analisi non standard
analisi non standard moderno capitolo dell’analisi matematica fondato negli anni Sessanta del Novecento dal matematico statunitense A. Robinson. L’analisi non standard ha alla base un modello ampliato di R, designato con *R e talvolta indicato come insieme degli iperreali, che oltre agli usuali numeri reali contiene numeri infiniti e infinitesimi attuali. In *R esiste un infinito, denotato con ω, la cui definizione richiede l’uso dell’assioma della → scelta; a partire da esso si possono costruire gli altri infiniti (o meglio, iperfiniti) mediante polinomi in ω. A differenza dei numeri transfiniti, non esiste tuttavia un iperfinito minimo. Il reciproco di un infinito è un infinitesimo, un numero che risulta minore di qualsiasi numero positivo e tuttavia maggiore di 0. Per indicare che ε è infinitesimo si scrive ε ≈ 0. Dire che x è infinitamente vicino a y (proprietà denotata con x ≈ y) equivale a dire che x − y ≈ 0. La relazione ≈ che così si stabilisce è una relazione di equivalenza; in ogni classe di equivalenza [x] c’è dunque un numero reale °x = st(x) detto parte standard o ombra di x. Dato x standard, l’insieme dei numeri che sono infinitamente vicini a esso, {y : y ≈ x}, è detto alone di x. Una funzione si dice standard se il suo grafico è standard, se è cioè formato da punti le cui coordinate sono numeri standard; per esempio y = x + 4 è una funzione standard, mentre y = x + ε non lo è. Attraverso tali nozioni è possibile riformulare tutta l’analisi infinitesimale senza far uso del concetto di limite. Per esempio, la continuità di una funzione si definisce dicendo che ƒ(standard) è continua in x (standard) se y ≈ x ⇒ ƒ(y) ≈ ƒ(x); la derivata ƒ′(x) è un numero tale che
Pur essendo inquadrabile come moderno capitolo dell’analisi matematica, l’analisi non standard ne costituisce, quindi, una sorta di rifondazione giacché recupera il concetto leibniziano di infinitesimo di cui Robinson dà una definizione logicamente rigorosa.