Chirurgo (Bourget-Hersent, Mayenne, 1510 circa - Parigi 1590). È considerato il fondatore della chirurgia francese. P. fu un grandissimo chirurgo e un maestro insigne anche nel campo dell'ostetricia, della quale fu innovatore arditissimo; introdusse in chirurgia il trapano a corona e l'applicazione dei cinti, fu il primo a introdurre nella pratica l'operazione del labbro leporino che era stata dimenticata dal tempo degli Arabi. Quantunque la medicazione semplice delle ferite e la legatura delle arterie siano state chiaramente prescritte assai prima da chirurghi italiani, spetta certo a P. il merito di aver sostenuto con grande autorità e molta energia questi interventi tecnici, che non erano stati mai fino allora accettati e ai quali si deve senza dubbio un decisivo e rapido progresso della chirurgia.
Apprendista presso un barbiere-chirurgo, poi allievo per tre anni all'Hôtel-Dieu di Parigi, ove ebbe modo di osservare un gran numero di malati (vi si trovò durante la peste del 1533) e di acquisire notevoli conoscenze anatomiche grazie alle numerose dissezioni eseguite, la sua formazione (non conosceva né il latino né il greco) fu piuttosto pratica che teorica. Barbiere-chirurgo alle dipendenze del maresciallo de Montejan (1536-42) e del signor de Rohan, prese parte a varie campagne militari, acquistando vasta esperienza e fama. Durante la guerra in Piemonte con l'esercito di Francesco I, avendo cominciato ad applicare fasciature semplici quando, dopo una grande battaglia, gli venne a mancare l'olio, che in quel tempo veniva applicato bollente sulle ferite, osservò con grande stupore che queste guarivano meglio e più rapidamente. Si fece allora propugnatore di questo nuovo metodo di cura e portò poi in tutta la chirurgia un sistema di semplicità pratica che apparve rivoluzionario. Tornato a Parigi dopo aver accompagnato per alcuni anni il visconte di Rohan in qualità di chirurgo, venne accolto nella corporazione dei barbieri. Cominciò a esercitare la chirurgia, ma nel 1552 tornò in servizio nell'esercito e all'assedio di Damvillers praticò per la prima volta la legatura delle arterie nell'amputazione della gamba. In seguito fu chirurgo di Enrico II, che lo fece nominare maestro chirurgo della confraternita di San Cosma (1554) nonostante l'avversione dei professori dell'École de Médecine, che vedevano in lui un uomo di scarsa cultura e un avversario dei metodi tradizionali; ricoprì la stessa carica con Francesco II e divenne (1562) primo chirurgo di Carlo IX e, successivamente, di Enrico III. Numerose e notevoli furono le innovazioni che introdusse o che contribuì a introdurre nella tecnica chirurgica: ottenne buoni risultati sostituendo, nel trattamento delle ferite da arma da fuoco, l'applicazione di olio bollente di sambuco, secondo la tecnica di cauterizzazione sostenuta da Giovanni di Vigo (Practica copiosa, 1514), con un unguento digestif (a base di tuorlo d'uovo, olio di rose, trementina e simili) per accelerare la suppurazione della ferita stessa (La méthode de traicter les playes, ecc., 1545); importante la tecnica di legatura dei vasi nelle amputazioni, già conosciuta nell'antichità, ma non più praticata da secoli, in sostituzione delle cauterizzazioni. Propose l'introduzione del trapano a corona e l'applicazione di cinti e protesi; eseguì con successo fino ad allora inconsueto l'operazione del labbro leporino. In ostetricia fu sostenitore del rivolgimento podalico nel parto difficile. La raccolta delle sue opere (Les oeuvres de M. A. Paré, ecc.) fu pubblicata a Parigi nel 1575; vivente P., se ne ebbero altre due edizioni e una traduzione latina, curata da J. Guillemeau (1582).