Andrea
Figura isolata di marmoraro romano, certo non identificabile con quell'Andrea Raineri, console e non scultore (De Rossi, 1875, p. 117), il cui nome è inciso nel portale di S. Maria di Castello a Tarquinia, e diversa da quella di un omonimo documentato a Rieti nel campanile della chiesa di S. Agostino (1252) e nel palazzo vescovile (1283; Swarzenski, 1907; Pepe, 1961): opere che, per cronologia, tecnica e caratteri stilistici, risultano estranee all'esiguo, ma ben definito corpus dell'Andreas Magister Romanus, epigraficamente attestato nel pulpito e nell'iconostasi della chiesa di S. Pietro ad Alba Fucente (L'Aquila). Nell'ambone, eseguito al tempo di un non meglio identificato abate Oderisio, A. dovette svolgere un ruolo secondario, affiancando, come attesta l'iscrizione: "Civis Roman(us) doctissimus arte Ioh(anne)s / cui collega bonus Andreas detulit honus / hoc opus exelsum stursserunt mente periti. Nobilis et prudens Oderisius abfuit abas", il più affermato (doctissimus) Giovanni (II) di Guittone (perché come tale deve essere riconosciuto, contrariamente a quanto indicato da Matthiae, 1958), a sua volta autore a S. Maria di Castello a Tarquinia di un analogo ambone datato 1209: un riferimento cronologico da considerare quale termine post quem per tutti i lavori cosmateschi di Alba Fucens (Gavini, 1927, pp. 369, 371; Lehmann-Brockhaus, 1942-1944, pp. 407, 410), che è pertanto probabile rientrino nel secondo decennio del 13° secolo. Ad A. non spettano certamente le parti (come il lettorino, le cornici a rilievo e il prospetto frontale) che presentano maggiori affinità con Tarquinia, mentre si può in via ipotetica assegnare al maestro la composizione dei marmi sul retro dell'ambone. Interamente di A. risulta dall'epigrafe "Andreas Magister Romanus fecit hoc opus" la parte superstite dell'iconostasi, benché nell'esecuzione dei capitelli e nel pilastrino con un tralcio e l'Anastasis vada riconosciuto l'intervento di una maestranza abruzzese (Gavini, 1927, p. 369; Delogu, 1969, p. 54; Lehmann-Brockhaus, 1983, p. 167). Dei pezzi cosmateschi recentemente ricomposti in maniera incongrua come prosecuzione dell'iconostasi nelle navate minori, i frammenti di colonne tortili vanno forse riferite a un perduto ciborio (Delogu, 1969, p. 53; Claussen, 1987, p. 157) eseguito dalla bottega di A., mentre si devono ritenere sicuramente autografi e pertinenti ad altri plutei di recinzione presbiteriale le cornici e il pilastrino ora erroneamente disposti nella moderna pergula.
Numerose le analogie tipologiche in ambito romano cui riferire ambone e iconostasi (Lehmann-Brockhaus, 1942-1944; 1983), ma va segnalata, proprio nei settori di sicura o probabile autografia di A., contrassegnati da un vivace gusto coloristico, la tendenza ad accogliere componenti di cultura meridionale; tendenza che tuttavia non giustifica la sia pur cauta ipotesi (Gavini, 1927, p. 374) di vedere la mano di A. anche nel pulpito di Rocca di Botte (L'Aquila), del tutto estraneo al più definito classicismo del maestro.
Possibile il riferimento ad A. (Swarzenski, 1907; Pepe, 1961; Claussen, 1987, p. 158) del perduto coro della chiesa romana di S. Maria in Monticelli, la cui iscrizione, annotata da Ugonio (Roma, BAV, Barb. lat. 1994) e pubblicata da Frothingham (1883), testimoniava l'esecuzione dell'opera nel 1227 da parte di un Magister Andreas in collaborazione con un figlio omonimo.
Bibliografia
Fonti inedite:
P. Ugonio, Theatrum Urbis Roma, Roma, BAV, Barb. lat. 1994, c. 387.
Letteratura critica:
C. Promis, Le antichità di Alba Fucense negli Equi, Roma 1836, p. 226 ss.
id., Notizie epigrafiche degli artefici marmorari romani dal X al XV secolo, Torino 1836, pp. 12-14.
G.B. De Rossi, Il pavimento di S. Maria in Castello di Corneto Tarquinia, BAC, s. II, 6, 1875, pp. 85-132: 117.
A. L. Frothingham, in Conferenze della Società di Cultori della Cristiana Archeologia in Roma, ivi, s. IV, 2, 1883, pp. 110-111.
G. Clausse, Les marbriers romains et le mobilier presbytérial, Paris 1897, pp. 224-228.
Venturi, Storia, III, 1904, p. 774 n. 2; G. Swarzenski, s.v. Andreas, in Thieme-Becker, I, 1907, p. 471.
I. C. Gavini, Storia dell'architettura in Abruzzo, I, Milano-Roma [1927], pp. 368-374.
Toesca, Medioevo, 1927, p. 861.
O. Lehmann-Brockhaus, Die Kanzeln der Abruzzen im XII. und XIII. Jahrhundert, RömJKg 6, 1942-1944, pp. 256-428: 406-410.
F. Hermanin, L'arte in Roma dal sec. VIII al XIV (Storia di Roma, 27), Bologna 1945, p. 77.
R. Hutton, The Cosmati, London 1950, pp. 7, 34, 40, 51.
G. Matthiae, s.v. Cosmati, in EUA, III, 1958, coll. 837-843: 840.
M. Pepe, s.v. Andrea, in DBI, III, 1961, p. 60.
R. Delogu, La chiesa di San Pietro di Alba Fucense e l'architettura romanica in Abruzzo, in Alba Fucens, II, Rapports et études, a cura di J. Mertens, Bruxelles-Roma 1969, pp. 52-55.
V. Pace, in L'art dans l'Italie méridionale. Aggiornamento dell'opera di E. Bertaux, Roma 1978, V, p. 732 ss.
O. LehmannBrockhaus, Abruzzen und Molise: Kunst und Geschichte (Römische Forschungen der Bibliotheca Hertziana, 23), München 1983, p. 165-167.
E. Karten, s.v. Andrea (Andreas), in AKL, II, 1986, p. 964.
P. C. Claussen, Magistri Doctissimi Romani. Die römischen Marmorkünstler des Mittelalters (Corpus Cosmatorum, 1), Stuttgart 1987, pp. 53, 74, 97, 155-158.