Ramo fondamentale della medicina che affronta il problema terapeutico con atti manuali o con operazioni strumentali; la sua distinzione nel vasto campo delle discipline mediche è essenzialmente d’indole pratica e non concerne gli aspetti dottrinari. I vari problemi, sia quelli teorici di patologia, sia quelli più pratici di clinica, sono risolti con gli stessi metodi validi per le altre discipline mediche e, d’altra parte, la continua evoluzione della terapia medicamentosa e quella, parallela, delle risorse strumentali determinano frequenti variazioni di competenza: cardiopatie che un tempo erano oggetto esclusivamente di terapie mediche oggi sono di dominio chirurgico, così come processi flogistici che un tempo richiedevano il bisturi oggi vengono risolti con mezzi medicamentosi.
Lo sviluppo della c. nel corso dei secoli è stato condizionato, per quanto concerne l’impostazione, dall’evoluzione del pensiero medico in genere, e in particolare dai progressi dell’anatomia e della fisiologia, dalle conquiste della medicina sperimentale, dall’acquisizione di sempre più appropriate tecniche d’indagine, principalmente radiologiche; per quanto concerne le realizzazioni operatorie, dal superamento di difficoltà pratiche: il dolore dell’intervento, le complicanze settiche, le emorragie e le loro conseguenze, lo shock operatorio e, in rapporto a quest’ultimo problema, anche dalla messa a punto di mezzi tecnici per il controllo delle funzioni fisiologiche di base, per la loro assistenza ed eventualmente per la loro sostituzione.
Un pensiero chirurgico sufficientemente autonomo da influssi magico-religiosi appare nella Mesopotamia meridionale intorno al 3000 a.C. Presso gli Assiro-Babilonesi si praticavano già l’evacuazione delle raccolte purulente e la contenzione delle fratture. In Egitto, nella stessa epoca, si eseguivano la circoncisione, la cauterizzazione, l’operazione di cataratta e lo stesso strumentario chirurgico era molto ricco. Nell’antica Grecia la c. fa parte integrante della medicina: nell’opera di Ippocrate il medico è allo stesso tempo chirurgo; i sette volumi del Corpus Hippocraticum dedicati alla c. racchiudono una somma di cognizioni scientifiche di notevole valore: descrizioni di ferite, fratture e lussazioni e precetti relativi alla loro riduzione e alla contenzione. La c. romana non si discosta da quella greca. Il massimo trattatista romano di c. fu A.C. Celso, i cui libri di c. (il VII e l’VIII del De re medica) contengono, tra l’altro, norme per il trattamento degli ascessi, un metodo di plastica cutanea con scorrimento dei lembi (metodo autoplastico), precetti per la sutura delle ferite profonde dell’addome. Fra le c. orientali va menzionata la c. indiana, per un metodo di rinoplastica con lembo cutaneo ricavato dalla regione frontale (autoplastico).
Nel Medioevo la c. subisce un processo d’involuzione per la perdita del collegamento con il sapere antico; a tale distacco contribuì l’interdizione del suo esercizio al clero, motivata dai suoi aspetti cruenti, che estraniò dalla c. i depositari della cultura classica e lasciò libero il campo agli empirici, spesso barbieri, che talora acquistarono un certo prestigio. Nel Rinascimento e nel 17° sec. un accenno di ripresa trova espressione nel miglioramento della tecnica e nei primi tentativi di nuovi interventi: la legatura delle arterie nei monconi di amputazione, il perfezionamento dei metodi di plastica, della rinoplastica in particolare, la protezione delle ferite, la legatura dell’arteria a monte degli aneurismi, la cura operatoria dell’ascesso epatico e quella mediante trapanazione del cranio nell’epilessia post-traumatica.
Nel 18° sec. il progresso divenne metodico e sistematico, perché la c. trovò nell’anatomia normale e nell’anatomia patologica una guida scientifica alle sue realizzazioni: risalgono a quest’epoca interventi di amputazione e di disarticolazione degli arti, eseguiti con tecniche esemplari. Nel 19° sec. maturarono le condizioni per l’allargamento del campo d’azione della chirurgia. L’ostacolo del dolore cominciò a essere rimosso alla metà del secolo da C.T. Jackson, W.T. Morton, J.Y. Simpson, che sono considerati gli iniziatori dei metodi di anestesia generale, consentendo l’esecuzione di interventi particolarmente lunghi. Il controllo delle complicanze settiche fu avviato da J. Lister con le irrorazioni antisettiche del campo operatorio.
Nel 20° sec., la protezione dell’operato dall’anemizzazione si è giovata dapprima del perfezionamento delle tecniche di emostasi e poi del ricorso alle emotrasfusioni dirette, infine, con la messa a punto della tecnica per la conservazione del sangue, anche delle crescenti risorse della pratica trasfusionale. In parallelo si sono sviluppati sia metodi di assistenza delle funzioni fisiologiche fondamentali durante l’intervento, sia tecniche di protezione dallo shock operatorio e dai danni specifici che le alterate condizioni di irrorazione fatalmente indurrebbero: esempio significativo è l’ipotermia controllata, o ibernazione, che riduce, per tutta la durata della sua applicazione, il bisogno di O2 dei singoli tessuti. Il caso limite di assistenza delle funzioni fondamentali è rappresentato dalle tecniche di circolazione extracorporea e da quelle di emodialisi. Nel settore della neurochirurgia, oltre al conseguimento di una maggior sicurezza negl’interventi demolitori per i tumori endocranici, è stato realizzato il trattamento di varie condizioni morbose, per es. alcune sindromi parkinsoniane, sfruttando tra l’altro un metodo, la stereotassia, mutuato dalla neurofisiologia sperimentale, che permette di penetrare nella profondità degli emisferi senza danneggiare il parenchima sovrastante. Anche in altri ambiti chirurgici (urologia, oculistica, otorinolaringologia ecc.), l’introduzione del microscopio chirurgico ha consentito interventi su strutture di piccole dimensioni. Nel campo della c. vascolare, superati con successo i tentativi di effettuare omotrapianti di arterie, si è poi prescelta l’attuazione di protesi con materiale plastico (dakron) che hanno permesso di sostituire anche tratti estesi di arterie obliterate. In cardiochirurgia sono stati messi a punto metodi per l’impianto di valvole cardiache artificiali, per la correzione di alterazioni congenite e acquisite, per il trattamento della cardiopatia ischemica (by pass aorto-coronarico). Straordinari progressi si sono avuti nell’ambito della trapiantologia, dove sono divenuti ormai consueti i trapianti di rene e di fegato; crescente successo ha incontrato il trapianto di altri organi, a cominciare dal cuore. Nella seconda metà del 20° sec. notevoli progressi hanno modificato l’approccio chirurgico a una serie di patologie, fino allo sviluppo eccezionale della c. endoscopica mini-invasiva e alla forte espansione della microchirurgia.
C. convenzionale. - La c. convenzionale ha visto ridursi il suo campo d’azione. Alcune malattie non sono più necessariamente ‘chirurgiche’, salvo eccezioni. Per es., l’ulcera gastro-duodenale è curabile con i nuovi farmaci (antisecretori e terapia dell’infezione da Helicobacter pylori) e la c. è chiamata a risolvere solo i casi nei quali si verificano complicanze. Anche la calcolosi calcica, nelle vie urinarie e più raramente nel pancreas (non quella nelle vie biliari), è uscita dalla competenza chirurgica e spesso si giova della litotripsia. Nuovi strumenti hanno rinnovato l’armamentario del chirurgo: fra questi il laser, nelle tante versioni che sviluppano coagulazione, taglio o ‘vaporizzazione’, e che possono agire più in superficie o più in profondità o perfino all’interno di vasi o dotti. In circostanze molto specifiche sono disponibili bisturi alternativi: a ultrasuoni, a getto d’acqua, a punta di zaffiro (bisturi-laser) ecc. Tessuti autologhi da coltura cellulare hanno reso possibile l’innesto, senza rischio di reazione, di tessuti preparati in laboratorio e stimolati da fattori di crescita a proliferare dal prelievo bioptico dell’operando, consentendo una c. ricostruttiva una volta impensabile.
Contro i tumori la c. ha molti obiettivi: bloccare la malattia (prevenzione e diagnosi precoce); classificare il danno in termini comparativi (stadiazione); asportare il tumore con la completezza consentita (radicalità); intervenire nel momento più opportuno con tutti i mezzi disponibili (timing di terapia integrata, ovvero scelta dei tempi, cioè della sequenza delle cure); salvare il salvabile (demolizioni conservative); ricostruire l’indispensabile (ricostruzioni funzionali); e infine, quando la malattia ha il sopravvento, migliorare almeno la qualità di vita (c. palliativa). I risultati della c. oncologica sono migliorati dalla diagnosi precoce; a questo si aggiunga la diffusione della biopsia ecoguidata, mediante ago, dei noduli palpabili (della tiroide, mammella, prostata ecc.) o TC guidata in profondità (su immagini radiologiche polmonari, su aree sospette di organi ecc.).
Un mutamento strategico è operativo nella terapia integrata, in cui la c. è collocata in un timing diverso rispetto al passato. L’asportazione della neoplasia era considerata l’atto preliminare su cui intervenire poi con la radioterapia e la chemioterapia. In questo senso si parlava di terapia adiuvante, complemento della c., e si riteneva dannoso irradiare una sede prima di operarla. I criteri sono cambiati, c. e radiochemioterapia vanno considerate ognuna nel proprio ruolo: la c. asporta, la radioterapia sterilizza localmente e la chemioterapia completa il trattamento sul piano generale (terapia neoadiuvante). Questo orientamento si è affermato soprattutto nei casi di tumore localmente avanzato, cioè infiltrato in profondità nella sede d’impianto e già migrato nelle vie intramurali del viscere e fuori di esso, fino alle linfoghiandole della regione, pur senza metastasi ancora evidenziabili in altri organi. Con la radioterapia (o anche la chemioterapia) prima dell’intervento, il tumore può regredire anche radicalmente (retrostadiazione) e diventare asportabile.
Motivazioni di ordine anche economico hanno favorito la rapida diffusione della c. senza ricovero o con ricovero breve per interventi che richiedevano anche numerosi giorni di degenza. Nella nomenclatura corrente (anglosassone) si distinguono le modalità: ambulatorial surgery (in osservazione postoperatoria per circa due ore), day surgery (per circa 6 ore), one day surgery (un pernottamento), short stay surgery (due pernottamenti). Secondo questa linea di tendenza, per es., è stata significativamente semplificata la tecnica di plastica per ernia inguinale: dall’antico metodo della sutura tra la parete muscolare dell’addome e il legamento dell’inguine con punti in trazione, si è passati all’interposizione protesica con una delle tante stoffe biocompatibili suturata senza necessità di trazione o addirittura applicata senza punti; in questo modo l’operato, privo di trazione sulla plastica erniaria, può camminare subito dopo l’intervento rendendo inutile la degenza. Analoghe semplificazioni hanno subito la c. dell’ano (emorroidi), delle varici, delle patologie minori della mammella. La c. estetica si presta, in modo particolare, a essere effettuata negli ambulatori attrezzati, in quanto è basata in gran parte su minimi interventi di rimodellamento del viso (palpebre, labbra, orecchie, rughe ecc.) o del corpo (liposuzione). In urologia le indicazioni sono molteplici: cistoscopia diagnostica e operativa, c. dello scroto e dei testicoli, litotripsia, aspirazione di cisti renali, inserimento di endoprotesi per stenosi dell’uretra. In ginecologia è spesso sufficiente l’ambulatorio (per revisione del collo uterino, riproduzione assistita, amnio- o cordocentesi) o il ricovero di un solo giorno (per revisione dell’utero, interruzione di gravidanza, interventi laparoscopici sugli annessi uterini, come ovaie e tube). Infine, in ortopedia sono indicate tutte le forme di artroscopia (ginocchio, spalla, caviglia), la c. della mano e del piede e le urgenze minori.
- È una c. praticata attraverso piccoli fori della parete corporea; è quindi ‘chiusa’, in contrapposizione a quella ‘aperta’ tradizionale (che richiede un’incisione più o meno ampia). È detta mini-invasiva per il maggior rispetto dell’anatomia non solo all’ingresso ma anche all’interno del corpo umano, con tutta la prudenza resa necessaria dall’agire nel chiuso endocorporeo, peraltro ampliato dall’insufflazione di un gas innocuo (anidride carbonica) e indagato a luce fredda e in visione ingrandita dall’ottica del laparoscopio, lo strumento che per primo viene introdotto nella cavità. I chirurghi lavorano con gli strumenti dai fori ‘di servizio’ attraverso cannule a valvola che impediscono la fuoriuscita del gas insufflato, seguendo le proprie manovre sul monitor che riporta le immagini trasmesse dalla telecamera miniaturizzata dell’ottica. I vantaggi che ne derivano sono di ordine estetico (assenza di una grande cicatrice), poca sofferenza postoperatoria, degenza ridotta al ricovero breve, ripresa rapida e ritorno precoce all’attività.
Nel caso della c. laparoscopica, lo specialista si trova a operare ad addome chiuso, controllando l’effetto dei suoi strumenti nella visione ingrandita del monitor televisivo (videolaparoscopia). L’asportazione della colecisti, che ha costituito il primo esempio di c. laparoscopica subito dimostratosi di esecuzione semplice per la facilità della deconnessione anatomica, ha quasi soppiantato l’intervento aperto, riservato ormai alle forme acute e complicate. Possono essere eseguite con la tecnica chiusa anche l’asportazione dell’appendice (v. fig.), la gastroplastica (fundoplicatio) per esofagite da reflusso, specie negli obesi. In ginecologia la c. laparoscopica ha avuto una forte diffusione, prestandosi alla soluzione semplificata di molte patologie: bonifica dei focolai di endometriosi, c. degli annessi uterini, ricerca e possibile soluzione immediata delle cause d’infertilità, lisi di aderenze. La c. pediatrica stenta invece ad accogliere la modalità laparoscopica, considerata valida solo in poche indicazioni: calcolosi della colecisti (eccezionale nel bambino), ricerca di un testicolo non palpabile e a dislocazione alta, disfunzioni del giunto esofagogastrico, stadiazione di neoplasie addominali.
La c. toracoscopica è stata promossa nei centri ad alto livello specialistico dal ruolo diagnostico a quello operativo. Alcuni interventi sono piuttosto semplici e non richiedono il drenaggio (e quindi il ricovero): biopsie pleuropolmonari, elisione di bolle d’enfisema, resezioni di margini polmonari per neoformazioni benigne, asportazioni di tumori pleurici peduncolati ecc. Altri interventi sono più complessi, come la riduzione polmonare per enfisema diffuso o, più in generale, gli interventi resettivi di polmone. Quanto al cancro polmonare v’è un conflitto di opinioni, e molti ritengono giustificata la c. toracoscopica solo in ambito palliativo e quando la c. aperta è proibitiva.
- In c. estetica è stato raggiunto in molti casi l’obiettivo di operare senza lasciare cicatrici visibili; per es., per mezzo di un endoscopio si può nascondere nell’ascella la porta d’entrata di una protesi retromammaria gonfiabile; dalla congiuntiva si toglie l’adipe della borsa palpebrale inferiore; dalla linea dei capelli si accede per il tiraggio della faccia (face lifting). Quando è richiesto un cospicuo cambiamento del profilo del viso è necessario rivolgersi al chirurgo maxillofacciale, che può spostare in avanti o indietro il mento o il mascellare superiore.
Aperta o chiusa (endovascolare), questa c. è molto più affidabile che in passato. Oggi disostruire una carotide per ripetuti little strokes (piccoli colpi che preannunciano un ictus) non è più un rischio. Altrettanto può dirsi riguardo all’aneurisma dell’aorta addominale, che può essere tenuto sotto controllo per anni con periodici esami ecografici, finché non sia consigliabile intervenire per evitare la rottura spontanea dell’aneurisma: l’intervento ‘aperto’ consiste nel sostituire il tratto alterato con un tubo di protesi (in dacron o simili).
- Alla metà degli anni 1960, le acquisizioni in tema di fisiopatologia feto-neonatale, di teratologia, di genetica e la disponibilità sia di sofisticate tecniche diagnostiche intrauterine sia di metodologie operatorie fini e ormai sperimentate su diversi modelli animali (microchirurgia, laser a bassa energia-Nd-YAG o CO2), hanno condotto allo sviluppo della c. prenatale. All’inizio veniva attuata con isterotomia ed esposizione parziale del feto, principalmente per eseguire l’exanguinotrasfusione endouterina al feto colpito da grave alloimmunizzazione Rh o per correggere un’ernia diaframmatica. L’alta invasività di questa procedura ne limitò la diffusione, specialmente perché, in mancanza di farmaci uteroinibitori, l’intervento chirurgico veniva complicato dal parto pretermine. Attualmente l’importanza della c. fetale risiede nella prevenzione di un danno degli organi che potrebbe evolvere verso un esito fatale o debilitante dopo la nascita. Ci si avvale di strumenti endoscopici flessibili e di piccolo calibro, abbinati a sofisticate tecniche chirurgiche (per es., utilizzo del laser e di nuovi sistemi di legatura vasale).
Per altri settori della c. ➔ cardiochirurgia, ginecologia, microchirurgia, neurochirurgia, oculistica, ortopedia, otorinolaringoiatria, trapianto, urologia.
Nello strumentario della c. mini-invasiva è già disponibile l’occorrente: strumenti chirurgici di pochi millimetri di diametro (micrograsper, microforbici e ogni altra sorta di sottilissimi arnesi), a tutto vantaggio di un’invasività ancor più ridotta. Nel campo delle biotecnologie, soprattutto nella lotta contro i tumori, si stanno affacciando anticorpi di laboratorio da usare come veicoli di radioisotopi per guidare la mano del chirurgo sulle metastasi, o di chemioterapici per distruggere cellule neoplastiche residue sul terreno operato di cancro. Si aggiungano i fattori di crescita cellulare e la produzione in laboratorio di tessuti autoplastici, provenienti dal malato stesso, per le più varie componenti (cute, mucose, sierose, cartilagine, osso, perfino cornea). Inoltre, a parte altre importanti frontiere quali l’ingegneria genetica, si aprono prospettive sull’acquisizione di organi trapiantabili da animali. Infine, l’ultima conquista della c. riguarda la possibilità di eseguire un intervento a distanza ( telechirurgia) mediante l’impiego di un robot che esegue le istruzioni del chirurgo, in grado di vedere il campo operatorio grazie a un collegamento televisivo.