ANDROZIONE ('Ανδροτίων; Androtio)
Non è attestato che l'A., il quale nel sec. IV av. C. spiegò in Atene un'attività notevole come uomo politico e come stratego, sia la stessa persona che l'omonimo attidografo (cioè storiografo di Atene); ma è molto probabile. Infatti, avendo quest'ultimo, secondo la testimonianza di Plutarco (Dell'esilio, 14, in Moralia, p. 605 c) scritto la sua storia nell'esilio a Megara, può ritenersi che si sia allontanato dalla patria solo per ragioni politiche. In base a tale identità, A. era figlio di Androne, del demo di Gargetto, che prima fece parte del governo dei Quattrocento (forse come seguace di Teramene), e poi fu accusato da Antifonte. A. era stato educato all'eloquenza nella scuola d'Isocrate. Egli entrò nella vita politica prima del 385, e nel 355 come buleuta, fu di quelli che propugnarono contro Artaserse III, che faceva apparecchi contro l'Egitto, la guerra nazionale. Fu, in una commissione, incaricato di esigere i tributi di guerra arretrati sin dall'anno 378-7 e siccome propose di far decretare l'onore della Corona alla bulè uscente, Euctemone e Diodoro l'accusarono, e Demostene scrisse per essi l'orazione che conserviamo. Se fu condannato, andò in esilio allora; altrimenti l'esilio bisogna porlo più tardi. Fu autore d'un'Attide, cioè d'una storia d'Atene in ordine annalistico. Con una parte di quest'Attide si è voluto identificare il frammento, scoperto poco dopo il principio di questo secolo, dello "storico d'Ossirinco": ma l'attribuzione è molto problematica.
L'Attide d'A. trattava con una certa estensione il periodo mitico, come provano numerosi frammenti, ai quali non si può assegnare una sede sicura, ma che appartengono quasi di certo al primo libro, dove si parla dell'istituzione delle Panatenee per opera di Erittonio. Già nel secondo libro si trattava difatti dell'età storica. Come poi la materia fosse distribuita nei libri successivi è questione controversa, che qui non può essere approfondita.
Fonti: I frammenti di Androzione sono raccolti in Müller, Fragmenta Histor. Graec., I, p. 371 segg. Per la paternità di A., v. Platone, Gorgia, 487 c; Protagora, 315 c; Demostene, XXII, 4, 33, 56, 60, 68, 69, 78; XXIV, 125; per l'accusa di Euctemone, Demostene, XXIV, 64; XXII, 1. Per la data dell'accusa (355-4 da spostarsi nel 354-3): Dionisio, Ad Ammeo, I, 4.
Bibl.: Schäfer, Demosthenes, I, 2ª ed., p. 350 segg.; J. Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., III, i, Berlino 1922, pp. 355, 399, n. 1. Per la letteratura anteriore al 1894: Schwartz, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 2173 segg.