Branca della radiologia medica che si occupa dell’uso terapeutico delle radiazioni ionizzanti (alfa, beta, gamma, raggi X).
La r. trova fondamento nell’assorbimento delle radiazioni da parte dei tessuti irradiati e negli effetti biologici da esse determinati. Il fenomeno di maggiore importanza post-irradiazione è la modificazione della replicazione cellulare, dal semplice ritardo fino alla completa inibizione. Tale effetto viene sfruttato a scopo terapeutico per bloccare la crescita di cellule neoplastiche.
La proprietà delle cellule e dei tessuti di risentire dell’azione delle radiazioni ionizzanti (radiosensibilità) è variabile in rapporto a fattori diversi. In particolare la radiosensibilità di una cellula è tanto maggiore quanto maggiore è il numero di mitosi a cui questa va incontro nell’unità di tempo. Al contrario la radiosensibilità è ridotta quanto più la cellula è ben differenziata, matura, in quiescenza riproduttiva (legge della radiosensibilità).
A seconda delle modalità con cui le radiazioni ionizzanti vengono impiegate in medicina, si è soliti distinguere in: a) röntgenterapia che si avvale degli usuali impianti radiologici, ma in grado di generare anche radiazioni di più alta energia; b) curie-terapia con radiazioni beta e gamma emesse da sostanze radioattive poste in seno al tessuto da trattare; c) teleterapia esterna con radiazioni emesse da sorgenti costituite da elementi radioattivi artificiali come il cobalto, adeguatamente alloggiate dentro apposite testate schermate (cobaltoterapia) oppure radiazioni generate dall’accelerazione di elettroni in appositi macchinari (acceleratori lineari); d) radioisotopoterapia interna (intratissutale e/o intracavitaria) con isotopi a emissione gamma o a emissione beta (radiofosforo, radioiodio), capaci di erogare ingenti quantitativi di energia a breve distanza in modo da concentrare sull’organo bersaglio la dose massima possibile con risparmio dei tessuti circostanti.
L’uso della r. è stato indirizzato anche al trattamento di patologie non neoplastiche come iperplasie benigne o condizioni di infiammazione cronica, ma tali indicazioni sono oggi desuete per i progressi sia delle terapie farmacologiche sia della chirurgia non demolitiva. Allo stato attuale l’oncologia e in specie i tumori maligni solidi rappresentano il principale campo di applicazione della r., sia come metodica esclusiva, sia in associazione alla chirurgia e alla chemioterapia. La tecnologia attuale dispone di trattamenti e macchinari (in particolare le cobaltoterapie e gli acceleratori lineari) che hanno reso obsoleti la röntgenterapia e l’impiego dei betatroni come acceleratori di elettroni e dove l’emissione di dose è più articolata, precisa e soprattutto più sicura. Altresì, la relativa maneggevolezza delle radiazioni che si può avere con un uso corretto di queste apparecchiature consente di modulare il trattamento in funzione della sede, dell’estensione e del tipo di tumore, realizzando pertanto una personalizzazione della terapia caso per caso.
L’impostazione terapeutica dell’uso della r. inizia generalmente con l’identificazione di un campo di irradiazione che deve contenere l’intera estensione del tumore da trattare (intento radicale) o la massima area possibile di tumore (intento palliativo). Generalmente si usa incrementare l’area bersaglio per avere la certezza di trattare anche focolai microscopici eventualmente sfuggiti alle comuni tecniche di rilievo. Stabilito il campo si passa alla definizione della dose da erogare che deve essere sufficiente all’eradicazione del tumore e, dove possibile, in grado di rispettare i tessuti sani circostanti. Pertanto i centri maggiormente qualificati operano una simulazione di trattamento con computer in modo da definire le dosi erogate sui tessuti malati e sani, con eventuali effetti collaterali da considerare. Il frazionamento della dose e la suddivisione temporale dei trattamenti hanno il significato di permettere ai tessuti sani l’eventuale recupero, mentre le tecniche di collimazione computerizzata del fascio radiante perseguono l’obiettivo di concentrare sul tumore il massimo possibile della dose erogata. La modalità più diffusa è la r. conformazionale che prevede la somministrazione con l’acceleratore lineare, collocando alcuni blocchetti metallici nella traiettoria del fascio di radiazioni per riuscire a conformarlo il più possibile alla forma dell’area da irradiare. Tale metodica consente una migliore focalizzazione sul tumore, esponendo a dosi più basse le cellule sane circostanti e le strutture adiacenti. L’utilizzo di blocchetti metallici con collimatori multilamellari consente di modulare ogni lamella nell’ottica di un ulteriore miglioramento della focalizzazione sull’area interessata.
Per le loro caratteristiche anatomiche sono i tumori dell’apparato genitale femminile (vagina, utero) quelli che maggiormente si prestano alla r. intracavitaria, caratterizzata dal posizionamento di materiale radioattivo all’interno di cavità naturali per brevi periodi di tempo. La r. intracavitaria classica viene realizzata utilizzando sonde metalliche che penetrano tramite il canale cervicale direttamente nell’utero, portando direttamente a contatto con il tumore la sorgente radiante e permettendo erogazioni di alte dosi in tempi relativamente brevi.
La diffusione di tali metodiche è condizionata da problemi connessi con la radioprotezione, per cui il loro uso è limitato a centri specializzati. Analoga è la situazione di altre applicazioni più recenti delle metodiche radioterapiche come la radiochirurgia stereotassica con acceleratore lineare, la Gamma-knife, tecniche nate per la cura dei tumori cerebrali e attualmente in studio anche per ulteriori impieghi.