Andrea da Bologna
Pittore di cui si hanno notizie dal 1369 al 1377. Mai documentato in patria e noto attraverso opere conservate nelle Marche, egli potrebbe forse identificarsi, secondo quanto propone Arcangeli (1970), con un Andrea di Deolao de' Bruni che risulta residente ad Ancona il 3 novembre 1377 quando, in un atto bolognese, il notaio Francesco di Deolao de' Bruni figura in qualità di procuratore del fratello "magistri Andree quondam Deolay de Brunis pictoris habitanti Anchone" (rogito di Raniero Bondi da Monteveglio, Bologna, Arch. di Stato, Notarile, busta 2, prot. 1377-1381, c. 23 a; Filippini, Zucchini, 1947, p. 9).
Nel 1369 firmò ("Anno Domini MCCCLXVIIII de Bononia natus Andreas fuit hic operatus") un polittico raffigurante la Madonna in trono con il Bambino, santi e storie della loro vita, già nella chiesa di S. Caterina e ora nella Pinacoteca Com. di Fermo; nel 1372 firmò ("De Bononia natus Andrea anno Domini MCCCLXXII") una Madonna dell'Umiltà, già nella chiesa di S. Agostino di Corridonia (anticamente Pausula), in prov. di Macerata, e ora nella Pinacoteca della stessa cittadina. Gli studi moderni, a partire da quelli di Longhi (1934-1935, in Longhi, 1973, pp. 52-56) hanno distinto la personalità di A. da quella di Andrea de' Bartoli, con il quale era confuso in passato.
L'individuazione della sua fisionomia stilistica si basa sulle opere marchigiane, certificate dalla firma. Qui appaiono, accanto a desinenze veneteggianti e 'adriatiche', caratteri bolognesi, di stretta dipendenza da Vitale da Bologna, che inducono a ipotizzarne una formazione intorno al 1350 nella bottega di quel caposcuola. Di qui il tentativo operato da Longhi di individuarne la partecipazione ad alcune delle imprese dirette da Vitale in quegli anni, e principalmente negli affreschi che decorano la navata (Storie dell'Antico e Nuovo Testamento) e la parete d'ingresso (Giudizio universale) dell'abbazia di Pomposa.Secondo Longhi essi anticiperebbero di un decennio quelli nell'abside datati 1351 dello stesso Vitale. Tuttavia, i caratteri arcaicizzanti che li connotano si possono spiegare con le remore mentali con le quali artisti della sua bottega ne tradussero i nuovi pensieri, connotati da un'elegante e fantastica astrazione gotica. È evidente infatti che, secondo quanto suggerisce Ferretti (1978, p. 150), anche l'intervento di A. nell'impegnativa decorazione pomposiana va ipotizzato all'interno di una numerosa maestranza, che la supervisione di Vitale condusse a una precaria unità di risultati espressivi. Restano però validi e convincenti i confronti proposti da Longhi tra alcune parti delle Storie di Cristo a Pomposa e analoghi passi del polittico fermano, così come va confermata ad A. l'esecuzione delle Visioni dell'Apocalisse nell'ordine inferiore.
Un'opera su tavola interviene ora ad abbreviare la distanza tra la fase giovanile rappresentata dalla partecipazione alla decorazione pomposiana e le tarde opere marchigiane. Si tratta di una piccola Adorazione dei pastori (già Londra, Matthiesen Fine Art; Volpe, 1983) che gli è stata riferita da Volpe (1979) e che presenta, nella figura di s. Giuseppe addormentato, andamenti di panneggio falcati e immaginosi come negli affreschi apocalittici di Pomposa e nella figura della Vergine soluzioni che si ritrovano nel polittico di Fermo. Altrove, come nello scorcio del capo del pastore in alto, l'artista mostra di risentire dei successivi sviluppi della pittura bolognese e di affiancarsi a pittori come Cristoforo e Simone di Filippo in quella 'normalizzazione' che, in parallelo a quanto si avvertiva nell'Italia settentrionale già a partire dagli anni cinquanta-sessanta, segnò a Bologna il superamento dei modi irrealistici e gotici di Vitale.
Incerto rimane invece l'inserimento nel suo catalogo dell'affresco staccato dalla chiesa bolognese di S. Maria Maddalena di via Galliera (Bologna, Pinacoteca Naz.), raffigurante la Madonna in trono con il Bambino e s. Giovanni Evangelista (Brandi, 1935, pp. 364-365) e della frammentaria Madonna in trono con il Bambino e santi recentemente recuperata in S. Maria dei Servi a Bologna (Gerli, 1983), opere in vario modo segnate da una meno personale e caratterizzata adesione ai modi di Vitale. Connotazioni stilistiche diverse sono nell'affresco staccato in S. Stefano raffigurante S. Orsola con le vergini, riferitogli da Longhi (1973, p. 56).
Lo spostamento della sua attività da Bologna alla costiera adriatica e marchigiana dovette avvenire sul principio degli anni sessanta e la conoscenza di una cultura più diramata, connotata da inflessioni che, più che una tradizione locale, riflettono suggestioni umbro-toscane e venete (Volpe, 1979, p. 32), si nota già in un Crocifisso della Pinacoteca Com. e Mus. Civ. di Rimini, proveniente dagli Istituti Ospedalieri e riferito in antico alla scuola trecentesca riminese, che gli è stato attribuito da Volpe (1979). A questo va aggiunto un altro Crocifisso in S. Pancrazio a Sestino reso noto da Corbara (1982). Le opere firmate che si conservano nelle Marche mostrano un progressivo abbandono dei caratteri bolognesi, ancora evidenti in talune parti del polittico di Fermo (1369). Riecheggiamenti dai modi di Allegretto Nuzi e Francescuccio Ghissi sono evidenti altresì nella Madonna dell'Umiltà di Corridonia (1372), non solo per quanto riguarda l'iconografia adottata. A questo momento stilistico sono da ricondurre una analoga Madonna dell'Umiltà in coll. privata a Firenze e, secondo quanto propongono Boskovits (1977) e Donnini (1975), alcuni frammentari affreschi nel convento di S. Nicolò a Osimo (Incoronazione della Vergine, Giudizio universale, Angeli musicanti).Tra le opere riferitegli in passato e ora non più accettate vanno ricordate la Madonna con il Bambino del Mus. Albani a Urbino (Longhi, 1973, p. 56; Negroni, Cucco, 1984, nr. 420), gli affreschi in S. Maria della Rocca a Offida, riferitigli da Berenson (1932; 1968) e assegnati a un anonimo Maestro di Offida (Bologna, 1961; Bologna, Leone de Castris 1984, pp. 286-287) e il frammentario polittico con l'Incoronazione della Vergine e santi nel palazzo Comunale di Fermo, già restituito al Maestro di S. Elsino da Longhi (1946).
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