AMORE e PSICHE
Da motivi risalenti a concezioni in parte assai antiche, da cui dipendono la rappresentazione dell'anima ψυχή, psyche) come figura alata e la personificazione dell'amore in figura di fanciullo, pure alato, l'arte alessandrina, perfezionando nell'espressione le già mature concezioni psicologiche, raffinando in leggiadria le forme plastiche già trovate, produsse le rappresentazioni di Amore e Psiche che son giunte fino a noi anche in autentici capolavori. Il più bell'esempio dell'eccellenza alessandrina è il gruppo di Amore e Psiche che si baciano, conservato in Campidoglio. Nella letteratura, il mito di Amore e Psiche ebbe varia espressione; un'esposizione compiuta e perfino amplificata ce ne lasciò Apuleio, nei libri IV, V e VI delle sue Metamorfosi. Ivi egli racconta come Psiche, fanciulla così bella da render gelosa perfino Venere, venisse da questa presa in odio, sicché la dea ordinò ad Amore che la ferisse e le facesse nascere in cuore un affetto indegno. Amore però, vista la fanciulla, s'innamorò di lei, e, fattala trasportare da Zefiro in un magico palazzo, ne ottenne l'affetto. Egli si recava ogni notte a trovarla, e la rendeva felice: ma a rendere duratura la felicità della giovinetta pose come condizione che essa non cercasse di conoscerlo. Psiche per un poco si acconciò al divieto: ma, istigata dalle sorelle, mentre Amore dormiva, entrò presso di lui con la lucerna in mano: e, rapita e tremante di commozione, lasciò cadere sul dormente una goccia di olio caldo. Amore si sveglia, e, crucciato, s'invola, per non tornare se non quando Psiche abbia subito una quantità di prove che la purifichino e la rendano degna di perdono. Allora, placata Venere, e ottenuto l'assenso di Giove, Amore porta Psiche in cielo.
Ridotta alla sua espressione schematica fondamentale, la favola di Amore e Psiche rientra in una classe assai numerosa di racconti mitologici e leggendarî, il cui motivo centrale è il destino di due sposi o fidanzati, la felicità dei quali è subordinata all'osservanza di una certa condizione, generalmente un divieto: quando lo infrangono, essi sono separati per sempre. Tale motivo si trova nell'India antica (favola di Urvaci e Pururava: lo sposo non deve farsi vedere ignudo dalla sposa); in Cina (favola del bifolco e della tessitrice, che, per troppo amore, trascurano le loro mansioni sicché vengono obbligati a dimorare separati dal Fiume d'Argento); nell'antico Giappone (secondo il Kojiki, Toyotamabime, figlia del dio del mare, aveva pregato lo sposo Ho-wori di non guardarla nel momento del parto; ma Ho-wori la spiò e la vide nella sua vera forma di mostro marino, ond'essa si ritrasse nell'oceano); nel mondo celtico (Melusina non deve esser veduta ignuda dallo sposo); nel mondo germanico (Lohengrin); nonché presso gli Ojibway dell'America Settentrionale, gli Zulù dell'Africa meridionale, i Chota Nagpur dell'India, ecc.
Nel mondo classico la favola di Amore e Psiche ebbe numerosi esegeti e commentatori, che l'interpretarono allegoricamente, fondandosi su motivi principalmente platonici (cfr. Phaedr., 246 b. c.) e neo-platonici. Principalissimo tra costoro Fulgenzio Planciade. Attraverso tali interpreti, il mito pagano poté passare nel cristianesimo, dove fu volto a esprimere la credenza nell'eternità dell'anima e nella redenzione. Nella novellistica popolare, molti racconti, in cui si parla di una fanciulla perseguitata dalla matrigna e dalle sorelle cattive (Cenerentola), di una giovine chiusa in un palazzo incantato, dov'è sposa di un misterioso padrone, con l'obbligo di non indagare chi esso sia, sotto pena di perderlo (Belinda), o esposta a una quantità di prove, dolorose o ridicole, ingiuste tutte, ma che non riescono ad allontanarla da una finale felicità, derivano generalmente dal mito di Amore e Psiche, non senza il concorso di motivi extra-letterarî, appartenenti al patrimonio originale del folklore.
La letteratura italiana ha parecchi documenti di una tradizione colta, dipendente dalla favola di Amore e Psiche. Tali sono, nella prosa, il passo relativo al mito di Amore e Psiche che si trova nel De Genealogia Deorum del Boccaccio; la traduzione, non m0lto fedele, della favola di Apuleio, fatta dal Boiardo; quelle del Firenzuola e del conte Pompeo Vizani; nella poesia, i poemetti di Nicolò da Correggio, di Galeotto del Carretto, di Ercole Udine, gli episodî che hanno Amore e Psiche per soggetto nella Alcina prigioniera del Chiabrera, nell'Adone del Marino, nel Malmantile racquistato del Lippi, nel Ricciardetto del Forteguerri. Per il teatro si ebbero rappresentazioni, tragicommedie, melodrammi, cantate, del Da Correggio, già ricordato, del Sommi, del Mercadante, del Fusconi, del Gabrielli, del Noris. La lirica cantò anche essa Amore e Psiche per bocca del Fracastoro, in latino umanistico, e del Cassiani, del Savioli, del Pindemonte, dell'Arici, dello Zanella, del Prati, in volgare. La tradizione popolare si afferma in racconti fiabeschi, di cui circa un centinaio sono stati segnalati.
L'arte italiana diede alla favola di Amore e Psiche interpreti squisiti. Basterà ricordare Raffaello per i celebri affreschi della Farnesina, e Pierin del Vaga per quelli di Castel Sant'Angelo, in Roma; Giulio Romano per quelli del Palazzo del Te in Mantova e poi il Correggio, il Caravaggio, il Salviati, lo Zuccheri. Del Canova è notissimo il gruppo di Amore e Psiche, del Tenerani la Psiche abbandonata, descritta dal Giordani. L'eccellenza di alcune di coteste rappresentazioni fa sentir meno la superiorità degli stranieri - specialmente dei francesi - nell'interpretazione letteraria della favola di Amore e Psiche, di cui diedero saggi bellissimi, in prosa e in verso, il La Fontaine, il Demoustier, il Laprade.
Bibl.: v. sotto Apuleio. Inoltre: Waser, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., VI, col. 531 segg.; A. Lang, Custom and Myth., 2ª ed., Londra 1893, p. 64 segg.; Collignon, Essai sur les monuments grecs et romains relatifs au mythe de Psyché, Parigi 1878; E. Rohde, Psyche: Seelenkulte und Unsterblichkeitsglaube bei den Griechen, 9-10 ed., Tubinga 1925, trad. ital., Bari 1910; Zinzow, Psyche und Eros, Halle 1881; W. Beck, Apulei fabula de Psyche et Cupidine, Groninga 1902; Friedländer, Ueber das Märchen von Amor und Psyche, in Darstellungen aus der Sittengeschichte Roms, 1888; A. Cinquini, Apuleius, fabula de Psyche et Cupidine, Roma 1918; S. Mele, Apuleio e l'asino d'oro, Torino 1894; V. De Maria, La favola di Amore e Psiche nella letteratura e nell'arte italiana, Bologna 1899; R. Reitzenstein, Die Göttin Psyche, in Sitzungsber. der Heidelberger Akad. der Wissens., Phil-hist. Kl., 1917.