Ancona
Città delle Marche, capoluogo di prov., situata sui modulati contrafforti nordoccidentali del promontorio del monte Conero. Per la sua posizione geografica A. svolse sempre un ruolo non indifferente nella storia della penisola italiana, soprattutto nel corso del Medioevo. Dopo le invasioni visigote (408-410), il territorio di A. fu teatro delle guerre gotiche (535-553). Con la riconquista bizantina e la costituzione dell'Esarcato di Ravenna, A. fu compresa nella circoscrizione amministrativa della Pentapoli marittima (584 ca.). Conquistata da Liutprando nel 727-728, divenne ducato longobardo e nel 756 fu ceduta alla Chiesa. Il possesso fu confermato anche dai Franchi. Nell'839 A. fu devastata dai Saraceni, che tornarono ancora nell'850 e nell'877. Per la prima volta nel 982 si ha notizia di una marca di A., infeudata alla Chiesa, che durante le lotte delle investiture (sec. 11°) si emancipò con la signoria degli svevi conti Guarnieri. Costretta a difendere le proprie autonomie contro Venezia e l'Impero (1137, assedio di Lotario III; 1167, Federico Barbarossa; 1173, assedio di Cristiano di Magonza), anche con l'aiuto di Bisanzio, A. si definì all'inizio del sec. 13° come libero Comune e prospera Repubblica marinara, ma sempre sotto l'autorità della Chiesa. Nel corso del sec. 13° i contrasti con Venezia si accentuarono e i rapporti con la Chiesa non furono sempre facili, tuttavia nell'ambito delle lotte tra guelfi e ghibellini A. rimase fedele al papa. Nel 1348 fu occupata dai Malatesta, ma per l'intervento del legato papale cardinale Egidio Albornoz, nel 1355 poté riacquistare le proprie autonomie che perse solo nel 1532, allorquando con un colpo di mano fu annessa allo Stato della Chiesa (Natalucci, 1960-1961; 1980; Alfieri, 1981; Fasoli, 1981; Leonhard, 1983; Abulafia, 1984).
In epoca romana A. si era estesa al di là della cinta muraria che delimitava solo una parte dell'abitato sulla sommità e sulle pendici del colle Guasco. La testimonianza di Procopio al riguardo (De bello gothico, VI, 13) è stata del resto ampiamente confermata da una serie di ritrovamenti archeologici (Alfieri, 1938; Sebastiani, 1983). Nel Medioevo l'abitato di A. si contrasse sul colle Guasco, all'interno della cinta romana, la quale, più volte restaurata e rinforzata, soprattutto sul lato della marina, con un sistema di torri, conservò grosso modo inalterato fino a tutto il sec. 12° il medesimo perimetro. I primi restauri furono successivi alle invasioni visigote; lo si deduce dagli sgravi fiscali concessi da Onorio nel 408, nel 413 e nel 418 (Cod. Theod., IV, 28, 4; XI, 28, 7, 12).
Nuovi interventi si ebbero dopo le guerre gotiche, come indicherebbero alcuni tratti di mura scoperti dietro S. Maria della Piazza (Cagiano de Azevedo, 1981). I tragici eventi che caratterizzarono la storia di A. nei secoli seguenti, ivi compreso il sisma dell'847, resero necessarie altre opere di rinforzo alle mura che, come testimoniano Vincenzo da Praga (Annales; MGH. SS, XVII, 1861, p. 683) e Boncompagno da Signa (Liber de Obsidione; RIS, VI, 3, 1937, p. 9), si presentavano nel 1167 e nel 1173 inespugnabili. Il primo ampliamento di A. verso la valle compresa tra i colli Guasco e Astagno avvenne nella prima metà del sec. 13° (Arch. Storico Com., Istrumenti Diversi, nr. 19; Albertini, Storia, VIII, pp. 41-44). La città acquisì tuttavia la fisionomia riprodotta in una serie di vedute e piante prospettiche dei secc. 16°-19° (Santini, 1955) allorquando, nel sec. 14°, l'area urbana si espanse ancora a E e A. fu racchiusa dalle mura turrite che collegavano la sommità dell'Astagno, con la rocca di Capodimonte (1349), alla sommità del colle di S. Cataldo, sul quale si ergeva la possente rocca papale costruita tra il 1356 e il 1365 da Ugolino di Montemarte della Corbara per il cardinale Albornoz e distrutta dagli anconetani nel 1383. La particolareggiata descrizione dell'opera è fornita dal coevo cronista Oddo di Biagio (Chronica de la edificatione, in Ciavarini, 1870; Santini, 1931; 1955).
Queste mura, con la porta Calamo (1329), la porta di Capodimonte (1335) e le secondarie porte della Farina e di S. Francesco in Alto (Leoni, 1810-1815, III, p. 217), sono scomparse per l'espansione della città ottocentesca. Si sono invece conservate le più antiche: porta Cipriana in via Birarelli; porta della Cisterna o del Filello (sec. 13°) in via Volto dei Signori; porta S. Egidio o Maggiore (sec. 13°), conglobata nelle strutture quattrocentesche del palazzo degli Anziani; porta S. Pietro (oggi arco Ferretti), sulla quale un'iscrizione in opera insieme a due leoni, primi emblemi del Comune di A. (Boni, 1961), informa che fu costruita nel 1221 da magister Philippus. Le mura che correvano parallele alla marina furono al contrario distrutte insieme a gran parte del rione portuale, che aveva conservato pressoché intatto un assetto medievale, durante i bombardamenti del 1943. Sono stati tuttavia risparmiati: il complesso della porta Tommasi, eretto o restaurato nel 1159, come ricordava un'epigrafe letta da Leoni (1810-1815, II, pp. 166-167); la porta Capoleoni (secc. 12°-13°), all'imbocco del molo; le portelle Panunzi e di S. Maria della Piazza o della Dogana (sec. 13°), due delle sei che si aprivano nelle mura della rada; i resti di un edificio duecentesco denominato 'casa del Capitano del Porto'; un tratto di mura sul molo con il camminamento di ronda (sec. 14°); resti di mura e di una porta inglobati nel moderno fabbricato della dogana (Pirani, 1985). Delle numerose torri medievali (Saracini, 1675, p. 295) non sopravvivono che pochi resti incorporati in strutture seriori in via Ferretti e in via Volto dei Signori, nei palazzi Bosdari e Fatati (Pirani, 1985). Il tessuto viario, irregolare come la configurazione del suolo urbano, ricalca ancora oggi quello romano e medievale (Pirani, 1979). Il molo del porto di Traiano fu prolungato tra il sec. 13° e il 14° e sull'estremità venne eretto nel 1258 un possente torrione, con funzione di faro, nel quale vi era una statua di papa Niccolò III (Albertini, Storia, VIII, p. 55; Bevilacqua, 1889). Fino al 1356 A. era ripartita in tre quartieri: S. Salvatore o S. Pietro, Turriano o Porto, Capodimonte o S. Stefano, indi fu aggiunta la contrada Piano. Risalgono al sec. 12° le prime notizie relative alla zecca di Ancona (Castellani, 1935).
Dopo le distruzioni del 1943 l'edilizia civile medievale di A. è rappresentata solo dal palazzo del Senato (ampiamente restaurato nel dopoguerra), che occupa l'area forense romana (Sebastiani, 1983), e dal palazzo del Comune o della Farina, ubicato sullo scosceso pendio che domina il porto. Pur non esistendo documenti relativi alla costruzione del palazzo del Senato, il disegno architettonico della facciata - decurtata del lato destro e alterata dall'aggiunta quattrocentesca di un terzo piano - e, soprattutto, il decoro plastico paragonabile a quello di S. Maria della Piazza (1210), consentono di ricondurne la data di costruzione nell'ambito della prima metà del sec. 13° (Serra, 1929). Altrettanto oscure sono le origini del palazzo del Comune; nulla conferma la pur plausibile data 1270, letta sulla facciata da Vasari, il quale ne attribuisce il progetto e il decoro a Margheritone d'Arezzo (Le vite, I, p. 308). L'incendio del 1348 danneggiò gravemente l'edificio e i restauri seicenteschi hanno alterato la facciata nella quale, al piano terra, si distingue ancora una serie di arcate occluse. Tra le finestre del primo piano sono murati due altorilievi raffiguranti il Peccato originale e Lamec che saetta Caino, i quali, insieme ad altri cinque di soggetto veterotestamentario, oggi nella Pinacoteca Com. Francesco Podesti (Marchini, 1979), erano, a detta di Vasari, collocati nelle bifore della facciata. Stilisticamente databili al maturo sec. 13°, presentano caratteri di ascendenza lombarda mentre l'impianto architettonico dell'edificio riflette correnti centroitaliane (Serra, 1929; Cecon, 1943).
La prima cattedrale di A. era dedicata a s. Stefano. Il culto del protomartire in A. è testimoniato già nel 425 da s. Agostino che menziona una 'memoria' (Sermones, CCCXXII-CCCXXIII; PL, XXXVIII, coll. 1443-1446). Da Gregorio Magno si apprende invece che una chiesa a lui dedicata era ubicata iuxta civitatem (Dialogi, I, 5; PL, LXXVII, col. 177; Natalucci, 1934). Gli storici anconetani, sulla scorta di questo passo, hanno sempre ritenuto che la chiesa, della quale si perde ogni traccia dopo la menzione nel contesto della Chartula Donationis del vescovo Grimoaldo per la chiesa di S. Giovanni Battista in Pannocchiara del 1051 (Pagnani, 1960), fosse da ubicare sul colle Astagno. L'ipotesi non ha tuttavia trovato concreta conferma negli esigui resti archeologici (Annibaldi, 1971), né sono convincenti le argomentazioni in merito ad alcuni toponimi legati al nome di s. Stefano esistenti in quell'area. Per tali ragioni non si può escludere l'eventualità d'identificare l'antica cattedrale con l'edificio paleocristiano scoperto nel 1925 sotto la medievale chiesa di S. Maria della Piazza, del Canneto o del Mercato (Cecchelli, 1965). È stato infatti accertato che questo edificio dall'inconsueta planimetria basilicale biabsidata, con due sovrapposte pavimentazioni musive (secc. 5°6°) e tre strati di affreschi nelle absidi (secc. 7°-9°), era originariamente ubicato all'esterno della cinta muraria urbana (Canti Polichetti, 1981). Nel corso dei secc. 11°-12° al di sopra, ma leggermente arretrata, fu costruita una nuova basilica a tre navi spartite da pilastri ottagonali. Nel 1210, come si legge nell'iscrizione del portale, la facciata fu ristrutturata da magister Philippus, il quale procedette alla sovrapposizione di quanto rimaneva dell'originario paramento di pietra del Conero, inframezzato da pezzi scultorei (tra i quali la notevole Vergine orante bizantina del sec. 12°) con una serie di arcatelle cieche, anch'esse comprendenti materiali di recupero. Anche l'interno, spoglio dopo i restauri del 1928 (Serra, 1929-1930), fu verosimilmente ristrutturato nel 1210; lo indicherebbe lo stile della cornice che corre sopra le arcate a sesto acuto. La sistemazione della zona presbiteriale a guisa di transetto risale invece al 1223 (epigrafe sul pilastro sinistro) e alla medesima epoca è attribuito il portale laterale. Solo il basamento della torre campanaria è medievale.Sulla sommità del colle Guasco si erge l'attuale cattedrale (rango acquisito dopo il 1051). Già intitolata a s. Lorenzo, dalla fine del sec. 14° prevalse la dedica a s. Ciriaco, del quale si conservano le spoglie nella cripta dei Ss. Protettori (Leoni, 1810-1815, I, p. 240 ss). La figura storica di questo santo vescovo è offuscata dal sovrapporsi di racconti leggendari tanto che non è possibile spiegare la presenza delle sue spoglie in A.; tuttavia, secondo le tradizioni locali (Bernabei, Croniche anconitane, 1492, in Ciavarini, 1870), esse sarebbero state forse donate da Galla Placidia (Natalucci, 1980; Pirani, 1986).
La storia della cattedrale è lacunosa. Le scarse fonti testuali (Posti, 1911; 1912; Marinelli, 1921) e le indagini archeologiche del 1888 (Pierelli, 1893; Sacconi, 19032) e del 1948 (Pacini, 1950; Boni, 1950-1954) solo in parte hanno chiarito la cronologia delle strutture cristiane che precedono l'attuale edificio - a croce libera cupolato, con bracci ripartiti in tre navate - riferibile, tranne alcune aggiunte, alla fine del 12° secolo. Nel corso del sec. 13° fu addossato al portale un grande protiro caratterizzato da un'eclettica commistione di stilemi romanici e gotici, d'influssi pugliesi, norditaliani e anche dalmati (Zampetti, 1940). Nei primi anni del sec. 14° fu modificato il coro (a scarsella) e aggiunte le cappelle laterali. Sul lato sinistro della cattedrale è addossato l'episcopio, la cui fondazione risale forse al sec. 12°, ma delle cui strutture originarie quasi nulla resta. Nei pressi della cattedrale e della torre campanaria (sec. 14°) vi erano numerose chiese, tra le quali S. Giovanni alle Fonti, forse un battistero, i cui ultimi resti furono demoliti nel 1927 (Barili, 1849; Pirani, 1979).
In sede di scavo è stato accertato che sul basamento di un tempio dei secc. 4°-3° a.C., forse dedicato a Venere Euplea (Annibaldi, 1965), dopo una fase di abbandono, sorse, invertendo l'orientamento (con asse N-S), una basilica a tre navate databile alla fine del sec. 5° o agli inizi del successivo, come suggerisce anche la dedica a s. Lorenzo (Pani Ermini, 1981). Pertinenti a questa basilica sono pochi resti di un doppio livello di pavimentazione musiva e una serie di elementi marmorei, colonne, capitelli e lastre, riutilizzati nella fabbrica medievale (Barsanti, 1986). Nei secc. 10°-11°, sopraelevando il presbiterio, fu creata una cripta che accolse le spoglie dei santi protettori di A., Ciriaco, Marcellino e Liberio, provenienti da altre chiese non meglio identificate. La traslazione avvenne, come si ricava dalle monete rinvenute nel sarcofago di s. Ciriaco, nella prima metà del sec. 11° (Natalucci, 1980; Pirani, 1986). Sul volgere dello stesso secolo fu iniziata la trasformazione della basilica, ma il progetto rimase inattuato, come si rileva dalle basi dei pilastri cruciformi poste a un livello precedente a quello dell'attuale edificio. A questa fase appartiene forse l'abside del braccio sinistro decorata esternamente da archetti e mensole con protomi animali, un motivo tra l'altro piuttosto raro in ambito marchigiano. I lavori furono ripresi verosimilmente dopo l'assedio del 1173 e furono senza dubbio completati entro il 1189. Lo si deduce da una serie di iscrizioni. Le prime due, relative alle recinzioni delle cappelle della Madonna e del Crocefisso, menzionano l'una il vescovo Lamberto (1158-1173), lasciando intendere che forse alcuni dei plutei (conservati nel Mus. Diocesano d'Arte Sacra) provenivano da un'altra chiesa, e l'altra, perduta, ricordava il vescovo Beraldo (1185-1199), l'artefice Leonardo e la data 1189 (Schneider, 1981). Una terza epigrafe frammentata esistente nel Mus. Diocesano d'Arte Sacra menziona, in rapporto alla fabbrica della cattedrale, la data 1189 e il nome di un non meglio identificabile magister Oduineto (Posti, 1911, p. 174). Va sottolineato l'eccezionale sistema di supporto della cupola che trova riscontro nella chiesa di Koumourdo in Georgia (964) e in una serie di chiese c.d. di pellegrinaggio, tra le quali la Sainte-Foy di Conques in Francia dell'inizio del sec. 12° (Barsanti, 1984). Difficili da mettere a fuoco gli eventuali interventi di magister Philippus, il cui nome si legge anche su di una frammentata epigrafe esistente nel Mus. Diocesano d'Arte Sacra insieme alla data 1218, e di Margheritone d'Arezzo al quale, sulla scorta della testimonianza di Vasari, è stato attribuito il disegno della cupola e del protiro.
I bombardamenti del 1943 distrussero tra l'altro anche alcune chiese medievali: S. Anastasia Stella Maris, dalla quale provengono forse ab origine i due plutei d'ambone del sec. 7° o 8° ora conservati nel Mus. Diocesano d'Arte Sacra (Russo, 1981); S. Primiano, già S. Maria in Turriano, costruita o ricostruita nel 1228 da Marcellino d'Ugolino, come attesta un'epigrafe, anch'essa nel Mus. Diocesano d'Arte Sacra; S. Anna, già S. Maria in Porta Cipriana, fondata nel sec. 12° (Natalucci, 1960-1961, I, fig. 87); S. Pietro, edificata prima del 1245. Di questa chiesa, architettonicamente ispirata a S. Maria della Piazza, sopravvivono pochi resti dell'abside e alcuni frammenti del decoro plastico, tra i quali la lunetta del portale, ora nel Mus. Diocesano (Marinelli, 1921; Schneider, 1981). Nulla si conserva invece di S. Maria della Misericordia, che sorse nel 1399 in prossimità del porto (Serra, 1929). Le fonti tramandano memoria di numerose altre chiese medievali. Alcune compaiono nelle piante prospettiche dei secc. 16°-19°, di altre si conservano solo esigui frammenti scultorei, ora nel Mus. Diocesano d'Arte Sacra, nella cui raccolta vanno segnalati tra i pezzi più significativi: il sarcofago a 'porte di città' di Flavio Gorgonio (fine sec. 4°; Gabrielli, 1961); l'Arca di s. Dasio (secc. 3°-6°; Gabrielli, 1961; Wiegartz, 1965); il coperchio del sarcofago dei martiri Pellegrino e Flaviano e un pluteo, entrambi del sec. 8° (Pirani, 1986), dalla chiesa di S. Salvatore, poi S. Pellegrino, dalla quale provengono pure alcuni frammenti scultorei pertinenti alla fase del 1213-1224, comprendenti anche una lunetta con la testa del Cristo tra due ancore, opera di magister Philippus; un rilievo raffigurante il Cristo degli Orti (sec. 14°) dalla chiesa di S. Giovanni in Pannocchiara; una serie di frammenti di un portale del sec. 12°, tra i quali uno con la rara iconografia dell'Infanzia di s. Nicola (Budriesi, 1984), dalla chiesa di S. Bartolomeo o da chiese da essa dipendenti; un frammento del decoro plastico della chiesa di S. Giorgio, fondata nel 1177 (Saracini, 1675, p. 148), inglobata nel 1621 nel seminario. Tra le opere più significative del Mus. Diocesano d'Arte Sacra si ricordano un drappo di seta bizantina (secc. 10°-11°), rinvenuto nel sarcofago di s. Ciriaco (Sandroni, Kusch, 1987) e un reliquiario di rame dorato del sec. 14° contenente un sasso della lapidazione di s. Stefano (Natalucci, 1980). Nell'Arch. Capitolare è invece custodito un evangeliario, detto di s. Marcellino, vescovo di A. (539-555), contenente vari frammenti dei Sinottici scritti in caratteri onciali latini dei secc. 6°-7° e con note liturgiche scritte in caratteri longobardi (Natalucci, 1980).
Nelle immediate vicinanze d'A., nella rada di Portonovo, sorse nel 1034 un monastero benedettino, verosimilmente di riflesso al propagarsi del messaggio riformatore di s. Pier Damiani. La fondazione, come registra un'antica pergamena oggi perduta, ma trascritta da Saracini (1675, p. 151), è legata al nome dell'abate Paolo di Ancona al quale i signori del Poggio avevano donato 35 misure di terra per la fabbrica del monastero. Accanto al cenobio fu eretta una chiesa dedicata alla Vergine Assunta, unica struttura oggi superstite, nelle cui forme architettoniche si fondono ecletticamente tradizioni lombarde, dalmate e greco-bizantine (Crema, 1965). La pianta dell'edificio mostra infatti un singolare connubio tra impianto a pianta basilicale e schema a croce iscritta che non trova comunque piena espressione nell'elevato in cui domina la nave longitudinale con volta a botte.Il monastero, al quale papi e imperatori concessero numerosi privilegi, fu abbandonato dai Benedettini nel 1320 (Natalucci, 1938, pp. 92-101).
Un secondo monastero benedettino sorse nel 1038 sulla vetta del monte Conero; la sua fondazione è legata al nome dell'abate Guimezzone al quale furono donati da signori locali alcuni iugeri di terra. La chiesa, a tre navate, appartiene alla ricostruzione del 13° secolo. Sotto il presbiterio rialzato si apre la cripta con volte sorrette da pilastri e colonne sormontate da rudimentali capitelli; sul lato destro si apre un bel portale, datato da un'iscrizione al 1203 (Pacini, 1965).
Bibliografia
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