con terremoti e con la formazione di montagne e vulcani. I margini divergenti o costruttivi sono quelli in corrispondenza dei quali le placche si allontanano. Essi si trovano per lo più sul fondo degli oceani, e per questo prendono il nome di dorsali oceaniche. Nello spazio creato dall’allontanamento delle placche risalgono enormi quantità di roccia fusa dal mantello, che formano nuova litosfera. La risalita di materiale caldo solleva le dorsali di diverse centinaia di metri rispetto al fondo marino, più freddo, formando il più lungo e continuo sistema di catene montuose del Pianeta.
Nel caso di margini convergenti o distruttivi le placche si avvicinano e la litosfera viene consumata. Essi si trovano spesso in posizione opposta rispetto ai margini divergenti, e ciò è intuitivo in quanto, se da un lato una placca si allontana da quella adiacente, sul margine opposto si avvicina a un’altra, e viceversa.
Quando una placca oceanica e una continentale convergono, quella oceanica, più densa, si flette al disotto di quella continentale e penetra nel mantello formando una zona di subduzione. La subduzione di litosfera crea una fossa, cioè una depressione del fondale oceanico. La crosta che scivola sotto la placca continentale fonde parzialmente e il magma risale in corrispondenza di vulcani allineati parallelamente alla fossa. Un esempio di questo processo è la cordigliera vulcanica delle Ande, formatasi in seguito alla subduzione della placca oceanica di Nazca al disotto della placca continentale sudamericana. In caso di convergenza tra due placche oceaniche, quella più antica – quindi più spessa e pesante – va in subduzione. Un esempio è la subduzione della placca Pacifica al disotto della placca delle Filippine: a questo margine appartiene la fossa delle Marianne, la più profonda (oltre 11.000 m) della Terra. In corrispondenza delle zone di subduzione si verificano i terremoti più forti, come il terremoto di Sumatra del 2004.
La convergenza di due placche continentali, entrambe non abbastanza dense da sprofondare nel mantello, provoca il sollevamento di catene montuose, come quella dell’Himalaya, formatasi al contatto tra la placca Eurasiatica e quella Indiana. Infine, quando le placche si muovono orizzontalmente nella zona di contatto senza creazione né distruzione di litosfera si formano i margini trasformi o conservativi. Questi margini, che sono i meno estesi sul nostro pianeta, sono caratterizzati da faglie lunghe fino a qualche migliaio di chilometri, come la faglia di San Andreas, in California.