Reticoli, analisi dei
L'analisi dei reticoli, o network analysis, consiste in un insieme di metodi e tecniche di analisi strutturale che si basano sui seguenti postulati relativi alla realtà sociale: a) il comportamento dell'attore è interpretabile in termini di vincoli strutturali all'azione, piuttosto che in termini di libertà di scelta tra corsi di azione alternativi; b) la spiegazione dei fenomeni sociali deve essere ricercata nelle relazioni tra le unità di analisi, piuttosto che nelle caratteristiche delle unità stesse; c) i metodi di analisi si concentrano sulla natura relazionale della struttura sociale e sostituiscono (o integrano) i metodi statistici classici che si basano su unità considerate tra loro indipendenti.
Benché venga riaffermata a livello teorico l'idea classica durkheimiana che l'azione umana può essere spiegata dai condizionamenti cui è soggetta piuttosto che dalle logiche di scelta dell'attore, il presupposto è che "le relazioni sociali strutturate sono un mezzo più potente di spiegazione sociologica di quanto non lo siano gli attributi personali dei membri del sistema" (v. Wellman, 1988, p. 19). Quindi, a differenza dell'approccio survey, in cui le relazioni causali tra variabili riguardano sempre relazioni convenzionali e astratte, che costituiscono soltanto utili indicatori (proxy) di meccanismi concreti più nascosti, l'approccio di rete riguarda direttamente relazioni effettive tra individui, da cui è teoricamente più plausibile aspettarsi spiegazioni causali realistiche. Ad esempio il coefficiente di regressione statistica significativo tra status sociale della famiglia di origine e status di arrivo non può in nessun modo descrivere concretamente un meccanismo diretto di mobilità sociale, ma rappresenta soltanto un segnalatore di relazioni sociali la cui forma, intesa in termini di densità e diffusione, determina effettivamente il grado di accesso al sistema specifico di opportunità a disposizione dei corsi di azione dell'attore.
In sostanza, mentre l'approccio survey individua i nessi causali, ma non ne spiega il meccanismo effettivo, l'approccio di rete ne descrive il funzionamento concreto (v. Collins, 1988). Questa seconda impostazione si presenta anche euristicamente in alternativa ai metodi tradizionali di survey, il cui obiettivo è l'individuazione di relazioni tra variabili riferite a un universo di individui presi isolatamente, in base al principio dell'indipendenza di ciascuna estrazione casuale, secondo la teoria del campionamento. Nel caso della network analysis invece l'obiettivo è lo studio delle relazioni tra più unità interdipendenti tra loro.
I postulati sopra citati sono stati sostanzialmente condivisi in diversi periodi da tre discipline, la psicologia sociale, l'antropologia e la sociologia, che hanno concorso a sviluppare un insieme integrato di tecniche analitiche, grazie soprattutto all'applicazione empirica dei concetti della teoria dei grafi. È tuttavia a cominciare dalla metà degli anni settanta, contemporaneamente in Europa e negli Stati Uniti, che lo sviluppo di tecniche di elaborazione automatica dei dati ha permesso di costruire algoritmi utilizzabili estensivamente dai ricercatori sotto forma di packages (sottoprogrammi informatici) statistici. Negli anni ottanta, con lo sviluppo delle capacità di calcolo dei personal computer, le precedenti limitazioni di estensione dei reticoli analizzabili sono state ampiamente superate, contribuendo anche per questo verso alla diffusione di applicazioni che vengono discusse nella comunità scientifica attraverso ricorrenti convegni internazionali specializzati sia negli Stati Uniti sia in Europa. Il crescente successo di questo approccio metodologico è testimoniato anche dalla fondazione di due riviste internazionali, "Social Networks" e "Connections", quest'ultima organo dell'associazione internazionale International Network for Social Network Analysis, che raccoglie circa duecento studiosi provenienti da discipline diverse come l'antropologia, la matematica, la psicologia, la scienza politica, la sociologia, la statistica. Negli anni novanta sono stati pubblicati manuali di network analysis (v. Scott, 1991; v. Wasserman e Faust, 1994) che testimoniano il grado di istituzionalizzazione dell'approccio nell'ambito della comunità scientifica.
Un'applicazione al funzionamento del mercato del lavoro può illustrare la specificità dell'approccio di rete. L'impostazione tradizionale separa innanzitutto l'approccio macro da quello micro, mettendo a disposizione metodi differenti. A livello macro l'analisi dell'andamento di indicatori aggregati su base territoriale rappresenta una stima indiretta, sia ex ante che ex post, di comportamenti concreti sottoposti a vincoli di mercato. Il livello micro suggerisce agli economisti di modellizzare il comportamento razionale e massimizzante dell'attore, che cerca lavoro sulla base di motivazioni relative al capitale investito per la propria formazione ed eventualmente sulla base delle strategie di redistribuzione delle attività tra i membri del nucleo familiare. I sociologi complicano le funzioni di preferenza, inserendo variabili culturali che influiscono sui livelli di aspirazione, e sottolineano l'importanza del lavoro nella definizione dell'identità sociale dell'attore. Anche in questo caso tuttavia viene privilegiata la raccolta di informazioni relative alle caratteristiche individuali che possono fornire indizi sulle strategie adottate. In sostanza le modalità concrete che permettono agli attori di individuare e ricoprire posti vacanti non vengono colte empiricamente.
L'approccio di rete pone invece al centro dello studio il modo in cui le persone ottengono le informazioni sulle opportunità di lavoro. In questo modo viene analizzato contemporaneamente il comportamento micro e la struttura dei flussi informativi, che è una caratteristica macro del mercato. La scoperta che i contatti personali sono i principali canali di ricerca del lavoro e che le relazioni impersonali e particolaristiche rimangono centrali anche negli assetti apparentemente istituzionalizzati e universalistici dei moderni mercati del lavoro rappresenta il risultato ormai classico di uno studio condotto negli Stati Uniti all'inizio degli anni settanta (v. Granovetter, 1974). L'analisi dei reticoli personali di chi cerca lavoro permette anche di individuare la posizione strategica di chi è meglio in grado di fornire informazioni utili alla ricerca di un lavoro, il tipo di legame che intercorre tra l'attore e l'informatore, la lunghezza della catena di conoscenze entro cui le segnalazioni passano. Più specificamente, gli studi di Mark Granovetter mettono in luce che per i lavoratori professionalizzati le informazioni rilevanti provengono più frequentemente da contatti di semplice conoscenza, mentre l'intervento di parenti e amici è raro. Questo risultato comprova innanzitutto la preminenza della struttura sulla motivazione. Parenti e amici sono certamente più motivati ad aiutare chi cerca lavoro, ma non si trovano nella posizione strutturale migliore per poterlo fare. Essi condividono con l'attore lo stesso ambiente e difficilmente possono disporre di informazioni aggiuntive rispetto a quelle che l'attore già conosce. Il fatto di condividere legami 'forti' non aiuta la ricerca di un lavoro. Al contrario i membri marginali o esterni al reticolo di intimità, coloro che sono collegati 'debolmente' con l'attore, avendo accesso ad ambienti diversi sono più probabilmente a conoscenza di informazioni decisive su posti di lavoro vacanti.
I legami forti tornano invece ad assumere un ruolo centrale nel caso del lavoro dequalificato. Margaret Grieco (v., 1987) dimostra che nel settore alimentare, caratterizzato da stagionalità dell'occupazione, e nel settore metalmeccanico, caratterizzato da ampia immigrazione da altre regioni, non solo il reclutamento, ma anche l'organizzazione produttiva passano ancora attraverso le reti familiari, come nelle fasi della prima industrializzazione. Dal lato della domanda vengono incoraggiate le pratiche di reclutamento informale attraverso i lavoratori già occupati, allo scopo di controllare la forza lavoro e di favorirne la socializzazione sul posto di lavoro. Dal lato dell'offerta la parentela non costituisce solo il reticolo informativo essenziale, che permette di individuare le opportunità, ma è anche un canale di assunzione che rafforza un sistema di obbligazioni reciproche.Le differenze tra lavoro qualificato e dequalificato sono rimarchevoli, ma in ogni caso sia gli studi di Granovetter che quelli di Grieco evidenziano almeno quattro costanti di rilevanza teorica: a) la lunghezza del percorso informativo tra chi offre e chi domanda lavoro non è mai grande, poiché l'elemento fiduciario rimane caratterizzante; b) viene confutata l'ipotesi che il mercato del lavoro moderno sia retto da principî impersonali, meritocratici e universalisti; c) l'informazione utile per attivare il mercato del lavoro non viene prodotta ad hoc, ma viene utilizzata come sottoprodotto di altri processi sociali; d) i fenomeni macro emergono come combinazioni di processi di interazione a livello micro.
Già all'inizio del secolo, l'analisi delle relazioni tra individui, piuttosto che delle loro caratteristiche, era stata proposta da Georg Simmel come il compito fondamentale della sociologia. Leopold von Wiese aveva poi esplicitamente parlato dell'opportunità di rappresentare graficamente la sfera delle relazioni tra gli uomini come una rete di linee che partono da punti: "si tratta di ordinare questo reticolo e di spiegare come soltanto questi innumerevoli collegamenti rendano possibile la vita civile [...]. Quindi l'interumano non è altro che una grande quantità di legami mutui e variabili tra gli uomini. Gli avvenimenti che si svolgono in questa sfera, che io chiamo processi sociali, sono avvenimenti attraverso i quali gli uomini sono strettamente collegati gli uni con gli altri o più disgiunti gli uni dagli altri" (v. von Wiese, 1933²; tr. it., p. 275).
I primi tentativi di passare dalla fase programmatica e metaforica a quella applicativa ed empirica si verificano però solo negli anni trenta, in modo apparentemente indipendente in campi disciplinari diversi. In particolare sono individuabili tre scuole, che nel corso degli anni subiscono fertilizzazioni reciproche, anche grazie alla mobilità di alcuni studiosi che di fatto permettono il passaggio di concetti, metodi e tecniche da una scuola all'altra (v. Scott, 1991).
Un primo filone di ricerca, originariamente influenzato dalla teoria della Gestalt, si sviluppa in America grazie a un gruppo di psicologi sociali emigrato dalla Germania nazista. Autori come Kurt Lewin, Jacob Moreno e Fritz Heider enfatizzano il ruolo giocato dalla struttura dei gruppi interpersonali nella costruzione degli schemi cognitivi e adottano nuovi metodi di analisi strutturale dei gruppi allo scopo di studiarne i flussi di informazione e la formazione delle idee. L'attenzione per i rapporti tra la struttura delle relazioni interpersonali a livello micro e fenomeni macrosociali più complessi suggerisce anche un qualche collegamento con la sociologia classica tedesca. Alla diade e alla triade di Simmel, Moreno, che nel 1937 fonda la rivista "Sociometry", accosta la struttura sociometrica del gruppo a stella e propone lo strumento del sociogramma, niente più che un espediente grafico per descrivere quelle che egli chiama le proprietà formali delle configurazioni sociali. Da questo momento tuttavia la metafora si trasforma in una forma diagrammatica, in qualche modo confrontabile, e permette di distinguere analiticamente e di descrivere graficamente una famiglia di concetti derivati come quelli di posizione sociale e di relazione simmetrica, asimmetrica o di reciprocità, e di individuare percorsi di connessione interpersonale. Lewin propone invece di studiare le proprietà strutturali dello spazio sociale attraverso la topologia matematica e la teoria degli insiemi, mentre Heider introduce il concetto di equilibrio cognitivo, da cui si svilupperà il concetto sociologico di equilibrio strutturale, come campo di applicazione della teoria dei grafi segnati (v. Harary e Norman, 1953).
Un secondo approccio, collegato allo struttural-funzionalismo, partendo dalla tradizione dell'antropologia anglosassone sviluppa alcune applicazioni empiriche in campo sociologico, a cominciare dal ben noto riorientamento della ricerca iniziata alla fine degli anni venti presso gli stabilimenti della Western Electric a Hawthorne. In particolare, l'applicazione di tecniche di osservazione mutuate dalla tradizione della ricerca antropologica aveva posto in luce l'importanza delle relazioni interpersonali informali nel comportamento lavorativo, e i risultati della ricerca erano stati presentati anche facendo ricorso a sociogrammi. L'applicazione di tecniche di derivazione antropologica allo studio di moderne comunità urbane, soprattutto su iniziativa di Lloyd Warner, allievo di Radcliffe-Brown, spostò l'attenzione dall'analisi della posizione individuale nel reticolo complessivo all'individuazione di gruppi più o meno isolati dalla struttura sociale complessiva (detti cliques) e all'analisi della loro struttura interna e delle appartenenze multiple degli individui a essi. La convergenza e la sintesi metodologica tra i due approcci sopra menzionati sono successivamente tentate da George Homans (v., 1951) che, partendo da una critica alle grandi teorie parsonsiane empiricamente non dimostrabili, riafferma a livello teorico l'importanza delle interazioni personali, che contribuiscono a creare gli atteggiamenti e quindi a orientare l'azione, e a livello metodologico riorganizza in forma matriciale i dati della ricerca di Davis e altri (v., 1941), proponendo di fatto un tentativo di analisi che assomiglia a quella che molto più tardi verrà chiamata 'del modello a blocchi'.
Il terzo approccio è costituito dai lavori della cosiddetta 'scuola di Manchester', che rappresenta lo sviluppo in chiave critica dell'antropologia struttural-funzionalista. Autori come Max Gluckman, J. Barnes, Clyde Mitchell e Elisabeth Bott riprendono le nozioni metaforiche di rete introdotte da Radcliffe-Brown, ma invece di insistere sui concetti di integrazione e coesione sociale, sottolineano il ruolo giocato dal conflitto e dal potere nella trasformazione e nella persistenza delle strutture sociali. Anche nello sviluppo della scuola di Manchester emergono interessanti legami personali con le scuole ricordate in precedenza. In particolare Bott era stata allieva di Warner a Chicago e un altro membro del gruppo, lo psicologo austriaco Siegfried Nadel, era stato influenzato da Köhler e Lewin, e difatti la sua produzione richiama esplicitamente la necessità, già affermata da Simmel, di separare la forma dai contenuti delle relazioni sociali.
Il cambiamento dell'oggetto di ricerca dalle comunità africane primitive alle piccole comunità di villaggio europee (v. Barnes, 1954) e alle strutture familiari in ambiente urbano (v. Bott, 1957) permette di enfatizzare il ruolo dei legami di parentela, amicizia e vicinato nella produzione dell'integrazione sociale. I contributi più ricchi provengono però da Mitchell (v., 1969) che complica il modello distinguendo analiticamente vari tipi di relazione, ciascuna caratterizzata da distinti parametri di reciprocità, durata e intensità. Inoltre l'applicazione della teoria dei grafi permette di sviluppare i concetti fondamentali di densità, connessione e raggiungibilità, riferiti al reticolo nel suo complesso.
L'attenzione esclusiva ai rapporti informali, di derivazione antropologica, viene tuttavia indicata come un limite della scuola di Manchester e ne causerà il declino a cominciare dagli anni settanta (v. Scott, 1991), quando i maggiori sviluppi metodologici e soprattutto tecnici sono ormai localizzati a Harvard. Le moderne tecniche di network analysis vengono infatti sviluppate circa un decennio dopo la pubblicazione dei lavori di Homans di cui si è detto. Il gruppo di Harvard, il cui maggiore esponente è certamente Harrison White, elabora concetti matematici di analisi strutturale sviluppando i lavori di Harary e Cartwright degli anni cinquanta. L'impostazione può essere definita a tutti gli effetti di sociologia matematica, in quanto l'obiettivo è quello di modellizzare strutture sociali dotate di differenti proprietà, partendo dalla teoria matematica dei grafi e dall'utilizzo dell'algebra delle matrici. L'approccio è quindi astratto e deduttivo-matematico, piuttosto che sostanziale e applicativo a problemi di interpretazione sociologica. L'elemento fortemente unificante dei diversi contributi non è cioè una qualche teoria sociale, ma il metodo della network analysis in quanto tale. A questa fase di sviluppo metodologico corrisponde però una povertà sostanziale dei risultati teorici delle ricerche, il cui merito principale è quello di fornire informazioni empiriche, talvolta controintuitive, a favore o più spesso a sfavore di teorie tradizionali la cui verifica empirica era carente o inesatta.
È tuttavia a cominciare dall'inizio degli anni settanta che alcune applicazioni della strumentazione tecnica elaborata in quegli anni attirano l'attenzione dei sociologi, grazie al raggiungimento di interessanti risultati teorici (v. Granovetter, 1973) in grado di far luce sul rapporto tra comportamenti micro e strutture macro e quindi di contribuire a colmare la tradizionale separazione tra questi due livelli. Le teorie del mercato e dello scambio, che avevano visto l'impegno a livello teorico di studiosi che si erano già impegnati nella network analysis, come Homans, forniscono un nuovo quadro teorico che si sviluppa in modo promettente durante gli anni ottanta. Il numero crescente di ricercatori che adottano l'approccio suggerito dalle tecniche di network analysis e lo spazio crescente riservato ai contributi scientifici di questo tipo nella letteratura internazionale sono ben evidenziati proprio dalla crescita numerica dei titoli nella letteratura internazionale: i lavori che sviluppano o utilizzano questo metodo, tra quelli citati in "Sociological abstracts", salgono nel decennio 1973-1983 da poche unità a un centinaio, per poi triplicarsi nel decennio successivo.
La moderna teoria dei grafi fornisce il vocabolario convenzionale atto a formalizzare e misurare i concetti della network analysis (v. Wilson, 1972). Un grafo è un insieme di vertici e archi che possono essere disegnati in uno spazio in cui la posizione dei vertici è definita esclusivamente dalle relazioni reciproche costituite da archi. Nella figura i vertici sono i punti denominati con lettere maiuscole, gli archi sono i segmenti che li congiungono, denominati con lettere minuscole. La congiunzione di un vertice con un arco è detta incidenza, due vertici collegati da un arco sono detti adiacenti. La sequenza di più vertici tra loro adiacenti è detta percorso, il percorso più breve tra una coppia di vertici tra loro connessi è detto distanza.
Come per qualsiasi altro insieme di informazioni relativo a una qualunque ricerca sociale, anche l'analisi di rete implica l'organizzazione dei dati in forma matriciale. A differenza della matrice caso × variabile, tuttavia, l'analisi di rete si basa su una matrice iniziale caso × relazione, detta matrice delle incidenze (v. schema 1). Trattasi di una matrice rettangolare binaria in cui viene registrata la partecipazione o meno di ciascun individuo all'evento che costituisce la relazione. La matrice delle incidenze può essere agevolmente trasformata in una matrice delle adiacenze (v. schema 2), in cui i valori di cella sono positivi se quella coppia di vertici ha partecipato all'evento. Trattasi di una matrice quadrata caso × caso, che assume caratteristiche diverse a seconda delle proprietà attribuite agli archi: a) matrice simmetrica binaria nel caso di archi non orientati; b) matrice asimmetrica binaria nel caso di archi orientati; c) matrice non binaria con valori di cella superiori a 1 nel caso di molteplicità degli archi per ciascuna coppia di vertici.
Lo sviluppo delle tecniche relative alle proprietà dei vari tipi di matrice ha riguardato il problema della misurazione adeguata della complessità e varietà dei legami, attraverso l'attribuzione di proprietà specifiche agli archi. In particolare il problema del livello di misurazione della variabile, tipico dei metodi survey, si ripropone anche per la descrizione degli archi, che possono essere diretti o non diretti e dotati di intensità misurata a livello di intervalli, a livello ordinale (grafi segnati di Harary) o semplicemente a livello dicotomico di presenza-assenza (grafi semplici). Poiché in questa sede ci si limita a una illustrazione semplificata della materia, è possibile raggruppare in quattro grandi categorie le statistiche descrittive e analitiche delle reti, in funzione degli approcci illustrati in precedenza (v. cap. 3). Per una trattazione completa si rimanda al breve manuale di Scott (v., 1991), con approccio illustrativo non tecnico, e al manuale di Wasserman e Faust (v., 1994), con approccio analitico e sistematico.
Il concetto di densità misura la frequenza degli archi tra i vertici. In un grafo non diretto la formula è data dal rapporto tra il numero degli archi presenti e il numero massimo di archi possibili, che è funzione del numero dei vertici, secondo la seguente
dove a è il numero degli archi presenti e v è il numero dei vertici del grafo. La densità calcolata per il grafo della figura è di 0,2. L'indice di densità presenta due principali limiti: a) pur muovendosi in un intervallo tra 0, grafo nullo, e 1, grafo completo, i valori di densità ottenibili empiricamente sono fortemente dipendenti dalle dimensioni del grafo stesso, essendo il numero degli archi possibili una semplice funzione quadratica del numero dei vertici. Ciò rende fuorviante il confronto tra indici di densità di reti di ampiezza diversa. Anche da un punto di vista empirico è plausibile pensare che esista un limite massimo di attivazione e mantenimento di legami interpersonali per un qualsiasi individuo: oltre una certa dimensione della rete, l'indice di densità tenderà a decrescere anche se ciascun individuo mantiene attivato il numero massimo di relazioni umanamente possibili; b) l'applicazione dell'indice di densità risulta problematica nel caso in cui le caratteristiche degli archi incorporino informazioni più complesse del semplice grafo non diretto (grafi diretti, pesati, segnati, con molteplicità degli archi). In questo caso vengono applicate misure più grossolane, come l'indice di inclusione, dato dal rapporto tra il numero dei vertici connessi e il totale. Le applicazioni di questi indici riguardano gli studi di comunità, dove la densità è utilizzata come indicatore di integrazione sociale. Le ricerche più interessanti mostrano però che la densità complessiva della rete nasconde rapporti interpersonali molto eterogenei e multifunzionali in cui il ruolo delle relazioni di parentela è dominante e in cui i legami di solidarietà sono molto meno numerosi delle relazioni di amicizia e conoscenza. Inoltre, mentre i primi sono spesso asimmetrici, cioè non reciproci, e latenti, perché vengono attivati solo in caso di bisogno, i secondi sono più frequenti e simmetrici (v. Wellman, 1982).
Questa classe di statistiche ha lo scopo di misurare il grado di centralità dei vertici o di centralizzazione della rete nel suo insieme. Per quanto riguarda un singolo vertice, si distingue tra centralità locale, già individuata da Moreno negli anni trenta, data semplicemente dal numero dei vertici immediatamente adiacenti (v. l'ultima colonna della matrice dello schema 2, che riporta la somma delle adiacenze per ciascun vertice), e centralità globale, che per ciascun vertice tiene conto delle distanze da tutti gli altri vertici (v. Freeman, 1979). Più sofisticate sono le statistiche di centralizzazione della rete, che misurano, per così dire, il grado di organizzazione della struttura intorno a un punto centrale o a un sottografo particolarmente denso. Il punto di partenza dell'algoritmo è dato dalle centralità dei singoli vertici, che vengono considerate congiuntamente. Il valore massimo di centralizzazione, pari all'unità, si ottiene con grafi a forma perfettamente stellare (ibid.). Gli indici di centralizzazione non sono però in grado di individuare se il reticolo è organizzato intorno a un solo vertice centrale o sotto-insieme di vertici, ovvero a più vertici o sotto-insiemi di vertici distribuiti in varie zone. Questo problema di morfologia strutturale di rete viene affrontato in modo più efficace attraverso le tecniche di block modelling cui si fa cenno più sotto. Le misure di centralità e centralizzazione rivestono una particolare importanza nello studio delle élites economiche e politiche, specificamente nell'analisi dei legami personali tra i consigli di amministrazione (interlocking directorates), che mostrano come in vari paesi un ristretto numero di personaggi monopolizza le posizioni di comando nelle principali imprese e forma una rete interorganizzativa caratterizzata da un centro più o meno denso, formato da imprese finanziarie, e da una periferia formata da imprese prevalentemente industriali (v. Stokman e altri, 1985).
Questa classe di statistiche generalizza alcuni concetti della teoria dei grafi allo scopo di individuare la presenza di sottografi rilevanti che rispondono a criteri più o meno stringenti di maggiore densità locale. L'idea che le relazioni tra alcuni individui formino sottografi relativamente più densi rispetto al reticolo complessivo e che l'appartenenza a questi gruppi coesi condizioni significativamente le strategie e le preferenze degli attori è uno dei più importanti risultati della scuola di Harvard degli anni trenta che per prima introduce il concetto di clique, inteso come gruppo fortemente coeso e strategicamente unito, senza però riuscire ancora a operazionalizzarlo in modo rigoroso (v. Scott, 1991). I criteri per individuare sottografi rilevanti sono essenzialmente due. Il primo criterio è di tipo definitorio e si basa su una qualsiasi caratteristica sostanziale dei vertici, come ad esempio il sesso, la professione o il ruolo familiare degli individui osservati. L'isolamento delle relazioni tra il sottografo, formato dai vertici così selezionati, e il resto della rete permette di costruire e analizzare il cosiddetto grafo bipartito (v. Sprenger e Stokman, 1989). Il secondo criterio di individuazione è di tipo induttivo e nasce dall'analisi delle caratteristiche strutturali del grafo, allo scopo di individuarne parti dotate di una qualche specificità. A questo criterio risponde per esempio l'algoritmo di individuazione delle n-cliques, definite come il sottografo che comprende il maggior numero di vertici tra loro connessi da un percorso di distanza non superiore a n. Per n=1 la clique corrisponde al massimo sottografo completo (v. Harary, 1969). Poiché l'occorrenza di cliques numerose a distanza 1 è abbastanza infrequente nelle reti empiriche, viene spesso utilizzata la distanza 2, che comprende vertici collegati direttamente o indirettamente attraverso un comune intermediario (v. Chiesi, 1982). L'utilizzo di distanze superiori risulta invece problematico poiché non è facile attribuire un significato sostanziale a connessioni così indirette.
Il concetto di componente è invece utile a individuare sottografi in reti poco dense. Il componente viene definito come il massimo sottografo connesso, per cui, ad esempio, nel grafo della figura sono individuabili due componenti, uno maggiore (A, B, C, H, I, L) e uno minore (E, F, G). Il concetto di componente è facilmente interpretabile in termini sociologici, in quanto è plausibile supporre che soltanto i membri di un componente siano in grado di comunicare tra loro, attraverso catene di intermediari, senza avere la possibilità di coinvolgere chi non ne fa parte. Il concetto di componente è applicabile anche ai grafi diretti e viene definito forte o debole a seconda che si tenga conto o meno della direzione degli archi. A cominciare dalla fine degli anni settanta l'analisi dei componenti è stata arricchita da procedure di individuazione dei cosiddetti nested components (componenti gerarchizzati), che consistono nell'adottare in sequenza criteri via via più stringenti di individuazione dei componenti di uno stesso grafo. In particolare sono stati proposti due criteri, quello dei k-nuclei (k-cores) e quello dei m-nuclei (m-cores). Il k-nucleo, basato sul concetto di adiacenza, è il massimo sottografo in cui ciascun vertice è adiacente a un numero ≥k di altri vertici. L'm-nucleo, basato sul concetto di molteplicità, è il massimo sottografo in cui ciascun arco ha una molteplicità ≥m. Le applicazioni di questa tecnica sono state sviluppate soprattutto nel campo dello studio delle élites e hanno portato all'individuazione di strutture piramidali - o gerarchiche - dei reticoli, in cui un nocciolo ristretto di individui strettamente collegati è inglobato in una cerchia di appartenenza meno esclusiva, che a sua volta fa parte di un componente più vasto, ancora meno denso (v. Stokman e altri, 1985). Bisogna infine citare un sottoprodotto teoricamente molto fertile di questi approcci, il quale si collega direttamente al concetto simmeliano dei circoli sociali che si intersecano. In quest'ottica sono state sviluppate già negli anni sessanta specifiche tecniche sociometriche in grado di individuare le strutture di appartenenza multipla (v. Kadushin, 1968). Più recentemente è stato dimostrato che l'appartenenza di un vertice a diversi componenti o cliques comporta un vantaggio posizionale soprattutto se il vertice in questione è l'unico elemento di intersezione tra sottografi contigui non sovrapposti. Come abbiamo illustrato in precedenza (v. cap. 2), il ruolo giocato da coloro che collegano ambienti sociali diversi ha permesso di capire l'alta frequenza di casi di occupazione ottenuta grazie ai rapporti informali (v. Granovetter, 1973).
La discussione sulle proprietà di appartenenza plurima di vertici, che occupano posizioni dotate delle stesse caratteristiche strutturali, ci porta alla quarta classe di statistiche rilevanti, che si è andata sviluppando più recentemente a seguito dell'elaborazione del concetto teorico di equivalenza strutturale. Essa riguarda soprattutto le tecniche di individuazione dei blocchi o block modelling. Poiché il ricorso al termine 'blocco' non è univoco nella letteratura, John Scott (v., 1991) ha giustamente proposto di limitarne l'utilizzo al concetto qui richiamato. La nozione di equivalenza strutturale si basa esplicitamente sul concetto di ruolo, per cui due attori occupano posizioni strutturalmente equivalenti se sono collegati con lo stesso tipo di archi a uno stesso numero di vertici adiacenti (v. Lorrain e White, 1971). È interessante notare che l'attenzione al concetto di equivalenza strutturale tende a spostare l'accento dallo studio dei rapporti informali, che hanno rappresentato il focus dell'approccio antropologico e psicologico, allo studio delle relazioni tra ruoli tendenzialmente istituzionalizzati, la cui struttura di rete prescinde in gran parte dalle caratteristiche idiosincratiche di chi occupa la posizione. Inoltre le tecniche del block modelling permettono di tener conto contemporaneamente di una pluralità di matrici per gli stessi vertici, riconoscendo quindi operativamente l'importanza di diverse classi di archi, differenziabili non solo in termini di intensità e orientamento, ma anche per tipo (v. White e altri, 1976).
Gli algoritmi del block modelling assumono una definizione attenuata di equivalenza strutturale, poiché nella realtà empirica è abbastanza difficile trovare casi di equivalenza strutturale in senso stretto. Il punto di partenza è costituito dalle matrici di adiacenza (v. schema 2) dei vari tipi di archi considerati, che vengono aggregate in un'unica matrice rettangolare. Mediante un processo iterativo, basato sul calcolo dei coefficienti di correlazione tra le colonne della matrice, la matrice stessa viene riorganizzata individuando i vertici strutturalmente simili e progressivamente raggruppati in blocchi entro cui si presume l'equivalenza strutturale. La decisione relativa al numero finale di blocchi spetta al ricercatore, che deve interrompere il processo di estrazione sulla base di considerazioni di tipo teorico. Il risultato dell'analisi consiste in una matrice binaria n⟨P8>n in cui n è il numero dei blocchi estratti.
Benché le tecniche disponibili presentino ancora problemi aperti relativi al grado soddisfacente di attenuazione del concetto di equivalenza strutturale e al fatto che la procedura non è applicabile a qualsiasi tipo di grafo, ma solo all'interno di componenti (v. Scott, 1991), le applicazioni promettono un arricchimento del dibattito sul versante teorico. Ronald Burt (v., 1982) ha utilizzato il concetto di equivalenza strutturale per sviluppare una teoria strutturale dell'azione, secondo cui l'attore non è motivato dal fatto di condividere una cultura, ma piuttosto dagli interessi che gli derivano dall'occupare una posizione specifica nella rete. La proposta di Burt è un esempio di integrazione tra logica dell'azione a livello micro e influenza delle macro-strutture sociali. John Padgett e Christopher Ansell (v., 1993) hanno analizzato vari tipi di legami formali e informali (matrimoni, affari, affiliazione politica) delle grandi famiglie nobili fiorentine allo scopo di individuare i meccanismi concreti di centralizzazione del potere che originarono la signoria dei Medici. Secondo questi autori, la crescita del potere dei Medici derivò dalla possibilità di controllare complessivamente un reticolo di rapporti tra famiglie, che i Medici stessi avevano contribuito a sezionare e disgiungere. Inoltre sviluppano empiricamente l'ipotesi che le strategie di potere siano basate più sull'ambiguità e la multivocità delle relazioni, che sul calcolo razionale di un interesse specifico.
Oltre ai problemi particolari legati a singole tecniche, il dibattito metodologico è costantemente percorso da problemi più generali, intrinseci all'analisi di rete. Un problema preliminare riguarda i limiti di applicazione delle tecniche di campionamento nello studio di reticoli globali. A causa dell'interdipendenza tra i soggetti, che rappresenta l'oggetto principale di studio, l'estrazione casuale di individui isolati impedisce una corretta individuazione della rete che li circonda. L'approccio dei networks ego-centrici, suggerito dagli antropologi, aggira il problema del campionamento almeno quanto quello adottato dagli studiosi delle élites, che analizzano interi universi. L'assenza di regole standard suggerisce di affrontare il problema sulla base della specificità dell'oggetto di indagine.
Un altro problema riguarda l'attendibilità della rilevazione dei reticoli personali, basata su informazioni necessariamente non anonime, in cui il rispondente deve essere disposto a svelare i nomi di persone con cui è in contatto, rinunciando quindi alla riservatezza. Il dibattito sul modo di formulare le domande è stato avviato all'inizio degli anni ottanta a seguito della decisione di inserire informazioni sui reticoli personali nella general social survey americana (v. Burt, 1984; v. Neyer e altri, 1991).
La comunità scientifica ha dedicato tradizionalmente una maggiore attenzione alla posizione dei vertici piuttosto che all'eterogeneità dei legami. Le tecniche disponibili sono quindi ancora inadeguate a trattare l'intensità, la qualità e la varietà dei legami e, anche se gli sviluppi più recenti sono orientati in questa direzione, può essere generalizzata la considerazione di Swedberg (v., 1990) secondo cui le analisi più sofisticate offrono ancora una versione molto impoverita delle reti economiche.
L'analisi dei reticoli si è posta fin dall'inizio soprattutto l'obiettivo di descrivere concretamente la struttura delle relazioni sociali e talvolta ha fornito interessanti prove empiriche a favore o contro teorie non sufficientemente fondate. La capacità descrittiva può diventare interpretativa quando si vogliono identificare strutture relativamente semplici sottostanti alla complessità, apparentemente incomprensibile, della miriade di relazioni sociali e di incontri quotidiani di una società concreta. Da questo punto di vista le tecniche di rete condividono gli intendimenti analitici di altre famiglie di tecniche, come per esempio quelle elaborate negli studi sulla mobilità sociale, il cui principale obiettivo è la descrizione-semplificazione e la misurazione-comparazione. Rispetto a tecniche più specifiche, la network analysis gode tuttavia di un campo di applicazione molto più vasto, comparabile soltanto a quello delle tecniche di survey, che però incorporano uno statuto teorico implicito, di derivazione durkheimiana, molto meno forte. Per questo vengono riconosciute all'analisi dei reticoli possibilità teoriche molto maggiori.
Viene concordemente attribuito alla network analysis il merito di avere sviluppato, a partire dagli anni settanta, una serie di teorie di medio raggio, empiricamente fondate, in campi applicativi molto eterogenei. Contributi di più vasta portata, al confine tra economia e sociologia, sono stati tuttavia proposti negli anni ottanta, in particolare attraverso il tentativo di incorporare le teorie del mercato e dello scambio entro un approccio di rete. In questa prospettiva, se alcuni studiano le reti particolaristiche come meccanismi di regolazione sociale alternativi al mercato e alle gerarchie (v. Thompson e altri, 1991), altri interpretano il mercato stesso come una rete in cui 'cricche di produttori' stabiliscono strategie reciproche osservandosi a vicenda (v. White, 1981). Lo scambio in generale viene visto come una relazione originata da un flusso di risorse, che viene attivata, mantenuta o abbandonata sulla base di scelte intenzionali (v. Cook, 1982). L'interesse di questo approccio consiste nel tentativo esplicito di superare i limiti dello strutturalismo, passando dalla descrizione e comprensione della struttura delle opportunità in cui si collocano gli attori all'analisi delle strategie vincolate a loro disposizione. Inoltre risulta evidente il tentativo di colmare il gap esistente tra approccio micro e macro, unificando i due livelli. (V. anche Interazione sociale).
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