ANDREA d'Isernia, il Giovane
Figlio primogenito di Roberto, cavaliere e professore di diritto civile nato dal maggiore Andrea d'Isernia e premortogli combattendo in Toscana al seguito del conte d'Eboli. Nacque negli ultimi anni del XIII o, più probabilmente, al principio del XIV secolo. In documenti del 1316 e del 1318 egli appare sotto tutela; nel 1319è detto "maior decennio" in un atto di vendita dei castelli di Casapuzzana e di Bugnana, cui prende parte insieme con la nonna e con gli zii. Con tutta probabilità compì gli studi di legge presso lo Studio napoletano. Fu giudice e assessore di Bari; ebbe la signoria del Castello di Morrone, che il 17 marzo 1330, unitamente a quello di Castiglione, permutò con la metà del Castello di Longano e con quello di Licinoso. Per quest'ultimo nel 1333 fu in lite con Cantelma Cantelmi e Carlo d'Artois, rispettivamente vedova e figlio del cavaliere Bertrando d'Artois. Nel 1341 figura già ammogliato con Marotta, vedova di Giovanni di S. Germano, segretario di re Roberto. Con la qualifica di "iudex", alla fine d'aprile del 1345 fu inviato da Giovanna I a Pisa, per ottenere il contributo in galere e denaro dovuto da quel Comune. In tale occasione si pregavano le autorità fiorentine di provvederlo di un notaio. Nel 1348 i sovrani Luigi e Giovanna gli donano il castello di Macchia, già facente parte dei beni sequestrati al vice-ammiraglio del Regno Ademaro Romano di Scalea. Nel documento egli è detto maestro razionale e giudice di palazzo. Del 22 aprile 1350 è un progetto di accordo tra Genova e Napoli, redatto da A., in base al quale i sovrani di Napoli erano disposti a restituire Ventimiglia e le sue fortezze, al fine di ristabilire i buoni rapporti che tra i due stati erano esistiti al tempo di re Roberto; i Genovesi, in contropartita, avrebbero messo a disposizione del Regno quattro galere. L'8 maggio 1351 A. prese a esercitare l'ufficio di luogotenente del gran camerario del Regno, con lo stipendio di cinquanta once d'oro. Tra le qualifiche di A. a quest'epoca troviamo anche quelle di consigliere e familiare del re. Nel 1352, nel quadro di provvedimenti miranti alla riorganizzazione dello stato, egli partecipa in commissione con tre altri maestri razionali, Egidio da Bevagna, Niccolò d'Alife e Sergio di Donnorso, al regolamento delle vertenze esistenti col maestro di zecca, il fiorentino Bernardo di Domenico Nardi, e alla stipulazione di un nuovo contratto col successore. Nello stesso anno, insieme con Matteo Capuano, suo collega nella luogotenenza del Gran Camerario, presiede all'incanto della gabella del Fondaco Maggiore e della Dogana della città di Napoli.
Secondo una tradizione, da ritenersi veritiera, che risale a Matteo D'Afflitto, A. fu fatto uccidere l'11 ott. 1353 in Napoli, davanti a Porta Petruccia, dal feudatario tedesco Corrado de Gottis, che egli aveva privato con sentenza di un feudo ingiustamente posseduto. Sempre secondo la stessa fonte, il 15 ottobre i sovrani emanarono un editto, valido anche in futuro per casi analoghi, in base al quale gli uccisori di A., altissimo funzionario, venivano condannati a morte, al sequestro dei loro beni e alla distruzione delle loro case, come rei di un delitto di lesa maestà.
Dal D'Afflitto e da molti scrittori la morte cruenta di A. d'Isernia il Giovane, fu erroneamente riferita, sotto la stessa data, al maggiore Andrea.
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