DIEDO, Andrea
Figlio di Antonio di Giovanni, del ramo di S. Domenico, e di Donata Bicarano, nacque a Venezia intorno al 1418.
Il padre era stato esponente di primissimo piano nell'ambito della vita politica e militare veneziana della prima metà del sec. XV e aveva chiuso il cursus honorum con l'elezione a procuratore di S. Marco. Anche lo zio paterno, Domenico, dopo una lunga e intensa vita politica, aveva raggiunto la dignità procuratoria. Il D. ebbe almeno due fratelli, Francesco e Alvise, e due sorelle, Chiara e Giovanna.
Tra gli omonimi coevi del D., non troppo numerosi per la verità, si distinse per interessi politici un Andrea di Giovanni (Zuanne) Diedo, provato in Maggior Consiglio nel 1441, provveditore alle Legne nel 1467, podestà e capitanio di Feltre nel 1477, conte di Pola nel 1495, morto nel 1506.
Il 4 dic. 1436 il D. entrò in Maggior Consiglio senza aver dovuto attendere il compimento del venticinquesimo anno grazie all'estrazione della balla d'oro. Nel 1444 sposò Paola Loredan di Zorzi di Marco, dalla quale ebbe almeno quattro figli maschi: Piero, Antonio - provato in Maggior Consiglio nel 1485 e morto nel 1499 -, Gerolamo, che fu podestà di Pirano nel 1500, e Francesco.
Gli anni della giovinezza del D., non diversamente da quanto avveniva per molti altri esponenti del patriziato veneziano, dovettero svolgersi all'insegna dell'attività mercantile. Completava così il D., prima di dedicarsi al commercio stanziale e ai lucrosi investimenti marittimi, un duro apprendistato sulle galere e attraverso le principali piazze toccate dai mercanti veneziani. Infatti nel 1436 fu con le galere di Romania: anche se le fonti documentarie a disposizione non sovvengono molto al riguardo, non è questa da ritenersi l'unica sua esperienza d'Oltremare. Nel 1447 giurò, insieme col fratello Alvise, per un carato della galera di Alessandria, patrono Andrea Soranzo di Troilo; il 1º sett. 1449 si costituì garante di una delle galere di Beirut, patrono Alvise Diedo figlio del fratello Antonio, e giurava per due carati della stessa.
Della sua presenza nella vita politica veneziana si ha una prima traccia nel 1442, quando fu eletto in Quarantia per un anno - per un primo semestre in Quarantia civile e per il semestre successivo in Quarantia criminale -, nel pieno rispetto della consuetudine. Ritornò in Quarantia nel 1444, mentre nel maggio del 1447 fu eletto ufficiale di notte per il sestiere di Cannaregio.
Il 30 sett. 1454, mentre il padre sedeva in Avogaria, il D. fu eletto in Pregadi tra i Sessanta di zonta (aggiunta) per l'anno successivo. Questo porta a ritenere - sebbene le lacune della documentazione disponibile non permettano di maturare la certezza dell'assunto - che già prima di tale elezione avesse fatto parte del Pregadi tra i sessanta membri che ne assicuravano l'ordinaria composizione. Eletto ancora in Pregadi nel 1457, e forse anche più volte successivamente, ritornò in Quarantia nel 1460, divenendone in luglio uno dei capi. Provveditore al Sal per il 1468, fu nel 1470 nel Consiglio dei dieci, nel cui ambito svolse per i mesi di maggio e di luglio le funzioni di capo.
Il 14 ott. 1470 venne eletto podestà e capitanio di Ravenna; il 27 sett. 1472 fu nominato podestà di Bergamo. Al rientro in patria, fu nel 1474 savio di Terraferma e l'11 dicembre dello stesso anno fu tra i quarantuno che concorsero, nell'ultima tornata, all'elezione del doge Pietro Mocenigo. Dal giugno del 1475, e almeno fino all'ottobre del 1476, fu avogadore di Comun. Durante tale mandato venne fatto oggetto di un tentativo di omicidio. Lo si desume dal fatto che l'8 maggio del 1476 il Consiglio dei dieci decretò l'assoluzione di un certo Iacopo da Padova in quanto riconosciuto innocente dell'accusa di aver attentato alla vita del D.: "...quod Iacobus de Padua inculpatus de interimendo nobilem virum Andream Diedo advocatorem Comunis, non repertus culpabilis, sit pro illo crimine absolutus...".
Il 2 marzo 1476 fu tra i quarantuno che concorsero nell'ultima tornata all'elezione del doge Andrea Vendramin. Il 22 ott. 1476 fu eletto in zonta al Consiglio dei dieci per dibattere i fatti di Cipro; vi ritornò l'8 genn. 1477 (1476 more veneto) e nei giorni immediatamente successivi per esaminare la condotta di Bartolomeo Colleoni. Tra il marzo e il luglio dello stesso anno fu tra i sei consiglieri dogali. Nuovamente in aggiunta al Consiglio dei dieci nel novembre del 1477, sempre per i fatti di Cipro, venne eletto il 15 febbr. 1478 (1477 more veneto) podestà di Verona.
Fu questo l'ultimo suo impegno politico, almeno per quanto è stato possibile cogliere dalle fonti a disposizione: dopo la scadenza del rettorato veronese non si trova infatti più traccia di lui nei registri del Maggior Consiglio, del Consiglio dei dieci, del Consiglio di pregadi, del segretario alle Voci, fonti che opportunamente scandagliate permettono di ricostruire la vita pubblica di un esponente del patriziato veneziano per i tempi del Diedo.
Morì, probabilmente a Venezia, stando a quanto dice il Barbaro nei suoi Arbori, nel 1484.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Miscell. cod. I, St. veneta, 18: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de'patritii ven., III, cc. 211, 217, 233, 234; Ibid., G. Giomo, Ind. dei matrim. patriziper nome di donna, I, p. 606; Ibid., Avog. di Comun, reg. 169, c. 109; reg. 178, cc. 197, 225; Ibid., Collegio, Notatorio, reg. 9, c. 176; reg. 10, cc. 6v-7; reg. 12, cc 52, 57v-63v; Ibid., Consiglio deidieci, Misti, reg. 17, cc. 97v-99v, 100v, 102, 103, 104; reg. 18, cc. 117, 121, 122v, 125v, 134, 135v, 137, 143, 144v, 145, 146v, 150v, 151v, 156v, 160, 165v-166, 168v-169, 170rv, 172, 173v-174, 180v; reg. 19, cc. 2, 6-7, 8v, 9v, 11, 12, 14, 15v, 16, 21v, 22v, 35, 39; Ibid., Maggior Consiglio, Deliberazioni, reg. 23, Liber Regina, cc. 143rv, 157rv; Ibid., Segretario alle Voci, Misti, reg. 4, cc. 10, 118, 120, 125, 153; reg. 5, c. 7; reg. 6, cc. 3, 7, 12, 14v, 16v, 19, 22, 26, 41, 46, 61v, 63v; Ibid., Senato, Mar, reg. 10, cc. 18, 64, 120, 130v; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, 24 (= 8379): Copia tratta dal primo libro delle prove di S. Barbara esistente nell'offitio dell'Avogaria de Comun, c. 54; Ibid., cl. VII, 197 (= 8383): "Reggimenti" della Repubblica veneta secc. XV-XVII, cc. 14v, 26v; M. Sanuto, Vitae ducum Venetorum, in L. A. Muratori, Rerum Italic. Scriptores, XXII, Mediolani 1732, col. 1202; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, a cura dell'Istituto di storia economica dell'Università di Trieste, IX, Podestaria e capitaniato di Verona, Milano 1977, p. LXXIX; XII, Podestaria e capitaniato di Bergamo, Milano 1978, p. XXXVII.