DE MARINI, Ambrogio
Nacque verso la metà del XIV secolo, probabilmente a Genova, nella contrada dei De Marini, potente famiglia di mercanti stabilitisi nel pieno centro cittadino, tra la Ripa e la cattedrale di S. Lorenzo da una parte e dall'altra il vico del Filo. Nel corso degli anni 1370-1380 i documenti cittadini ce lo presentano come un uomo d'affari i cui interessi si estendevano, conformemente a un modello corrente nell'aristocrazia commerciale della Genova del tempo, dal Mediterraneo orientale al Mare del Nord. Nel 1376, per esempio, i suoi investimenti si ripartivano tra la Provenza, Pisa, Alessandria d'Egitto e le Fiandre. Nell'ottobre del 1383 partecipava alla spedizione di un carico di guano in Inghilterra. Nella documentazione notarile del 1384 risulta "bancherius, civis et mercator Ianuae". Nel luglio dello stesso anno esportava per via di terra, con destinazione Parigi, una grossa partita di zenzero della Mecca. Nel 1384 e nel 1385 intervenne nella spedizione per nave di un carico di vino greco da Napoli a Sandwich.
Negli ultimi anni del Trecento e nei primissimi del Quattrocento un personaggio omonimo (non è certo che si tratti sempre dello stesso) appare nella documentazione genovese con mansioni ufficiali o comunque svolte nella vita pubblica. Nel 1389 un Ambrogio De Marini è ambasciatore presso Giovanni 1, re di Portogallo. Nel 1400 ne troviamo uno come membro del Consiglio degli anziani. Nel 1403 ne figura uno tra i "capitulatores et capitulatorum, emendatores" e anche tra i membri della Maona di Chio, legato, quindi, all'"albergo" dei Giustiniani.
Solo nell'ultimo anno di vita il D. rivestì anche una carica pubblica maggiore, quella di governatore della Corsica. Ebbe la nomina all'inizio del 1403 dalle mani di Jean Le Meingre sire di Boucicaut, governatore di Genova in nome del re di Francia. L'incarico giungeva in un momento politico molto delicato, nell'isola come nella città ligure. Il D. infatti, succedeva a Raffaele Montaldo, che aveva dato buona prova di sé e raggiunto concreti risultati ma che, proprio per l'incisività della sua azione, aveva tutti i requisiti per dare ombra ai membri della Maona di Corsica e soprattutto a Leonello Lomellino e al partito che lo sosteneva. Così la breve attività del D. come governatore dell'isola si rivelò difficile e nel complesso negativa, soprattutto se paragonata ai chiari successi militari e politici riportati dal predecessore. Come altri governatori genovesi della Corsica prima e dopo di lui, si scontrò con l'accanita volontà degli abitanti di Bonifacio e di Calvi di fare rispettare le proprie franchigie commerciali e doganali. In quest'occasione toccò agli abitanti di Calvi dover protestare contro la violazione dei loro privilegi da parte dell'amministrazione del D., così come da parte di quella di Leonello Lomellino, a proposito di un diritto di gabella che spettava loro sulle operazioni commerciali effettuate nella Banda di Dentro. Più grave la situazione politica: anche dopo la morte del conte Arrigo Della Rocca (giugno 1401) la resistenza continuò per lunghi mesi contro il potere genovese, tanto nella Banda di Dentro che nella Banda di Fuori. Così nell'ottobre del 1403 il governatore fu costretto a emanare nell'isola un decreto in cui dichiarava di voler ricondurre sulla retta via "quos non corrigit amor iusticiae". I ribelli corsi che avessero rifiutato di sottomettersi, e con loro i figli, erano minacciati di bando dall'isola, e a tutti gli isolani era fatta ingiunzione di rispettare il trattato di pace stipulato tra il re di Francia e il re d'Aragona; in caso contrario sarebbero stati considerati ribelli contro il potere genovese.
Il D. non ebbe il tempo di realizzare e nemmeno di avviare seriamente un programma così energico, perché morì, in Corsica, sul finire dello stesso 1403. La notizia giunse a Genova nel corso del mese di dicembre, dove già nel 1400 suo figlio Pileo era stato eletto alla sede arcivescovile.
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