Amido
L'amido, termine che deriva dal greco ἄμυλον, "non macinato", è un polimero del glucosio sintetizzato dalle piante verdi, largamente distribuito in diverse parti della pianta, ma concentrato soprattutto nei semi e nei tuberi, dove agisce come riserva per sopperire alle esigenze energetiche della nuova pianta in crescita. Le quantità più elevate di amido si trovano nelle cariossidi dei cereali e nei tuberi della patata, anche se i legumi, il nocciolame, le castagne e le banane ne contengono quantità significative; tra gli alimenti tecnologicamente trasformati il pane, la pasta e i vari prodotti da forno contengono quantità elevate di amido, costituendo anch'essi un'importante fonte di energia alimentare per l'uomo.
L'amido viene depositato nelle piante sotto forma di granuli semicristallini dotati di un centro, chiamato ilo, e aventi forma, dimensioni e composizione che variano a seconda della specie vegetale di appartenenza e, a volte, a seconda del cultivar. Con tecniche microscopiche è quindi possibile riconoscere la provenienza dei diversi amidi sulla base della diversità della loro morfologia: i granuli di amido dei cereali infatti sono poligonali e di piccole dimensioni (3-25 µm di diametro), mentre quelli delle patate e dei legumi sono più grandi (15-100 µm) ed ellissoidali. Mediante analisi di diffrazione ai raggi X è inoltre possibile distinguere tra due tipi di strutture cristalline, quelle denominate di tipo A, tipiche dei granuli dei cereali, e quelle di tipo B, caratteristiche dei granuli delle patate; un tipo intermedio, detto tipo C, è tipico dei granuli d'amido delle leguminose.
Dal punto di vista chimico la maggior parte degli amidi nativi è costituita da una miscela eterogenea di due polimeri del glucosio, l'amilosio e l'amilopectina. L'amilosio è un polimero lineare del glucosio in cui le singole unità, generalmente da 200 a 2000, sono legate l'una all'altra mediante un legame α-1,4-glicosidico. L'amilopectina è invece abbondantemente ramificata, con rami costituiti da 20-60 unità monomeriche che si innestano sulla parte lineare mediante legame α-1,6-glicosidico; il grado totale di polimerizzazione dell'amilopectina è di circa 100.000 unità monomeriche. All'interno del granulo l'amilosio assume una configurazione spaziale elicoidale con eliche levogire disposte a coppie parallele, mentre l'amilopectina non possiede conformazioni preferenziali fisse.
Queste differenze strutturali spiegano, tra l'altro, la differente colorazione che viene assunta da una sospensione acquosa d'amido trattata con iodio, a seconda che sia ricca di amilosio o di amilopectina: nel primo caso lo iodio si impila al centro delle strutture elicoidali dell'amilosio conferendogli una colorazione blu, nel secondo la mancanza di strutture elicoidali impedisce l'allineamento dello iodio e la colorazione diventa rosso porpora.
Nelle piante alimentari il rapporto tra amilosio e amilopectina è determinato dal genotipo, ma può essere influenzato anche dalle condizioni colturali. Per es., l'amido dei cultivar di mais cosiddetti 'normali' ha un contenuto di amilosio che si aggira intorno al 20-28% al pari dell'amido di altri cereali, mentre esistono cultivar di mais, di riso e di sorgo, denominati waxy ("cerosi") per il colore translucente dei semi, il cui amido è composto quasi integralmente di amilopectina. In alcune leguminose, come il pisello, l'amilosio è preponderante, mentre nei tuberi di patata esso è nettamente minoritario; mediante tecniche di ingegneria genetica, è stata recentemente ottenuta una patata il cui amido è composto solo di amilopectina.Il rapporto tra amilosio e amilopectina non è privo di importanza in quanto influenza le proprietà funzionali dell'amido nei processi di lavorazione industriale e di successiva conservazione degli alimenti e riveste anche interesse nutrizionale, per la migliore digeribilità dell'amilopectina rispetto all'amilosio e per la maggior tendenza di quest'ultimo a trasformarsi in amido resistente alla digestione.
Le differenti proprietà funzionali e nutrizionali dell'amilosio e dell'amilopectina sono in gran parte dovute alle modificazioni che subisce il granulo di amido quando viene sottoposto all'azione del calore in ambiente acquoso, come avviene nella maggior parte dei procedimenti domestici e industriali di cottura degli alimenti amidacei. Quando sono sottoposti all'azione del calore in presenza di acqua, i granuli di amido si rigonfiano e perdono la loro struttura cristallina. Durante questo processo, chiamato gelatinizzazione, che avviene a una temperatura critica di 56-68 °C, le catene di amilosio perdono la loro struttura elicoidale, possono complessarsi con differenti frazioni lipidiche presenti nel granulo e orientarsi in modo casuale; in particolare l'amilosio si diffonde all'esterno e forma un gel intorno ai granuli che risultano quindi arricchiti in amilopectina.
Durante il raffreddamento le molecole di amilosio e di amilopectina possono associarsi e formare un gel, la cui esatta natura dipende dal rapporto tra amilosio e amilopectina, dalla quantità d'acqua presente e dalla durata e grado della temperatura di raffreddamento. Nel processo di formazione del gel le catene di amilosio assumono di nuovo una struttura elicoidale e si associano stabilendo delle zone di giunzione, fino a formare un reticolo molto esteso che, nella successiva fase di conservazione, tende a cristallizzare. Questo fenomeno, detto di retrogradazione dell'amido, può avvenire dopo parecchie ore nel caso di amidi ricchi di amilosio, o dopo parecchi giorni nel caso di amidi ricchi di amilopectina. La maggiore tendenza dell'amilosio a retrogradare è dovuta alla maggiore facilità con cui le sue lunghe catene lineari formano strutture cristalline. La retrogradazione può aumentare se l'alimento viene sottoposto a cicli ripetuti di riscaldamento e raffreddamento, oppure può essere una conseguenza della tecnologia di produzione degli alimenti.
Commercialmente, il più comune effetto negativo della retrogradazione è quello di diminuire la stabilità delle preparazioni alimentari durante la loro conservazione in magazzino o negli scaffali dei supermercati. Per evitare il verificarsi di questo fenomeno, particolarmente negativo in certi formulati, l'industria alimentare tende a usare amidi ad alto contenuto di amilopectina, oppure amidi chimicamente modificati con l'aggiunta di piccole catene laterali di diversa natura, che agiscono da impedimento sterico alla cristallizzazione.
Quando un amido retrogradato viene trattato in vitro con l'α-amilasi, l'enzima digestivo che scinde il polisaccaride in frammenti più piccoli, la digestione ha effetto solo sulla parte non retrogradata. La parte di amido che non può essere digerita viene quindi chiamata amido resistente. Gli alimenti naturali che possono dare origine a quantità più elevate di amido resistente sono quelli in cui i granuli d'amido hanno strutture cristalline di tipo B (per es., banane, patate e mais ad alto contenuto di amilosio) e di tipo C (per es., legumi). Anche le paste alimentari, il pane raffermo, i cracker, i cereali da prima colazione e i prodotti dolciari possono contenere percentuali variabili di amido resistente, a seconda delle modalità di preparazione e del tempo di conservazione.
Altre categorie di amido resistente sono quelle provenienti da alimenti ingeriti crudi, come banane e legumi, oppure da cereali che, non essendo stati macinati finemente, contengono granuli d'amido fisicamente inaccessibili agli enzimi digestivi. Per es., il pane integrale o altri prodotti da forno contenenti grossi frammenti, o addirittura cariossidi intere, di frumento, segale, avena o altri cereali, possono contenere una notevole quantità di amido non digeribile. I granuli di amido possono poi essere incapsulati in altri componenti della pianta, come le pareti cellulari, oppure essere circondati da proteine o acidi grassi, come avviene in certi formulati industriali, e trovarsi quindi in condizioni che impediscono o rallentano l'azione degli enzimi amilolitici.All'inverso, la cottura degli alimenti per ebollizione o in pentola a pressione, fattori che favoriscono il rigonfiamento e la gelatinizzazione dei granuli di amido, aumenta la digeribilità dell'amido stesso, soprattutto se l'alimento viene consumato subito dopo la cottura.
L'esistenza di percentuali variabili di amido resistente negli alimenti ha come prima conseguenza una diminuzione proporzionale del valore energetico degli alimenti che lo contengono. L'amido deve essere infatti completamente depolimerizzato a glucosio prima di essere assorbito nell'intestino tenue e successivamente utilizzato dalle cellule come fonte di energia. Il processo è effettuato da enzimi salivari, pancreatici e intestinali che scindono i legami α-1,4- e α-1,6-glicosidici, producendo in sequenza oligosaccaridi quali le destrine, disaccaridi quali il maltosio e, infine, glucosio libero. Il fatto che l'amido non venga integralmente digerito viene giudicato non negativamente nei casi in cui esista la necessità di diminuire l'introito energetico totale, per es. per tenere sotto controllo il peso corporeo.
Altra conseguenza fisiologicamente importante è dovuta al fatto che l'amido non digerito nell'intestino tenue passa nel colon, dove costituisce un ottimo substrato fermentativo per la flora microbica residente, promuovendo la crescita di microrganismi che producono grandi quantità di acidi grassi a bassa catena carboniosa. Tra questi è particolarmente degno di nota l'acido butirrico, al quale vengono attribuite proprietà di regolazione dell'espressione genica e della crescita delle cellule del colon, tra cui la capacità di inibire loro possibili alterazioni neoplastiche.
Studi epidemiologici effettuati nel 1994 su 12 popolazioni mondiali sembrerebbero in effetti indicare che a un'elevata assunzione di amido è associato un minor rischio di contrarre il cancro del colon.Ulteriori vantaggi che si possono individuare sono una possibile riduzione dell'incidenza di carie dentali se l'introito di amido sostituisce in buona parte quello di saccarosio e altri zuccheri, un maggior controllo della concentrazione ematica postprandiale di glucosio e insulina, utile per persone che soffrono di diabete non insulinodipendente, un arricchimento della dieta con una vasta gamma di minerali e vitamine, oltre che di fibra, se l'introito è effettuato con alimenti naturali quali legumi, patate e ortaggi vari e, infine, un abbassamento dei livelli di lipidi ematici.
L'insieme di queste considerazioni ha spinto tutte le agenzie nutrizionali internazionali e nazionali, compresa la Società italiana di nutrizione umana che emana periodicamente i Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana (LARN), a raccomandare che la percentuale maggioritaria dell'energia alimentare venga fornita con alimenti che contengono carboidrati complessi, a spese sia dei carboidrati semplici sia dei grassi.
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