FRACCACRETA, Angelo
Nacque il 3 nov. 1882 a San Severo, in Capitanata, da Enrico e da Anna Jacobelli. Compì gli studi nell'ateneo di Napoli, dove conseguì la laurea in giurisprudenza e perfezionò le proprie conoscenze in materia economica sotto la guida di A. Graziani.
Nel 1907 il F. pubblicò a Napoli la sua prima opera di rilievo, Il movimento operaio nell'agricoltura francese.
Il saggio è costruito - secondo l'indirizzo epistemologico in voga all'epoca - come una indagine di tipo sperimentale, tesa a verificare e a misurare l'influenza che i fattori ambientali, demografici ed economici esercitano sull'attività delle associazioni sindacali operaie.
Muovendo da una situazione specifica - quella delle campagne francesi al principio del secolo - e dai connotati che l'azione sindacale assume in tale circostanza, l'analisi del F. si estende fino a cogliere, in termini generali, i limiti che caratterizzano l'azione sindacale quando questa si misura con il suo principale obiettivo: il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Il F. non esita infatti a mostrare i rischi che derivano dal concedere, unicamente sotto la spinta della pressione sindacale, aumenti di salario svincolati da incrementi produttivi e definisce i limiti minimi entro i quali i profitti degli imprenditori possono restringersi senza pregiudicare il processo di sviluppo economico.
Nel 1912 vide la luce a Napoli il primo saggio del F. dedicato all'economia del Mezzogiorno, Le forme del progresso economico in Capitanata.
L'analisi, rigorosa ed estremamente dettagliata, non trascura alcun elemento - sia esso storico o naturalistico - che possa aver influito sulla evoluzione economica delle regioni meridionali, e della Capitanata in particolare, dopo l'Unità. Nasce così un lucido esame che individua nella partecipazione dei lavoratori alla distribuzione del reddito lo strumento più idoneo per continuare ad avanzare sulla via del progresso.
L'opera maggiore del F., a giudizio unanime degli studiosi, è La trasformazione degli impieghi d'intrapresa (Napoli 1920).
In essa il F. riprende un tema già affrontato quasi trenta anni prima da C. Supino nella sua Teoria della trasformazione dei capitali. Tuttavia, ciò che il Supino trattava per linee generali viene invece con minuzia esplorato dal F., il cui studio può dunque essere considerato un prezioso e originale apporto teorico al problema economico della riconversione dei capitali investiti. Mentre infatti il Supino tende ad ampliare il concetto di "capitale investito", fino a farvi rientrare sia il capitale fisico sia quello monetario, il F. deliberatamente restringe il campo della propria analisi alle sole trasformazioni che il capitale fisico già investito subisce nelle diverse fasi della riconversione e alle difficoltà che l'imprenditore incontra nell'attuare tale riconversione, concepita come mutamento radicale di oggetto e finalità del processo produttivo. Si tratta di un fenomeno complesso, che coinvolge due momenti economici distinti ma in qualche modo conseguenziali: il "disinvestimento" e il "reinvestimento". Numerosi gli ostacoli che non di rado si oppongono alla riconversione, individuati dal F. nelle eccessive immobilizzazioni di capitale, in una certa organizzazione industriale e, infine - elemento da non sottovalutare -, nelle particolari attitudini degli imprenditori.
Proprio a queste egli dedica particolare attenzione, tentando di far emergere le radici di quella mentalità routinière e ostile all'innovazione, tipica del mondo agricolo, che senza dubbio rappresenta un fattore non secondario del sottosviluppo. Fra le poche eccezioni, il F. cita, ancora una volta, le trasformazioni operate nel sistema di conduzione agricola del Tavoliere (il dissodamento e la messa a coltura delle terre nonché il passaggio, nella Capitanata e più in generale nelle Puglie, dalla coltura cerealicola a quella della vite), alla cui luce si poteva intuire tutta l'importanza dell'atteggiamento innovativo dimostrato in quella circostanza dagli imprenditori, i quali, pur nei limiti imposti dalle caratteristiche naturali del luogo, erano riusciti a modificare a proprio vantaggio alcune condizioni dell'ambiente fisico agrario.
Il caso del Tavoliere, pur non rappresentando stricto sensu un esempio di riconversione di capitale investito, era tanto più indicativo in quanto le trasformazioni economiche nel settore agricolo sono per il F. sottoposte a un doppio ordine di vincoli: gli uni "oggettivi", di carattere ambientale, non meno difficili da superare delle immobilizzazioni di capitale; gli altri "soggettivi", identificabili con una sorta di immobilizzazione "mentale", un habitus costituito dalla sedimentazione di esperienze, convinzioni e nozioni tecniche dalle quali raramente l'imprenditore riesce ad affrancarsi. Vincoli e ostacoli che si ritrovano, seppur sotto diverso aspetto, nel mondo dell'industria. Sull'enorme spreco di capitale indirettamente provocato dalla difficoltà di operare i processi di riconversione il F. si sofferma nelle ultime pagine dell'opera, ammettendo tuttavia che le trasformazioni dei capitali fisici investiti sono attuabili solo in pochi casi e per vie quasi obbligate, cosicché la perdita di gran parte del capitale industriale appare sostanzialmente inevitabile. In compenso, però, proprio la distruzione sistematica dei capitali impiegati, insieme con l'arresto del flusso dei nuovi investimenti, si rivela funzionale al normale svolgimento del ciclo economico poiché per suo tramite si ricostituiscono gli equilibri rotti o minacciati dalle crisi.
Nel 1924 ottenne l'incarico di economia politica e scienza delle finanze presso l'università di Messina; due anni più tardi lasciò la Sicilia per trasferirsi a Bari, come professore ordinario di economia politica. Qui insegnò per quasi un ventennio e nel 1943 fu nominato rettore. Nel 1946 passò alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Napoli, dove insegnò fino al termine della carriera, dapprima come titolare della cattedra di scienza delle finanze e in seguito come docente di economia politica.
Numerosi, e di indubbio interesse, gli scritti minori del Fraccacreta. In Sicurezza ed insicurezza economica (Napoli 1923) coglie l'occasione per ribadire la propria sfiducia nell'intervento pubblico in economia, ritenuto causa della grave instabilità economica cha caratterizzò il primo dopoguerra. Con il pensiero e le opere di grandi economisti egli si cimentò per la prima volta ne L'interpretazione dei fatti economici, pubblicato a Bari nel 1927, che può definirsi come una sorta di analisi metodologica comparata, condotta sugli scritti di A. Marshall e M. Pantaleoni. Vite illustri e meriti scientifici costituiscono ancora l'oggetto del saggio L'opera scientifica di Carlo Cassola (in Annali del seminario giuridico economico dell'università di Bari, IV [1931]), della commemorazione Ricordando Giustino Fortunato (in Rass. storica napoletana, I [1933]) e dell'affettuoso saluto al suo maestro, L'opera e la vita di Augusto Graziani (in Archivio giuridico "Filippo Serafini", s. 6, IV [1948], 3-4).
La storia economica, già al centro del saggio Sulla economia del Mezzogiorno d'Italia dall'ultimo periodo borbonico alle condizioni presenti (Bari 1928), costituisce il fulcro tematico dello studio critico su G.M. Galanti e la sua relazione sulla Capitanata (in Studi in onore di M. Barillari, Bari 1936).
Il F. morì a Napoli il 7 genn. 1951.
Fonti e Bibl.: Carteggio Loria - Graziani (1888-1943), a cura di A. Allocati, Roma 1990, pp. 68, 218, 226; Necr. in Rivista di politica economica, XLI (1951), pp. 560-564; N. Casiglio, A. F. nei ricordi di un discepolo, in Studi storici meridionali, IV (1984), pp. 211-235; A. F. L'uomo e l'opera (Atti del convegno, San Severo… 1988), a cura di B. Mundi, San Severo 1988; A.M. Fusco, Spirito d'intrapresa e problemi della trasformazione degli impieghi d'intrapresa in A. F., in Rassegna economica, LI (1987), pp. 229-243.